Il naso
Novembre 2, 2006 in Spettacoli da Stefano Mola
IMPRESSIONI SULLO SPETTACOLO
Com’è il Naso di Shostakovich nell’allestimento del Teatro Musicale da Camera di Mosca (qui a Torino con interpreti, coro e orchestra diretti da Vladimir Agronskij)? Diciamo subito che lo spettacolo, firmato dal grande regista Boris Pokrovskij e dallo scenografo e costumista Vladimir Talalaj è interpretato assai bene. Non è facile: i personaggi sono veramente molti (circa 60), e molti spesso contemporaneamente presenti sulla scena. Inoltre, per le caratteristiche dell’opera, un’interpretazione a statua è impossibile. Non ci sono momenti in cui un tenore o un soprano incollano le suole al palcoscenico e cantano immobili (con al più qualche gesto delle braccia) l’aria che frutta l’ovazione. È richiesto un movimento continuo, frenetico (ricordiamo persino una capriola con rimbalzo in piedi avvolto in materasso), nonché una discreta dose di clownerie. La cifra dell’allestimento è in bilico tra il grottesco e l’onirico: ricordiamo che la storia prevede un naso tagliato dotato successivamente di vita autonoma travestito da consigliere di stato.
Insomma, se non ci sono interpreti in grado di reggere la scena a tutto tondo, come attori prima ancora che come cantanti, non può funzionare. E invece? Invece la compagnia moscovita tiene la scena come un orologio, con una gestione dello spazio e dei movimenti relativi tra i personaggi assolutamente ammirevole. C’è anche quel bellissimo fenomeno puramente teatrale che è la creazione dal nulla. Il teatro ha questo di assolutamente affascinante: che se due personaggi si siedono su due sgabelli, uno dietro l’altro, e iniziano a muoversi sussultando coordinatamente come se fossero su una carrozza, tu che guardi vedi la carrozza anche se non c’è (chiaramente, chi stai sul palco deve essere capace a farlo). Il Teatro da Camera di Mosca è capace. La scenografia è essenziale, i costumi schierati a lato palco, appena qualche colonna e una cancellata. Verso la fine compaiono ombrelli multicolore tipo Mary Poppins.
Quindi se lo spettacolo funziona, è perché c’è una grande compagnia, anche dal punto di vista musicale (ottime le voci, spesso impegnate in recitativi e in versi buffi non del tutto umani). L’orchestra poi deve cavarsela con un tessuto fortemente ritmico ma dalla trama spesso interrotta, con tromboni alle prese con scivolate da circo e le percussioni quasi sempre in primo piano. Si sente un sperimentalismo giovanile (Shostakovich era poco più che ventenne all’epoca) e tra le influenze, l’ombra di Stravinkij (specie le Sacre, nella scena dell’assalto al naso) mi è sembrata la più consistente. Anche sulla parte strettamente musicale, il giudizio è decisamente positivo.
CHE COS’È IL NASO?
In chiusura, qualche piccola considerazione sul Naso. O meglio, su una nostra privata fissazione: raccontare, o spiegare, la modernità. Perché ci è sembrato moderno il naso? Partiamo per contrasto, partiamo da quella che è forse la tragedia per antonomasia: Edipo. Che succede a questo povero figliolo? Uccide il padre e sposa la madre. Una roba da niente. Oppure prendiamo Ulisse, che gli dei sbattono a vagabondare per l’intero mediterraneo. Grandi temi, grandi disegni. Problemi centrali dell’esistenza. Che succede all’amico Kovalëv? Il barbiere gli taglia il naso, lui se accorge il giorno dopo. Si dispera poi dice: niente naso, vestiamoci. Bum: la quotidianità, la piccolezza. Nessuna sfinge all’orizzonte, né ciclopi.
Se la modernità è la scomparsa dei grandi discorsi, delle grandi teorie, ed è la palude della microscopica grettezza, il naso è moderno. Ma lo è anche per altri motivi. Il naso è la tragedia dell’apparire: la tragedia dell’andare in giro, dell’essere visti senza naso. Non è dunque importante la privazione in sé, quanto il fatto che gli altri lo sappiano. Se invece mancasse un dito del piede, non sarebbe un problema (chi va a controllare che cosa abbiamo nello stivale, dice sempre Kovalëv). Allo stesso modo, per paura del ridicolo, il giornale rifiuta l’inserzione che Kovalëv vorrebbe mettere per ritrovare il naso.
Inoltre, è la tragedia della corruzione, della burocrazia: il poliziotto che riporta il naso prende una tangente. Il naso stesso se ne va in giro travestito da Consigliere di Stato e rifiuta di tornare al suo posto: sarebbe un abbassamento di rango.
Infine, è la tragedia dell’orgasmo mediatico, della pruderie per il deforme, dello spiare dal buco della serratura, di avvicinare il famoso o presunto tale, di partecipare agli eventi anche solo di riflesso, di poter dire io l’ho visto. Quando la popolazione sa che c’è in giro un naso, ecco che tutti vanno in fibrillazione, anche se ormai in realtà il naso è stato catturato e riportato alle sue dimensioni originarie. L’isola dei famosi, o il grande fratello, o l’assembramento all’uscita di un concerto, di uno stadio, di un’aula di tribunale, a un funerale, tutti con il telefonino alzato per scattare una povera fotografia, è già tutta, in nuce, lì dentro. Nel naso, gli agenti non riescono a mantenere l’ordine e intervengono i pompieri.
Non vi sembra moderno il naso? Alla luce di tutto la musica di Shostakovich, frammentata, spezzata, che procede per scoppi di ritmo, senza un apparente filo conduttore, con i tromboni che a volte sembrano pernacchie, talora anche non semplice da ascoltare, è forse quella più giusta. Perché spesso, siamo proprio così. Frammentati. Clowneschi.
di Stefano Mola