Flossie & Co
Dicembre 17, 2003 in Spettacoli da Simona Margarino
Piccolo Regio in tenuta di gala, ore 9 di una sera di autunno ormai agli sgoccioli. Non nevica, ma sarà presto Natale e il fantasma della religione, quasi a voler mostrare che è tempo di temerne la finta trasparenza, si presenta a Torino nella voce scura di Flossie Johnson. Il suo South Carolina è lontano miglia, più di un semplice oceano: c’è acqua, in mezzo, ma anche la diversità di una chiesa nera –che sia battista, metodista o pentecostale poco importa-, di un rapporto immediato con la spiritualità che fa del canto la migliore delle intercessioni e dell’anima il suo primo e ultimo grido, un urlo che è soffio, Dio le cose gli uomini in un solo respiro. Quanto basta a sentirlo.
Ci sarebbe molto da chiedere, se non fosse già difficile ricordare. Le damine Piemontesi di un altro secolo si affacciano stranite e curiose dai balconi dipinti alle pareti, cercando di vedere attraverso il ventaglio di occhi d’acquerello, mentre il vero pubblico sulle poltrone non sa fare altro che aspettare.
Quello che ne esce, alla fine, è il gospel più puro, anche nell’apparenza: una gola che racconta e raschia la nostra solitudine, una cantante e due “sorelle” coriste in un lungo abito bianco che cambia appena nel colletto a V, viola e poi dorato, basso batteria tastiere. Niente altari o immagini sacre sullo sfondo, eppure sembra di toccarli, nella mimica degli sguardi, nelle braccia che si allargano, nel ritmo delle suggestioni, nell’energia di Flossie che non ci sta a rimanere sul palco e allora spadroneggia in sala neanche fosse un papa. Stringe mani, incita agli applausi, lancia sermoni, prega. Tutto a suo modo.
Ad ascoltarla tu speri che si avveri, quel che lei promette: Jesus Won’t Let me Suffer Too Long, il Signore non mi farà soffrire ancora molto, poi andrò laggiù, dove i venti freddi non soffiano, sentirò i santi che marciano e potrò soltanto volare1. Forse una logica che non ci appartiene, ma che per un attimo stacca da terra e trascina in Cielo. Quello delle visioni e semplicemente dei sogni, per chi ci crede o ha una fede, perfino fra le più pagane.
Meglio così. Adesso che è calato da un pezzo il sipario, dopo un paio d’ore che sono due atti di una vita, Oh happy day, oh Silent night, una notte felice a tutti, con o senza silenzio.
[1] Hide Behind The Moon e When the Saints go marchin’ in, I’ll Fly Away (da Let Me Lean On You)
Piccolo Regio
Spettacolo di sabato 13 Dicembre 2003, h. 21.00, tredicesima edizione di Blues al femminile.
di Simona Margarino