L’(uomo) ragno torna
Dicembre 4, 2002 in Cinema da Redazione
Quando scorrono i titoli di coda dell’ultimo film di Cronenberg, ci resta uno strano amaro tra le labbra. Spider disegnava ghirigori sul taccuino ritornando ai luoghi nei quali aveva vissuto la sua triste infanzia; pur non comprendendoli, li credevamo sinceri. Chiusi con Spider in una camera angusta e tormentati come lui dalle visioni – cosa è un film se non un susseguirsi di visioni, i singoli fotogrammi, nel caso di Cronenberg già visionari in sé? – ci siamo poi trovati, proprio nel momento di maggior pathos del film, una ragnatela tessuta dallo stesso Spider sulle nostre teste. E, quasi contemporaneamente, un flashback che sembrava non collimare con i precedenti ci ha scombussolato tutto l’intreccio, ha spezzato la ragnatela di Spider, che ha fallito nel suo piano di soffocamento della povera anziana antipatica e scomoda, ma innocente. Nell’ultimo flashback il corpo della madre morta a causa del gas è tra le braccia del padre, sconvolto, che profferisce una sentenza di morte “l’hai uccisa tu” – morte dell’innocenza di Spider, fallimento dei suoi piani e delle sue menzogne, sfaldamento della ragnatela, fine dell’illusione filmica, epifania del complesso di Edipo racchiuso nella mente dello Spider bambino e patologicamente geloso nei confronti della madre, non ancora superato dallo Spider adulto. Non è una cosa che si interiorizza con facilità, perché il buonismo è imperante in ognuno di noi, anche se magari nascosto negli anfratti della psiche, e ci aravamo affezionati a quella storia così “facile”, semplificata. Per capire che Spider, il ragno, ci ha tessuto attorno, come molti registi fanno, una pericolosa ragnatela, l’intreccio di una storia troppo stereotipata per essere vera, ricamata così bene che ci ha incantati, rendendoci follemente ciechi di fronte all’esasperazione dei personaggi, e che le vittime del suo delirio, siamo noi, ci vuole parecchio tempo. Ma dobbiamo a Cronenberg la deferenza che si ha nei confronti di un medico che ci ha fatto ingerire una medicina amara al fine di guarirci, perché Cronenberg fa di più di ciò che gli altri registi fanno: alla fine spezza l’incantesimo, ci rivela l’illusione, la macchinazione artificiosa e in qualche modo persino perniciosa che si cela in un intreccio così abilmente tessuto sul niente di personaggi falsi perché superficiali, “di comodo”, frutto di generalizzazioni. [Sara Gennaro] |
Nuovo film per David Cronenberg. Meno fantascientifico rispetto a Videodrome o eXistenZ, ma più angoscioso, forse proprio perché calato nella realtà. Tutto il visionario malato e claustrofobico del cineasta canadese calato nel paesaggio della periferia londinese. Dopo i grandi successi di “Schindler’s List” e “Strange days”, torna una grande interpretazione di Ralph Fiennes, più stralunato che mai. È lui il protagonista di questa vicenda, un malato di mente che si interroga ed indaga sul suo passato. Impossibile capire, comprendere fino a che punto arriva l’allucinazione e svelare il passato del personaggio, Spider. Presente e passato si mescolano, complicando in ogni modo il chiarificarsi della vicenda. Ed all’inizio nessuna spiegazione immette il pubblico sulla scena che si va ad aprire. Fiennes sbiascica parole pressoché incomprensibili, appunta note che solo lui può leggere, agisce in modo imperscrutabile. Attorno a lui un circo di personaggi difficili da amare: il pazzo del pensionato, la responsabile, il padre, interpretato dal solito «cattivo» Gabriel Byrne. [Diego DID Cirio] |
di Sara Gennaro & Diego DID Cirio