Il Campiello XLV a Mariolina Venezia
Settembre 4, 2007 in Libri da Stefano Mola
Avevamo auspicato un fiocco rosa sul Campiello, e ne sono spuntati due. Cominciamo dalla competizione principale. Non avevamo osato puntare sulla vittoria del nostro libro preferito, ovvero Mille anni che sto qui di Mariolina Venezia, pronosticando un primo posto per Milena Agus e il suo romanticamente asciutto Mal di pietre. E invece, raccogliendo oltre un terzo dei voti della giuria popolare la scrittrice lucana porta il Campiello XLV in casa Einaudi. Sono state infatti ben 106 le preferenze per la saga familiare ambientata a Grottole, un racconto della storia d’Italia vista attraverso la lente dei piccoli grandi accadimenti delle persone che normalmente non trovano posto nei libri di storia. Milena Agus si è comunque aggiudicata la seconda posizione con 78 voti. Decisamente staccata i signori uomini: 41 voti per Romolo Bulgaro e il suo Labirinto delle passioni perdute; 33 per Alessandro Zaccuri e la fine alternativa per la vita di Giacomo Leopardi, ovvero Il signor figlio. Incredibilmente ultimo Carlo Fruttero, che con Donne informate sui fatti ha ricevuto soltanto 28 preferenze. A parziale compensazione la standing ovation che gli ha riservato il teatro La Fenice al termine della cerimonia di premiazione, nonché la sua netta vittoria ai punti per savoir faire ed ironia (senza dimenticare le impagabili espadrillas gialle sfoggiate sul palco).
Già che ci siamo, continuiamo con le note di colore della serata. Per esempio, l’impudente viola con cui la vincitrice si è presentata in scena (uno schiaffo alla ben nota allergia degli artisti a questa tinta). A condurre un Bruno Vespa meno gigione del solito, capace anche, mi si passi il facilissimo gioco di parole, di pungere a tradimento la giuria dei letterati chiedendo loro il preferito tra i libri finalisti. Non so se è un problema dell’umanità, ma un problema italiano lo è di sicuro: il timore di esprimere pubblicamente delle preferenze, di avvicinarsi alla meritocrazie, la bambagia del sei politico, mai guastare i rapporti eccetera. Risultato: panico e una gran voglia di nascondersi sotto la sedia. Possibile? Possibile. Pochissimo quelli che hanno osato, e anche quelli che hanno osato, lo hanno fatto accampando giustificazioni esterne (come Gianluigi Beccaria che ha scelto Fruttero per ragioni geografiche di conterraneità).
Il gusto per i libri è qualcosa di assolutamente personale. Dovremmo prenderlo con più leggerezza. È lecito trovare noioso Guerra e pace senza essere dei mostri e amare incondizionatamente Madame Bovary senza per questo essere particolarmente intelligenti. Viceversa può fare il mio vicino di sedia. Né io, né lui avremmo ragione in assoluto, ma semplicemente in relativo al nostro gusto, al nostro piacere di leggere che è il solo valore fondamentale da difendere.
Chiuso questo pistolotto, altre note sparse. Un più sul registro per la leggera disinvoltura con cui Romolo Bugaro si è mosso in scena, tanto che Maria Latella dichiara di vederlo bene a condurre per esempio trasmissioni tv quali i famigerati pacchi. Un dubbio per Milena Agus: non abbiamo capito se quella specie di svampita ritrosia sia vera oppure una posa, e non sapremmo francamente cosa scegliere delle due soluzioni. Della grandezza ironica di Fruttero già s’è detto. Un esempio fra i molti: in mattinata, quando in conferenza stampa è stato chiesto ai finalisti per quale ragione il pubblico avrebbe dovuto comprare il loro libro, Fruttero ha detto: per curiosità. Per vedere come se la cava questo qui dopo la scomparsa di Lucentini. E anche, siccome il suo libro è fatto di otto donne che parlano in prima persona, per rendersi conto se lui delle donne ha capito qualcosa oppure no (secondo lui, no). Zaccuri garbato, preciso, educato, profondo (tutte che cose che non bucano il video, si sa). Un pacca sulla spalla al vincitore del premio autore esordiente, Paolo Colagrande, spigliato in conferenza stampa al mattino, bloccato sul palco della Fenice.
Premio speciale alla provocatoria sincerità della vincitrice. Ha dichiarato di non essere poi così sorpresa, perché se non fosse stata convinta di aver scritto un libro che potesse piacere alla gente non l’avrebbe pubblicato. Mariolina Venezia inoltre ha più volte messo l’accento sul mestiere. Scrivere è un mestiere, con un pubblico, che merita rispetto. Dice di aver imparato molto dalla sua attività di sceneggiatrice per la televisione. Il che non significa, chiosiamo noi, compiacere. Nel suo libro secondo me non ci sono effetti facili. Ci sono storie forti, che è una cosa molto diversa.
Ma lo spettacolo? La parte musicale era nell’ugola di Massimo Ranieri, che si è distinto più per certe mossette delle caviglie che per lo smalto dei suoi acuti. La parte glamour era invece appesa al meraviglioso sorriso di Ines Sastre, cui consigliamo in futuro di prepararsi un po’ prima (non tanto, ma almeno in camerino, mezz’oretta prima potrebbe bastare) i testi che poi deve declamare sul palco. Le toccava infatti leggere gli incipit dei romanzi finalisti: in ognuno è riuscita a prendere una papera (tra cui un inventivo sòffita, al posto di soffitta). Lo diciamo con la morte nel cuore, perché ricordiamo ancora quella edizione del festival di San Remo guardata solo per vedere lei.
E infine, il secondo fiocco rosa, ovvero il Campiello Giovani. Qui non era molto difficile: cinque in finale, quattro donne. La vittoria è andata a Ilaria Rossetti con il racconto La leggerezza del rumore. Premio meritato, per la sorprendente maturità stilistica, senza sbavature, con l’invenzione di alcune immagini decisamente convincenti, il buon controllo della pagina, la capacità di costruire una storia e gestire un intreccio su un doppio binario temporale. Sul palco della Fenice si è dimostrata per nulla intimidita e ha dichiarato che spera di poter fare la scrittrice sul serio e pare abbia già un romanzo in testa. Sapete una cosa? Ci crediamo.
Segnaliamo anche Fabrizia Conti e il suo racconto Irata. Scrittura spigliatissima, auto-ironica, generazionale ma senza eccedere nei vezzi, decisamente divertente da leggere, con qualche coinvolgente intrusione nell’introspezione e nella malinconia. Per certi versi ci ha ricordato Rossana Campo (scrittrice che a noi piace molto).
Ed è tutto, per quest’anno. Una bella edizione, con una cinquina secondo noi di alto livello, libri interessanti e come già detto, molto buoni i racconti dei giovani. Arrivederci al prossimo anno.
di Stefano Mola