La geografia delle piogge
Ottobre 10, 2012 in Libri da Stefano Mola
Autore | Paolo Grugni |
Titolo | La geografia delle piogge |
Editore | Laurana |
Pagine | 165 |
Prezzo | 14,50 € |
Sono tutti in cerca di un domani migliore, io sono in cerca di uno ieri migliore. Ho bisogno di un passato diverso, che non mi porti dove sono oggi, che mi permetta di costruire qualcosa che lasci traccia dietro di sé. Invece non ho saputo fare nulla che valesse la sofferenza di vivere. Se si capisse che la depressione è una reazione alla pressione nessuno si aspetterebbe più niente e accetterebbe quello che non ha e di essere quello che non è. E il tempo manca quando meno te lo aspetti.
Chi pronuncia queste parole è Mauro Casagrande, che un tempo faceva il giornalista e ora si mantiene con i proventi di una libreria virtuale su e-bay. Vende volumi di seconda mano, che si procura svuotando cantine, o che gli arrivano da Stefano, direttore di una bliblioteca: gli gira quelli che la gente porta lì, anche in questo caso per sbarazzarsene. Convive con Federica, avvocato, in un ménage tranquillo, in superficie privo di slanci, ma fatto di grandi e sotterranee tenerezze (la descrizione di questo legame è tra le cose più e vere del libro).
Mauro non ha più illusioni né aspirazioni, se ne vorrebbe stare come qualcosa che la risacca della vita ha lasciato sulla spiaggia, sotto un sole tiepido, d’inverno, quando c’è poca gente. Il mondo, per come va, gli fa sostanzialmente schifo, per le tutte le piccolezze, le meschinità, le violenze, le assurdità che noi umani riusciamo a mettere insieme. A sostegno di questa tesi non mancano numerosi esempi raccolti dalla spazzatura di questi nostri tempi.
Però il mare della vita è così grande e così mosso che alla fine, per quanto uno faccia attenzione, faccia come finta di essere morto, le onde arrivano e ti riportano in mezzo, e ovviamente non dove l’acqua è trasparente, ma in mezzo al torbido e ai detriti.
In particolare, Mauro si troverà in mezzo a due, belli grossi. Federica si trova a dover difendere Gloria Massari, una madre che ha provocato la morte del figlio appena nato, portatore di handicap. Gloria non vuole difendersi: vuole soltanto spiegare le motivazioni del suo gesto. E vuole farlo per bene, facendosi scrivere il discorso dalla penna di qualcuno di cui si fida. Mauro Casagrande, per l’appunto. Che per amore di Federica non saprà dire di no.
Il secondo detrito è il pizzo che sta strangolando il bar gestito a Paderno Dugnano dallo zio di Mauro. Perché la ‘ndrangheta non è qualcosa che possiamo convenientemente etichettare illudendoci così di confinarla in un ritaglio della cartina. E anche in questo caso Mauro non potrà tenersi in disparte.
Dopo averci fatto rivivere i momenti cruciali alla fine degli anni 70 in L’odore acido di quei giorni, Paolo Grugni costruisce qui un altro personaggio di (finto) sconfitto. Questa volta ha scelto la più piena attualità, mettendo al centro del libro due questioni che non possiamo non ritenere centrali nel nostro (cosiddetto) vivere civile: l’eutanasia e la ‘ndrangheta.
Lo fa con quel suo stile apperentemente disilluso, aspro, cartavetrato eppure capace di squarci di grandissima umanità e tenerezza. Un libro che non lascia sicuramente indifferenti, e che fa pensare: anche lo vogliamo, alla fine scorpriremo sempre che non possiamo nasconderci, e che dobbiamo rimanere in gioco, fino alla fine.