Eschilo all’Erba

Ottobre 30, 2003 in Spettacoli da Stefania Martini

TebeI sette a Tebe è l’ultima tragedia di una trilogia che narra le sciagure della casa di Laio e di Edipo, il figlio maledetto che uccide il padre, senza saperlo, e sposa la madre Giocasta, con la quale genera 4 figli: Eteocle e Polinice, Ismene e Antigone.

In questa rappresentazione il protagonista è Eteocle, re di Tebe.

Nel prologo, egli annuncia dall’acropoli al suo popolo che, secondo una profezia di Tiresia, Tebe verrà assalita quella notte ed invita i Tebani a combattere.

Un nunzio intanto, che ha assistito nel campo nemico al giuramento dei sette guerrieri che guideranno l’assalto alle sette porte della città, ha riconosciuto tra essi Polinice, fratello del re, che rivendica il trono.

Eteocle, con lucida fermezza distribuisce i compiti e le posizioni: alle sette porte si affronteranno quindi in duello sette assalitori e sette difensori.

Sarà Eteocle stesso a difendere nella battaglia la settima porta contro Polinice.

Alla fine dell’aspra battaglia, Tebe è salva, ma i fratelli rivali rimangono reciprocamente uccisi.

Il Coro (che nella tragedia è composto dalle donne di Tebe) canta in un momento drammatico e cruciale per la città in pericolo: La morte cada su colui / che a minaccia contro / la città, leva il vanto!.

Il nuovo governo della città impone che Eteocle sia sepolto con tutti gli onori, mentre condanna Polinice, il fratello traditore, a essere insepolto fuori le mura della città, il corpo dato in pasto alle belve.

A questo punto, interviene Antigone che reclama il diritto di seppellire lei il corpo del fratello, mettendosi contro lo Stato. Nel finale, Antigone esprime la resistenza ulteriore e ultima, dell’affetto familiare, al volere della città: Non mi vergogno di essere chiamata / ribelle e infedele alla città proclama Antigone. Non è il vanto offensivo di chi vuole offendere la città, ma la proclamazione del diritto dell’affetto, superiore a qualsiasi volere della città.

Il finale, in cui a Polinice è negata la sepoltura, è probabilmente spurio, dovuto all’influenza dell'”Antigone” di Sofocle. Spicca il personaggio di Eteocle, re giusto ma anche empio uccisore, in cui la necessità di salvare la città si tinge di colpa per l’odio verso il fratello.

La tragedia di Eschilo viene rappresentata nel 467 a.C. Sono anni convulsi per la città di Atene: si allarga la base dell’oligarchia al potere e nascono nuove tensioni all’interno delle classi che la compongono.

E’ in questo quadro che Eschilo narra dei sette guerrieri rappresentanti dell’élite, che attaccano Tebe, la propria città. Tebe è naturalmente Atene, ma è anche “la città”. Il plot di Eschilo è lineare: Eteocle difende la città, si scontra con il fratello Polinice, entrambi muoiono ma la città è salva. I ribelli che hanno osato allearsi con gli stranieri sono sconfitti.

I sette a Tebe

Dal 28 ottobre al 1 novembre, ore 21.

Domenica 2 novembre, ore 16.

Teatro Erba, Corso Moncalieri 241, Torino. Tel. 011-6615447.

di Stefania Martini