Esmeralda e Quasimodo: è subito emozione!
Settembre 27, 2002 in Spettacoli da Redazione
Giovedì sera al Palastampa, la prima torinese del grande musical di Luc Plamondon e Riccardo Cocciante: sono seduta nella grande platea numerata, vicinissimo al palco che ospiterà tra qualche minuto gli attori e la storia tratta dal celebre romanzo di Victor Hugo e osservo il concitato andirivieni degli organizzatori, la frenesia che accompagna ogni prima che si rispetti, di uno spettacolo che verrà rappresentato dal 19 di settembre fino al 29. Dall’altoparlante una voce gentile invita i signori rimasti ancora in piedi a sedersi, e le sollecite hostess aiutano gli ultimi arrivati a trovare posto.
L’atmosfera è quella che precede un grande spettacolo: autorità e rappresentanti della forza pubblica, autoambulanze e pompieri sono presenti. La domanda è una unica, e me la pongo anch’io. Il Palastampa sarà veramente ok per questo spettacolo? Osservo la struttura essenziale, la grande capienza, scorgo intorno al grande sipario tralicci e fili e altoparlanti, riflettori… In fondo il Palastampa, da quando è stato creato su progetto di un esponente della famiglia Togni (che di spettacoli se ne intendono!), è diventato un punto di riferimento per tutte le manifestazioni di grandi dimensioni che passano qui a Torino!
E la musica, si sentirà bene dovunque? Qui capire le parole è importante, per seguire la storia!
Con la coda dell’occhio scorgo Casadei della Metropolis, che rifiuta concitatamente di essere trattenuto oltre dagli ultimi intoppi dell’organizzazione: e che diavolo! Lo spettacolo deve continuare!
Quanti problemi di sicurezza dietro ad uno spettacolo così grosso? …Ma è il momento!
Si spengono le luci e si illumina il sipario. Le prime note di “Il tempo delle cattedrali” e il poeta Gringoire fa la sua apparizione…
E come una certezza subitanea mi coglie: da questo inizio, capisco che andrà tutto bene. Una grande emozione nel sentire questa musica e la sicurezza con la quale si muove il narratore di questa tragica e bellissima vicenda, mi parlano di un grande successo!
Ad uno, ad uno, i personaggi appaiono sulla scena, presentandosi al pubblico con la loro storia, le loro emozioni, i loro dilemmi.
Per la prima torinese, il personaggio di Gringoire, il poeta spiantato che sarà il narratore della storia, viene rappresentato da Matteo Setti, emiliano, che può già vantare la partecipazione ad un musical (Rent) e la collaborazione con i Nomadi, oltre ad un’attività di produzione di brani musicali al servizio della Walt Disney.
Esmeralda è interpretata da Lola Ponce, una giovanissima e bravissima interprete, di nazionalità argentina, graziosa e fluida nei movimenti, una bruna Esmeralda gitana veramente perfetta!
Per Quasimodo, il personaggio principale dopo Esmeralda, canta questa sera Fabrizio Voghera, torinese: e ammiro molto il suo modo di muoversi sulla scena e il pathos che esprime con la sua recitazione cantata. La sua parte non è facile, truccato in modo mostruoso, rappresenta il gobbo, storpio e rattrappito, veramente brutto da far paura, ma che subito conquista la simpatia umana di tutti.
Nella parte di Frollo, l’arcidiacono odioso, c’è Vittorio Matteucci, autore musicale toscano con un’impressionante carrellata di interpretazioni alle spalle, e una certa esperienza ci vuole per rappresentare il tarlo che rode questa figura drammatica.
Per Febo, il vanesio e superficiale capitano delle guardie, canta Graziano Galatone, di Taranto: interpreta a meraviglia il bellone della situazione, dibattuto tra l’amore per Esmeralda e quello per Fiordaliso, che per questa sera è interpretata da Claudia d’Ottavi, romana, giovanissima e biondissima, perfetta anch’essa nella parte di sua fidanzata ufficiale.
E poi viene Clopin e la sua banda della Corte dei Miracoli: Marco Guerzoni, nato a Luino (VA) con sangue martinicano nelle vene è veramente strepitoso nella parte di Re della Corte dei Miracoli e la sua Corte, ballerini giovanissimi di tutte le provenienze mondiali, spettacolare e scatenatissima.
Gringoire ci annuncia che siamo in un periodo di transizioni, finito è il tempo delle cattedrali, delle grandi costruzioni di pietra che sembravano solidificare e rendere invincibile il pensiero dell’uomo, andiamo verso la parola stampata, “La scrittura si fa architettura”, “E questo uccide quello…”. E come in tutti i periodi di transizione, c’è confusione, violenza, capovolgimento dei valori umani. C’è la storia di Esmeralda, povera fanciulla che danza davanti a Notre-Dame. Le han detto che è gitana, originaria dell’Andalusia, e sa che deve guadagnarsi da vivere ballando, cosa che per altro fa come se fosse ispirata dalla forza divina di Amore, come pensa Febo, che le fa gli occhi dolci, o da quella di Satana, come medita Frollo, che vedendola tutti i giorni danzare davanti alla sua chiesa cade nell’abisso della tentazione.
Quasimodo, lui, non si fa problemi di divinità, ma ammira Esmeralda così com’è con quella grazia e quel movimento che a lui sono stati negati, e farebbe di tutto per lei.
Ma Quasimodo deve anche riconoscenza a Frollo che l’ha accolto presso di sé, così storpio, così deforme, per farne il campanaro di Notre-Dame, salvandolo da una vita miserabile di derisione e di fame, assicurandogli il sostentamento. Ecco perché Quasimodo è convinto che Frollo sia buono, e vive felice tra le sue campane che conosce per nome e a cui parla come se fossero sue creature.
Clopin, che considera Esmeralda come una sorella, la mette in guardia. Oramai non è più una bambina, ed è sopraggiunto il tempo dell’amore: deve fare attenzione a dove si reca e a chi si rivolge, ma a cosa può servire l’avvertimento di un amico, quando ci sono ormai tutti gli ingredienti per la tragedia?
E Febo e così bello, e lei così ingenua, con quel senso di giustizia innato che abbiamo tutti noi prima di scontrarci con le dure evidenze della vita… Cosa ne può sapere del fatto che Febo è già fidanzato ad una ricca fanciulla rispettabile e che nientemeno che l’arcidiacono di Notre-Dame si è innamorato di lei?
Lei balla e canta, felice di vivere, felice di quel poco che ha e del suo nuovo amore per Febo.
Uno dei pezzi più riusciti è proprio il duetto di Fiordaliso ed Esmeralda che, ciascuna nel privato delle proprie emozioni, cantano del loro amore per Febo, così bello da sembrare veramente il sole…
Quando Febo canta del suo dilemma d’amore, quasi quasi mi convince, ma la vocina balorda che è in me mi dice: “Ecco, i soliti uomini! Passano i secoli e non cambia mai niente!?!”
L’attacco ad una Chiesa ipocrita, che non sarà mai abbastanza lontano da noi, è forte, e durante lo spettacolo mi chiedo se ci sono delle persone che si sono offese per questo. Ma poi, nell’udire la bellissima preghiera a Maria di Esmeralda, mi dico che solo i duri di cuore potrebbero resistere: ha un piede nella fossa e prega Notre-Dame, che considera una mamma che accoglie tutti gli stranieri come lei, di aiutare Febo che è stato pugnalato!!!
Ma di aiuto ne avrà bisogno lei e come canta Quasimodo dalle torri della cattedrale, mentre lei è rinchiusa in prigione, “Se tu potessi vedere nel mio cuore, capiresti che soltanto io voglio il tuo amore, mentre gli altri vogliono solo il tuo dolore”. Vero, verissimo purtroppo: a carte scoperte, i due malfattori Febo e Frollo si uniscono nell’impresa di toglierla di mezzo, ormai scomodo testimone di una passione che potrebbe rovinare la carriera di Frollo, e incriminarlo a vita per un tentativo di omicidio, e il fidanzamento di Febo, che tutto sommato è pronto per un amore molto più pantofolaio con la sua Fiordaliso… Nonostante l’intervento della Corte dei Miracoli, e il tentativo di Quasimodo di proteggerla, la nostra gitana è condannata dall’ipocrisia dei suoi tempi e dalla vigliaccheria dei suoi ammiratori. L’ultima parola l’avrà Quasimodo che farà giustizia e si rassegnerà a finire con lei, pe
rché stare con lei, non è morire. Balla Esmeralda, balla per tutti noi che non possiamo.
L’applauso che accoglie la fine dello spettacolo rimbomba in tutto il Palastampa, la gente è in piedi, e qualcuno anche con la lacrimuccia (come la sottoscritta, ad esempio…) che gli cola furtiva dall’occhio.
Per tre ore che nessuno ha sentito passare, gli interpreti han ballato, cantato, si sono arrampicati per le torri di Notre-Dame, han condotto l’attacco alla cattedrale, si sono calati con le campane di Quasimodo, o han danzato da una trave calata dal soffitto su un’umanità sofferente di poveri senza tetto e senza diritti.
Bravi, bravissimi e con un entusiasmo contagioso: sono sicura che Victor Hugo, con tutta la distanza dei tempi, sta applaudendo pure lui!
di Gabriella Gibiino