Il mondo insieme a te
Gennaio 10, 2005 in Spettacoli da Gino Steiner Strippoli
Per inaugurare musicalmente l’anno 2005 e il rinnovato Palaruffini (ex Palasport che tanti concerti ha vissuto negli anni ’70 e ’80) il patron di Metropolis Luciano Casadei ha scelto il nuovo percorso musicale di Max Pezzali (ex 883) legato al suo ultimo album intitolato Il Mondo insieme a te. Lo storico Palazzetto di viale Bostolfi, realizzato nel 1961 su disegno di Annibale Vitalozzi, avra dunque la sua prima, dopo il restyling voluto dall’amministrazione comunale torinese. Infatti mercoledi 12 gennaio alle ore 21.30 i torinesi potranno assieparsi sui 3970 posti a sedere e godere della nuova sonorità di Max Pezzali. Tra l’altro il rinnovato Palasport è stato realizzato con un acustica a prova di auditorium, sembreranno di colpo lontani anni luce le tremende convulsioni musicali che si sentivano al Mazda Palace. Di queste migliorie se ne beneficeranno anche gli artisti nelle loro prove-suoni. Ma ritorniamo al nostro protagonista Max. Finita l’esperienza legata al nome che gli ha aperto le porte del successo per 12 anni insieme a Mauro Repetto (il loro primo successo Hanno ucciso l’uomo ragno nel 1992 vendette oltre 600 mila copie, poi arrivarono Sei un mito e Nord Sud Ovest Est) Pezzali ha sentito la necessità di dare una svolta alla sua carriera artistica, sia dal punto di vista sonoro che nel lavoro dei testi. Il suo ultimo album è infatti molto carico di graffiante sound – rock americano rispetto al passato. Un nuovo suono senza più campionamenti che durante i concerti rende ancora più evidente il cambiamento per quest’artista che ha dato sin qui un impronta significativa al Pop italiano degli anni novanta. Ma di questo ne abbiamo parlato con Max che spesso non ha disdegnato, durante l’intervista, battute ironiche e simpatia unica che sono quelle di una persona, un artista, dalla semplicità unica senza atteggiamenti da star e con tanto amore per la musica.
Il Mondo insieme a te tuo ultimo album è il lavoro della tua svolta artistica.
Si un percorso che sostanzialmente è arrivato in un momento in cui comunque le storie che raccontavo col il nome collettivo di 883 mi sembravano legate af un periodo specifico di vita probabilmente non procrastinabili oltre. Si rischiava di diventare un po’ ripetitivi e soprattutto di non raccontare il me stesso contemporaneo, il me stesso presente, quindi ho pensato che fosse il momento di assumermi le mie responsabilità personali e quindi di raccontare in un album a mio nome dei momenti degli spaccati della mia vita, magari più privata, più intima, però sicuramente la mia vita presente che avendo 36 anni è un po’ diversa dai racconti che potevo fare quando ne avevo 25 di anni.
Con questo album c’è una sostanziale novità anche dal punto di vista sonoro ovvero l’addio ai suoni sintetici e al computer per suoni veri.
Si in effetti ho fatto una scelta, mi ero rotto un po’ le scatole del dover far suonare per forza un album come se fosse una compilation. Volevo un suono molto definito e più omogeneo cosi ho puntato su tutto ciò che era il mio ascolto presente, quindi un rock americano suonato che oltre a riversarsi sulle sonorità del disco si sente anche durante i miei concerti. Sul palco non abbiamo computer, non abbiamo campionamenti, tutto quello che si sente è cantato e suonato dagli artisti presenti.
Oggi proponi un rock addirittura graffiante ma con che tenerezza guardi al passato e a un successo come Hanno ucciso l’uomo ragno?
Guardare al allora, come dici tu, mi fa molta tenerezza perché era proprio la forza dell’incoscienza a far uscire delle canzoni fatte e raccontate in maniera immediata con l’entusiasmo del neofita, registrate e prodotte cosi’ come venivano in quel momento. Oggi dopo 12 anni di lavoro è giusto che , pur mantenendo l’entusiasmo di allora, ci sia un approccio tecnico diverso facendo tesoro del tempo che è passato.
Ci sono 5 canzoni che hanno segnato la tua vita e che porteresti sempre con te?
5 sono davvero poche però metterei sicuramente una canzone degli Stones come Brown Sugar del ’71, poi qualcosa dei Beatles ovvero Helter Skelter, mi porterei anche Springsteen in The River fino ad arrivare a Love Will Tears Us Apart dei Joy Division infine per non fare una selezione troppo seriosa ci metterei anche I Like Chopin di Gazebo.
Se tu dovessi invece mettere il significato tuo personale alla parola musica su un vocabolario che scriveresti?
Ci scriverei suoni organizzati più o meno musicalmente per produrre un risultato emotivo.
Max parliamo della crisi che stanno attraversando le Case Discografiche e chiaramente il Mercato.
Io penso che quello che sta avvenendo sia un cambiamento epocale. La Musica sta cambiando per come viene fatta, per come viene distribuita e per come viene acquistata. Probabilmente il dramma delle Case Discografiche è stato quello di avere una mentalità troppo ministeriale, troppo da ente parastatale e non aver capito per tempo quanto invece stava avvenendo. Hanno creduto di poter fermare quest’emorragia semplicemente con un cerotto e non con un cambiamento di sistema. Adesso se ne stanno rendendo conto, non è troppo tardi, ad esempio degli States il sistema di distribuzione della musica sta cambiando.
12 anni di successi però nella vita di un artista ci sono anche momenti critici tu ne hai avuti?
Fortunatamente dal punto di vista artistico di periodi bui non ne ho vissuti e avuti perché ho anche un grande vantaggio: sono interista quindi la mia sfiga si porta di li’. Come spesso accade agli interisti abbiamo delle vite straordinarie proprio perché tutta la sfiga si posa sul nostro interismo.
di Gino Steiner Strippoli