Duane Michals: una storia lunga 50 anni.
Agosto 19, 2008 in Fotografia da Redazione
Presso il Centro Internazionale di Fotografia-Scavi Scaligeri di Verona, due percorsi scandiscono il tempo con prospettive e modi diversi, che s’intersecano, lasciando segni differenti e simili, impronte e testimonianze di come il movimento delle lancette dell’orologio non può e non deve essere un evento inconsapevole nella nostra vita.
Il primo percorso è rappresentato dalla grande area archeologica degli Scavi in cui si compie un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta della Verona romana e medievale.
Il secondo è un viaggio in un passato molto più vicino a noi, una retrospettiva di 50 anni di lavoro del maestro americano Duane Michals che, con più di 100 opere selezionate, dal 1958 ad oggi, racconta il suo personale modo di vedere il mondo, di narrarlo, di viverlo e di pensarlo perché “Quando guardi le mie fotografie stai guardando i miei pensieri” .
Il percorso rappresenta quindi il mondo di questo straordinario artista attraverso immagini che sono pietre miliari nella storia della fotografia. Passando da ironici “Autoritratti” ai “Ritratti” di personaggi internazionali del mondo della cultura e dello spettacolo (come Andy Warhol e René Manritte). E ancora le sue famose “Foto-Testi” e le“Sequenze”. Le poche foto a colori sono gli inediti dedicati alla cultura giapponese. Non esiste prevaricazione tra parole e immagini, ma si percepisce un perfetto equilibrio fatto di complementarità. Diventa addirittura difficile comprendere quale sia l’opera principale né è possibile immaginare la possibilità di scinderle e dare ad ognuna vita propria.
Molte sono le cose che stanno dietro i suoi scatti. Una di queste è chiedersi continuamente il significato di ciò che facciamo. In un testo che accompagna una delle foto racconta di un incontro con un “fartster” e aggiunge “Smettetela di cercare l’arte negli incostanti capricci della moda, e scoprirete presto che non è lì fuori, il lì fuori è nella vostra mente. La vostra musa risiede nell’immaginazione, la fonte arcana della magica creazione artistica. Non cercate di essere artisti: cercate di essere veri. Se la vostra visione è onesta, l’arte vi troverà.”
Si rimane certamente un po’ sbigottiti di fronte alle opere di un grande artista con delle didascalie così fitte. Il timore di apparire inadeguati a comprendere è forte, come anche quello che anche un pensiero possa fare rumore, essere percepito e disturbare. Poi, per fortuna, arrivi ad una fotografia illuminante. La foto è apparentemente banale (il significato, non l’inquadratura che è perfetta) e rappresenta l’interno di bar. Il titolo: “Ci sono cose qui che non si vedono qui in questa fotografia”[1] . E queste “cose” è la vita che c’è dietro (dentro), la camicia bagnata di sudore, il sapore della birra, uno scarafaggio che cammina solitario sullo sgabello del bar, il juke box che riproduce la voce di Glen Campbell. Una foto non è solo una foto, è un frammento di vita che se vuoi capirla davvero, se non vuoi che sia solo una sensazione epidermica, deve essere raccontata. E’non permettere che sfugga l’attimo, fatto di tempo, di sentimento ed emozione. Come a voler fermare nella propria memoria, in maniera indelebile, la propria vita, o almeno quanto più possibile di essa. Sentimenti compresi. Come in “Questa foto è la mia prova” , lui e lei abbracciati. La didascalia dice: “Questa foto è la mia prova. Ci fu un pomeriggio in cui le cose andavano bene tra noi due, e lei mi abbracciava, ed eravamo così felici E’ successo per davvero, lei mi amava. Guardate, guardate voi stessi!” Ha una relazione ben precisa e ricorrente rispetto al tempo e all’attimo da fermare su di una pellicola. Come egli stesso afferma nella foto “Adesso diventa dopo” : “Quando dico “questo è adesso” diventa dopo. L’adesso non esiste, a noi appare come un momento, ma il momento stesso è un’illusione. E’ e non è. [..] le nostre vite sono sogni reali che sono stati solo un attimo, tutti insieme, adesso” . Forse è per questo suo modo di percepire la realtà e l’“adesso” che sente la necessità di fotografare anche i sogni che, se ci pensiamo bene, di fatto sono parte della nostra vita e ne occupano anche una parte ben consistente, non sono vuoti a perdere da buttare via. L’orizzonte si amplia oltre gli schemi precostituiti della tradizione dei grandi fotografi mettendo insieme molti elementi quali la fotografia multipla, la foto-testo, il sogno, lo sfocato, il sandwich di negativi; il tempo fotografato in un prima, un durante, un adesso, che perde la sua dimensione nell’attimo stesso in cui guardi la foto, perché l’adesso è già passato.
Non si tratta quindi di una grande fotografia “uniformata” perché va oltre il classico linguaggio fotografico, oltre la perfezione delle tecniche. E’ lo scardinare, con coraggio, gli schemi a cercare gli infiniti piani d’espressione, fino a fotografare addirittura un sogno, ovvero non solo ciò che sta davanti ai nostri occhi. Ponendosi infinite domande e cercando di dare ad esse una risposta, magari alternativa rispetto a quelle facilmente recuperabili tra quelle preesistenti. Per tutto questo, e per molto altro ancora, Duane Michals è davvero artista a tutto tondo. Per tale motivo, probabilmente, alla fine del percorso espositivo, viene naturale ritornare alla prima fotografia, e finito il bis, si ha voglia di sedersi sulla panchina della piazza antistante, in silenzio, iniziando a rispolverare punti di domanda che esigono risposte, per assaporare un senso di completezza e soddisfazione. Magari ripensando all’ultima foto sotto la quale scrive: “Tengo tra le mani polvere dell’intonaco della casa. Questi frammenti polverosi, come ceneri in un’urna, sono la fine della nostra storia. E’ davvero una bizzarra ironia apprendere che la maggior parte di noi deve cessare di esistere per conoscere il reale della nostra realtà. Addio cari sognatori nel bagliore dorato.”
Mi piace chiudere questo percorso con le parole di Mauro Fiorese (docente e fotografo) curatore della mostra insieme ad Enrica Viganò (critica e curatrice).
“[…]L’arte in genere e, con essa, la fotografia può insegnarci molto se sappiamo essere ricettivi, lasciarci andare senza pregiudizi e senza quella sciocca paura di non essere all’altezza dell’artista e del suo lavoro. C’è sempre molto da imparare dall’arte ma, solo dopo questo processo e dopo che avremo permesso all’arte di aprirci nuove porte, potremo capire che esiste un modo magico e parallelo a quello in cui viviamo. E potremmo anche pensare di riuscire a volare, di tanto in tanto, là dove tutto è possibile ma solo dopo aver scardinato alcune di quelle che noi ci ostiniamo a chiamare certezze.
Come in una di quelle belle poesie in cui Ennio Flaiano scrive “Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l’errore e il contrario dell’errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un’altra verità, altrettanto valida, e l’errore un altro errore”.
Credo che questa sia, almeno in parte, la filosofia che abbia animato e che animi ancora oggi lo spirito creativo e la vita di Duane Michals. Una vita, almeno – e senza dubbio alcuno – dal punto di vista creativo, vissuta così intensamente da cancellare ogni minimo accenno di pensiero negativo o, ancora peggio, di indifferenza. Come quello di chi, con rimpianto, pensa che serva una vita per imparare a vivere una vita. Una vita, quella di questo straordinario artista, che con la sua forza creativa e con la sua generosità ha generato e continuerà a generare terreno fertile per le prossime generazioni di artisti
che si ispireranno al suo lavoro. Come fa un figlio pensando alle carezze e agli schiaffi di un padre amorevole e coraggioso.[…]”
Duane Michals vive e lavora a New York.
La mostra è aperta al pubblico dal 21 giugno al 14 settembre 2008
Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri – Verona
+39 045 8007490/8013732
www.comune.verona.it/scaviscaligeri
Da martedì a domenica : 10.00 – 19.00 (chiusura biglietteria ore 18.30), lunedì chiuso.
Biglietto intero: 4,10 Euro; ridotto: 2,10 Euro.
Tutte le domeniche, con il solo costo del biglietto d’ingresso, è possibile partecipare alla visita guidata della mostra alle ore 11.00
[1]
There are thing here not seen in this photograph – 1997
© Duane Michals, Courtesy Pace/MacGill Gallery, New York
di Giusy Sculli