L’amore che distrugge, la pace che risana
Novembre 13, 2005 in Libri da Redazione
Titolo: | L’abito di Piume |
Autore: | Banana Yoshimoto |
Casa editrice: | Feltrinelli |
Prezzo: | € 10,00 |
Pagine: | 132 |
Leggere il nuovo libro di Banana Yoshimoto è stata una sfida. Ha significato mettere in discussione dieci anni di delusioni: dopo “Kitchen”, tutti gli altri libri della Yoshimoto sembravano slavati, pieni di banalità, fuori tono. “L’Abito di Piume” (Feltrinelli, 2005) riprende la levità dei precedenti libricini e crea una nuvola di profumi e di sensazioni, simili ad una coperta calda da stendere sulle delusioni della vita.
L’onnipresente cucina giapponese, con i ramen ben caldi e il conforto delle delizie fatte in casa, creano l’atmosfera domestica ideale, in cui parlare dei propri problemi non è affatto difficile. La protagonista, Hotaru, fa ritorno al proprio paese di origine alla ricerca di una possibile pace interiore dopo l’abbandono subito dall’amante cittadino. L’incontro con il giovane Mitsuru non si conclude, come da copione, con un banale happy end sentimentale. I due protagonisti condividono parte del cammino di ricostruzione interiore, giungendo ad un finale leggero come un abbraccio tra buoni amici ritrovati. Lasciata sullo sfondo la palpitante Tokyo, Hotaru ritrova i suoi sogni, i segni magici dell’infanzia, i ricordi della propria famiglia, e riesce a trarre forza per una resurrezione in abito di piume.
In realtà il titolo si riferisce al lento lavorio interiore di ricostruzione favorito dalla gentilezza disinteressata delle persone, merce rara al giorno d’oggi, che fa fluttuare l’anima “nell’aria con grande gioia”. Tuttavia attraverso le descrizione dei monti, del lento scorrere del fiume che pacifica i moti tumultuosi dell’anima, l’espressione “abito di piume” rende bene l’idea di pace che piano la protagonista riconquista per sé.
Catturati dalla pace e dalla vocazione alla salvezza di questo nuovo lavoro della Yoshimoto, si riesce quasi a perdonarla di aver perso contatto con la parte vera della propria scrittura per anni. Lei stessa dichiara quest’opera come puro lavoro di fantasia. “Non so bene cosa significhi tornare al paese perché ho sempre vissuto a Tokyo”. Forse è proprio il distacco dalla materia autobiografica a permettere all’autrice giapponese tanto amata in Italia di elevarsi al di sopra delle aspettative e creare un habitat pulsante di tranquillità e ineluttabile verità.
Una favola per guarire le ferite dell’abbandono.
di Stefania Leo