In piena notte
Novembre 9, 2003 in Libri da Tiziana Fissore
Gianni Farinetti – In piena notte – Mondadori, pp. 304, Euro 16,40
Il titolo dell’ultimo romanzo di Farinetti suona alle nostre orecchie in un tono molto duro, molto più duro della vicenda, portandoci per un attimo al Farinetti che tutti conosciamo, giallista ormai conosciuto, giallista tipico di quella Torino e dintorni, molte volte descritta da Fruttero & Lucentini o nei gialli editi da Fogola.
E’ un Farinetti invece molto diverso quello che troviamo nella trama, una trama molto drammatica che inizia con la storia del fallimento di un matrimonio che durava da vent’anni circa, passati insieme tranquillamente e che lui, il marito, manda all’aria per regolarizzare il nuovo amore verso una giovane donna che sta per avere un figlio da lui, fino alla conclusione finale con la scomparsa del primogenito durante un viaggio in Tunisia, viaggio che avrebbe dovuto rappresentare una continuità civile di sentimenti tra membri di una famiglia nonostante il disfacimento del nucleo stesso, il viaggio infatti era stato deciso prima dell’evolversi dei fatti.
Non si saprà mai più nulla del ragazzo scomparso durante una visita ad un museo archeologico dov’è custodito un mosaico a lui particolarmente caro, ma questa scomparsa ed allo stesso tempo questa ricerca di un qualche cosa d’ignoto, forse altro non è che la ricerca e l’attesa di quel qualcosa che ci aspettiamo dalla vita e che non arriva mai e che a volte ci porta alla perdita di noi stessi, della nostra ragione.
La vicenda si svolge su un’accurata costruzione basata sui ricordi di due amiche (una è la madre che ha subito gravi conseguenze a causa della perdita prima del marito e soprattutto del figlio dopo), che hanno condiviso la vita e soprattutto la tragedia e che cercano forse un significato ai vari perché di momenti dolorosi e subiti con grande coraggio, fino a capire che solo il tempo riesce a far dimenticare o meglio a chiudere in un angolo delle mente, chiamato oblio, anche i fatti più dolorosi e che la speranza è veramente l’ultima cosa a morire.
Nella narrazione Farinetti non rinuncia a personaggi che abbiamo già incontrato in altri suoi romanzi precedenti: famiglie della borghesia torinese, magari di origine braidese, figure e macchiette, coppie di amici gay che non cadono mai nella volgarità, fraseggi dialettali.
Una parte dominante in questo romanzo, ce l’hanno i giardini di ville sulla collina torinese e che ne diventano per un attimo un suggestivo scenario della prima parte del romanzo mentre per la seconda parte dominano i paesaggi della Tunisia.
E a proposito dei giardini ho trovato delizioso il ringraziamento che Gianni Farinetti fa alla fine del romanzo. Un ringraziamento fatto a tutti i giardini che lo hanno ispirato a partire da quello della nonna, a Bra, in via Cherasco ed a tutti quelli dei suoi amici. Ed è qui che ritroviamo il solito Farinetti, scrittore attento al mondo che lo circonda sia quando scrive un giallo sia quando la trama varia e diventa tragedia.
di Tiziana Fissore