Eros Puglielli, ottimo debutto
Settembre 30, 2001 in Cinema da Redazione
“Tutta la conoscenza del mondo” (Italia 2001) di Eros Puglielli, con Giovanna Mezzogiorno, Giorgio Albertazzi, Marco Bonini e Claudio Guain
Narrazione leggera, fuga dall’autorialità, frequentazione del grottesco. Non è difficile comprendere come mai Eros Puglielli abbia impiegato dieci anni per poter finalmente fare il grande salto dal corto al lungometraggio. Come ha fatto giustamente notare Federico Greco su Cineforum di aprile: “Se non c’è l’autorialità il regista italiano è automaticamente relegato in zona Vanzina”. Difficilmente un’opera prima lascia impressionati come questa di Puglielli. Negli ultimi anni in molti avevano provato ad addentrarsi, senza successo, nel terreno del grottesco. Pensiamo ad esempio a Il guerriero Camillo di Bigagli, a Escoriandoli di Rezza o a Denti di Salvatores. Il genere grottesco (che si accompagna a rigor di logica ad una sperimentazione di tipo formale) non ha mai attecchito in Italia. Puglielli, formatosi con un decennio di cortometraggi e nella palestra dei videoclip, dimostra di avere i mezzi per poter rimanere sul mercato se questo mercato avrà l’accortezza di rispondere positivamente.
Il manicheismo del pubblico italiano, diviso appunto fra autorialità e vanzinismo, lascia poco spazio a chi sperimenta. In primavera i riscontri del box office sono stati confortanti: Muccino, Ozpetek, Moretti e Giordana hanno riportato l’autorialità ai fasti degli anni Settanta. I 12 miliardi di Ozpetek gli 11 di Moretti, i 24 (!) di Muccino sono cifre incredibili, ma sono altrettanto incredibili gli 84 milioni di Nichetti, i 223 di Corsicato. Non c’è spazio per chi si scosta dalla commedia all’italiana, dal film di denuncia o da pellicole che in qualche modo traslino in italiano elementi d’oltreoceano. Si può resistere con un buon lancio pubblicitario, ma talvolta non basta. Speriamo che l’effetto Ultimo bacio giovi a Puglielli come ha giovato a Ozpetek.
La Mezzogiorno può fungere da richiamo per un film che è un grande lavoro di squadra. Una studentessa di filosofia innamorata del proprio professore vive con uno zio paralitico scampato miracolosamente ad un incidente grazie all’intervento di un cantante pop e di un uomo venuto da un mondo lontano…. Il preambolo è un pretesto per mettere in moto un meccanismo filmico nel quale si sposano alla perfezione le invenzioni contenutistiche e formali di un regista che andrà seguito in futuro. Una menzione particolare per Giorgio Albertazzi protervo professore preso da deliri d’onnipotenza, il naturale istrionismo del consumato attore di teatro è una delle carte vincenti della pellicola che ha parecchi momenti divertenti.
Su tutti va ricordato il dialogo fra il produttore della band pop dei Soncino ed il leader del gruppo in crisi spirituale. Il Produttore: “Cos’è questa storia che leggi? Se il pubblico viene a sapere che leggi siete finiti…”. C’è sicuramente qualcosa di autobiografico, c’è tutta la fatica di un regista che ha dovuto penare dieci anni per poter vedere in una sala un suo lungometraggio. Un film che ha qualcosa da dire, che non può lasciare indifferenti.
di Davide Mazzocco