I ritratti e i nudi
Luglio 4, 2003 in Medley da Sonia Gallesio
[Max Jacob]
I nudi di Modigliani sono figure artificiali dalla cui bellezza proviene una freddezza e una dignità di pietra…
[Doris Krystof, da Amedeo Modigliani, Ed. Taschen]
Dal 1914 Modigliani tornò a dedicarsi con assiduità alla pittura, abbandonando definitivamente la scultura. A partire da allora la sua produzione fu caratterizzata da un elevato numero di ritratti, raffigurazioni di amici e conoscenti parigini, ma anche di giovani modelle.
I primi inconfondibili Modigliani vennero eseguiti proprio in quegli anni, si pensi a Ritratto di Chaim Soutine (1915), o a Ritratto di Jean Cocteau e Ritratto di Max Jacob, entrambi del 1916.
I dipinti risalenti al periodo immediatamente successivo a quello delle sculture, in realtà, rimandavano ancora alla personalità dei soggetti rappresentati, ma l’interesse dell’autore per il puro aspetto fisiognomico prese presto il sopravvento. I particolari aneddotici furono progressivamente ridotti, al fine di eliminare ogni superflua allusione allo spazio reale. Ne derivarono ritratti atemporali, privi di elementi narrativi e ornamentali.
In questi lavori è possibile riconoscere i tratti tipici che allora permisero all’arte di Modigliani di differenziarsi da ogni modello preesistente: l’essenzialità delle figure, la leggerezza delle linee (“La sua linea mossa, spesso così tenue e sottile che sembra il fantasma di una linea…”, Jean Cocteau), l’elegante allungamento dei corpi (si considerino, ad esempio, i colli ed i volti).
Prodotti in prevalenza nel 1917, i suoi nudi sono contraddistinti da una singolare artificiosità. Dal bellissimo incarnato color albicocca, i corpi effigiati non rimandano ad una sensualità vivace e prorompente, bensì discreta e talvolta malinconica.
Presso la galleria parigina di Berthe Weill, nel dicembre del ’17 avrebbe dovuto avere inizio l’unica personale di Modì organizzata quando l’autore era ancora in vita. Purtroppo, però, la mostra fu chiusa lo stesso giorno del vernissage, a seguito di un piccolo scandalo dovuto alla presunta indecenza delle opere esposte.
Quei dipinti, infatti, mostravano i peli pubici, un particolare che nel ‘vero nudo accademico’ non era mai stato presente.
Modigliani si era dunque spinto oltre i limiti prefissati, rivelandosi tuttavia concorde con le proteste di svariati artisti del periodo, schierati a favore di una concezione del nudo più libera, vitale, affrancata da norme e regole inviolabili.
Alcuni anni prima, Umberto Boccioni aveva proclamato: “Noi combattiamo il nudo nella pittura, che è altrettanto monotono quanto l’adulterio nella letteratura”. E i nudi di Modigliani, questo è indubbio, sono tutto fuorché monotoni…
Benché furono ispirati dai capolavori del Rinascimento Italiano, difatti, nulla di questi riporta al rigore ottuso dei dettami accademici: né l’anatomia delle figure, né le loro proporzioni, né le loro pose.
Temendo i bombardamenti delle truppe tedesche, nella primavera del 1918 Parigi venne evacuata. Anche Modigliani dovette abbandonarla, per stabilirsi nel Sud della Francia.
Fu proprio in Costa Azzurra che il maestro eseguì le sue opere oggi più amate e valutate. A Nizza realizzò alcuni paesaggi (di paesaggio si era già occupato agli inizi della sua carriera), ma soprattutto ritrasse la gente comune – contadini, inservienti, vecchi e bambini – e la sua compagna Jeanne Hébuterne.
Si servì di forti contrasti cromatici, di frequente freddi e ‘striduli’. Rispetto al passato, la sua tavolozza acquistò toni decisamente più chiari.
Le sue figure si allontanarono sempre più dalla realtà, immortalate in uno stato di quiete, di pace. Una condizione che, con tutta probabilità, ha qualcosa in comune con l’attesa creativa di Henri Bergson durante la quale si compierebbe l’evoluzione dell’io.
I personaggi di Modigliani attendono seduti, chiusi in sé stessi, guardando innanzi a loro con la testa piegata da un lato, forse in ascolto. Con quegli occhi fissi, di un unico colore, che paiono pezzetti di vetro incastonati. Né aperti né chiusi, perché senza iride né pupilla. Occhi che sono finestre affacciate sul mondo dell’inconscio.
di Sonia Gallesio