I menù della memoria
Dicembre 2, 2001 in Libri da Gustare da Momy
Armando Gambera, “La cucina delle Langhedel Barolo – I menù della memoria”, Cantina Comunale di La Morra, pagg. 142, Lire 25.000
C’era una volta il dialetto, c’erano una volta le tradizioni popolari, legate alle feste paesane e al cibo che durante tali feste si cucinava.
C’è oggi un principe azzurro che vuole salvare gli usi e i costumi storici delle Langhe e del Barolo. Il suo nome? Armando Gambera. Il suo mestiere? Scrittore e giornalista.
Almeno così recita la sua biografia, inserita nelle pagine rustiche del libro “La cucina delle Langhe del Barolo – I menù della memoria”. Crediamo sia riduttivo definire con questi freddi termini uno storico, un poeta della memoria. Il suo libro non regala un attimo di tregua, trascinando il lettore, in un vorticoso flashback, ad inizio secolo, quando il poutagé e il caminetto erano le star della cucina, le camere sopra le stalle erano il luogo dove trovarsi a chiacchierare nelle fredde notti invernali.
Da questo volume, rivisitazione ampliata del libro di ricette “La cucina e i vini de La Morra” (1992), possono trarre spunti interessanti sia i giovani, ai quali alcune tradizioni non sono state tramandate, sia tutti coloro che leggendolo verranno colti da attacchi di malinconica nostalgia.
Un viaggio lungo dodici menù, che si snoda tra il Carnevale e un pranzo di nozze, tra una cena estiva e un pasto nei campi di grano al termine della trebbiatura. Una riscoperta dei prodotti antichi e di quelli moderni, inseriti in un contesto primitivo, quando a gennaio era impossibile mangiare un pomodoro fresco, così come in estate la vitamina C non si poteva ottenere dalla spremuta delle arance.
Ogni ricetta è accompagnata in modo inscindibile dalla sua storia e… da un buon bicchiere di vino con il quale gustarla. Si comincia con lo “spuntino di notte”: Povròn sota raspa (peperoni in composta), ancioe ar vard (acciughe al verde), oriòt, tome marse e bross, pom ar pis (mele in composta) e branda (grappa), gustati con Freisa vivace, Dolcetto d’Alba, Barolo e Barbera. Una serata riservata ai ragazzi, che, dopo i bagordi, si ritrovavano per vantarsi, a torto o a ragione, delle conquiste di giovani pulzelle.
Si prosegue con la Sina ‘d Carve’ (Cena di Carnevale), nove portate per stordire chiunque ed entrare appieno nella festa mascherata, dove ognuno diventa chi non è e, forse, vorrebbe essere.
Non vogliamo svelare qui tutto il libro, per cui il consiglio migliore che possiamo darvi è quello di comprarlo, chiudervi in una stanza con il caminetto acceso, la luce soffusa delle candele, il suono di un violino in sottofondo e partire per una lunga ed affascinante avventura, che vi porterà in un’altra epoca.
di Monica Mautino