La fin du regne animal

Novembre 24, 2003 in Spettacoli da Redazione

Torino Film Festival 2003 WinnerLa fin du regne animal di Joel Brisse ha vinto il concorso lungometraggi della ventunesima edizione del Torino Film Festival. Un’edizione piuttosto sottotono illuminata solamente dall’atipico thriller coreano di Bong Joon-Ho Memories of murder e dalla buona salute del documentarismo nazionale ben rappresentato da Doichlandia di Giuseppe Gagliardi e L’esplosione di Giovanni Piperno. A fare da contraltare le opere presentate nella sezione cortometraggi che hanno lasciato perplesso più di uno spettatore.

Il film di Brisse, annunciato vincitore con un sussurro della coppia Turigliatto-D’Agnolo Vallan, racconta la storia di Noel, un contadino che ha conservato la propria innocenza e non può opporre al conformismo sociale che la propria intuizione, la propria sensualità e il rapporto di panica convivenza con la natura e gli elementi vitali. Opera prima intelligente e originale, slegata da generi e priva di padri spirituali, la pellicola di Brisse stimola la riflessione sulla perdita di un approccio diretto fra l’uomo e la natura. Con Hélène Fillières talentuosa attrice emergente del cinema transalpino.

Nell’edizione che ha reso omaggio a William Friedkin, Aleksandr Sokurov, Joao César Monteiro, Kinji Fukasaku e Stan Brakhage i due eventi più eclatanti fuori concorso sono stati rappresentati dalle anteprime nazionali di Histoire de Marie et Julien di Jacques Rivette e Il est plus facile qu’en chameau… di Valeria Bruni Tedeschi. Se Rivette sembra accusare il peso degli anni praticando un genere – quello del fantastico che gioca con ambiguità fra la vita e la morte – che mostra di avere un po’ il fiato corto, l’attrice prediletta (ed ex compagna) di Mimmo Calopresti ci regala un elegante e leggero spaccato familiare palesemente autobiografico e ben recitato da un gruppo davvero eccezionale di attori: oltre alla Bruni Tedeschi sono della partita anche Jean Hugues Anglade, Chiara Mastroianni, Roberto Herlitzka, Lambert Wilson e Marysa Borini.

di Davide Mazzocco