La notte dello scudetto
Maggio 23, 2005 in Sport da Roberto Grossi
Festa doveva essere e festa è stata. E una volta tanto il venerdì sera di Torino è stato animato non solo nei locali ma anche nelle strade del centro. Il rocambolesco (e ci fermiamo lì…) pari colto dal Palermo al Meazza ha consegnato il ventottesimo tricolore alla Juventus lasciando liberi i tifosi bianconeri di riversarsi nel cuore cittadino per festeggiare l’ennesima conquista. Uno scudetto anomalo al termine di una stagione anomala, tra processi, presunti video-choc, squalifiche esagerate e silenzi stampa interminabili da parte di una società che sembra fare di tutto per accrescere ogni giorni i propri nemici con una strategia di comunicazione quanto meno discutibile. Ma uno scudetto senza dubbio meritato. Uno scudetto arrivato di venerdi sera, senza giocare e stando comodamente seduti in poltrona, sfruttando gli errori (?) del Milan in vantaggio di due reti sui siciliani, con il rachitico diavolo raggiunto poi in un batter d’occhio. Sarà per questo che la festa è iniziata molto piano. Una festa anch’essa strana come d’altronde è strana questa città, mai sopra le righe o forse sempre sopra le righe della normalità. Una festa partita come un diesel e animatasi con il passare dei minuti, con punto di ritrovo Palazzo Madama. Forse in pochi credevano che il Milan potesse suicidarsi in quella maniera bizzarra, tanti aspettavano la domenica e la partita col Livorno per esternare la proprio gioia, sotto il sole del giorno. Ma tant’è, allo scudetto non si guarda in bocca e non si chiede l’ora e il giorno.
Alle 22.30 solo poche migliaia di tifosi juventini cominciano a prendere d’assedio Piazza Castello (Piazza San Carlo e Vittorio sono inagibili per lavori) e i giornalisti giunti sul posto per raccontare le vicende rimangono un po’ delusi dalla scarsa affluenza di folla. Quelli di Mediaset quasi godono e non vedono l’ora di levare le tende. Quelli di Sky, forse nascosti nell’immenso buco di Piazza San Carlo, non si notano. Ma a loro, di Torino, importa meno del due di picche quando la briscola è cuori e l’unica insegna di tv presente è mamma-Rai. Due giornalisti con le insegne di Arcore (uomo e donna, entrambi di fede granata e con padrone milanista) sono qui soltanto per puro dovere di cronaca, scazzati come fossero alle prese con un servizio emozionante come uno scippo al mercato. E si vede. La giornalista poi, memore di ciò che le accadde durante i festeggiamenti dell’ultimo scudetto juventino (pacche sul sedere trasmesse anche su ‘Blob’) finge gioia e contentezza al di là di ogni ipocrisia possibile e immaginabile (durante un raduno dei tifosi granata è stata vista saltare e insultare la Juve) ma sta bene attenta a non avvicinarsi troppo agli esuberanti e scatenati ragazzetti che la guardano in cagnesco pronti a tentare il bis. Lui invece, più composto e professionale, tra una intervista banale e l’altra (chiede tre volte di seguito a due bambini con maglia bianconera di urlare chi avesse vinto lo scudetto e i bimbi lo guardano con aria pietosa) sottolinea nel servizio come i tifosi della Vecchia Signora abbiano gioito mica solo qui ma in tutta Italia. Come a dire: Qui gli juventini non sono molti, noi granata sappiamo fare meglio. Peccato che, proprio subito dopo la performance che induce i due ‘biscioni’ e quasi tutti gli altri giornalisti a levare il disturbo, arrivi il grosso delle truppe bianconere, rendendo lavoro-spazzatura quello fatto sino ad ora dai pseudo-operatori dell’informazione.
Ore 23.30: da via Roma, via Pietro Micca e via Po, giungono infatti a piedi (i vigili hanno vietato il transito alle auto) diverse migliaia di tifosi. Semplici simpatizzanti, famiglie, gruppi ultrà e coppie con lei e lui vestiti in abito da sera e sciarpetta bianconera al collo. Inizia ora la vera festa, proprio quando i giornalisti non ci sono più, tranne lodevoli eccezioni: il furgone della Rai (unico vero servizio pubblico, pur tra mille pecche che non stiamo qui a discutere per carità di patria e problemi di spazio) che sin dal primo minuto è stato presente in Piazza Castello. Più qualche radio e tv locale: poveri di mezzi ma efficienti e veri giornalisti, in buona fede e con quella coscienza pulita che li induce a calarsi in mezzo ai più scatenati a costo di beccarsi qualche insulto (Giornalisti pezzi di m…) preso per conto terzi. Preso per colpa di quelli che contano (ma che sono già a dormire), perché la folla, quand’è inferocita, non distingue i servi dai lavoratori. Ditelo che lo abbiamo meritato> urlano i tifosi dentro i microfoni. Tu chi sei? Mica di ‘Controcampo’? domanda qualcuno con aria imbestialita. Arrivano i bandieroni e i fuochi d’artificio portati dagli ultrà dei vari gruppi, che in corteo sfilano per via Roma e si portano dietro i tifosi. Ora si che c’è casino, quello vero. Peccato che ognuno dei gruppi faccia storia a sé, senza collegamento con gli altri: i vari ‘Drughi’, ‘Arditi’, ‘Fighters’ e ‘Irriducibili’ ognuno per conto proprio, con il proprio seguito di simpatizzanti e le proprie magliette, i propri cappellini, i propri segni di riconoscimento. Si sprecano i cori contro il Milan, è ovvio, Berlusconi in cima all’hit-parade ma anche il buon Galliani tiene le posizioni con canti irriferibili. E Kakà, martirizzato per via del nome che ispira parecchie canzoncine ironiche (Come c…. si fa a chiamarsi Kakà).
Si contano gli scudetti conquistati, si inneggia ai giocatori (soprattutto Del Piero), si ignora Capello (ancora considerato anti-juventino per via delle dichiarazioni rilasciate ai tempi in cui militava nella Roma) e non mancano gli sfottò per i cugini granata, gli interisti e i fiorentini. ‘Godo alla faccia dei Gufi’ è lo stendardo di quelli di Rivoli, altissimo e giallo fosforescente da non passare inosservato ad alcuno. ‘Torino è bianconera’ (scritto in piemontese) campeggia ormai da due ore sotto le telecamere Rai, con il noto giornalista che conduce il Tg3 regionale intento a domare la folla con vera professionalità e sincera (lui si) goduria. E i tifosi apprezzano: Gianfranco facci un saluto. Tante bandiere tricolori miste al bianconero e al numero 28 ovunque. Amici di nessuno sventola un altro stendardo. Qualche petardo che stordisce viene lanciato per fortuna lontano dalla folla ma qualche bambino si spaventa ugualmente e la mamma decide di porre fine alla serata. E poi cani vestiti in tinta, giovani con le felpe Fiat da fighetto in evidenza che inducono tanti altri sfigati (che pur tifano per la stessa squadra) a ripensare per un momento alla grave crisi di una città, alla cassa integrazione e alla disoccupazione. Ancora fumogeni colorati e ancora cori contro tutto ciò che non appartiene al mondo Juve, simbolo virtuale ma allo stesso tempo verissimo per ritrovare un po’ di gioia,, anche se effimera, nel cuore di tutti i presenti. Due fidanzatini si baciano in mezzo alla strada coperti da una bandiera. Tanti scattano foto con i telefoni cellulari per imprimere nella memoria il momento. In un baleno sono le due di notte, i più abbandonano stremati dandosi appuntamento a domenica prossima al Delle Alpi contro il Cagliari per il secondo atto della festa, sperando in una sconfitta del Milan nella finale europea.
Altri vergano scritte sui muri con il numero ‘28’ in evidenza tra un ‘pensiero’ ai granata e uno agli inglesi (Liverpool è ferita ancora aperta). Peccato, una macchia su una notte in cui non è successo niente e in cui anche dei teppisti extracomunitari (che in occasione dell’ultimo scudetto avevano procurato qualche danno atteggiandosi a bulletti) non si hanno notizie. Forse perché gli ultrà della curva Scirea, molti dei quali non propriamente tolleranti con gli stranieri, non vedono l’ora di acchiapparne qualcuno sotto le mani per fargli fare la fine di Shevchenko dopo lo scontro con il cagliaritano Loria. Un esempio di ‘tolleranza zero’ insomma, che sopperisce alla fragile democrazia delle istituzioni. Mah. Gli stranieri presenti (soprattutto maghrebini) stanno buoni e ordinat
i. Brava gente insomma, anche loro contagiati dalla febbre in bianco e nero. Per i sopravissuti della notte si continua ai Murazzi, luogo-cult torinese, dove le ragazze in minigonna vertiginosa, tacchi alti e ombelichi ben esposti sfilano sotto gli occhi allupati di tutti. Gruppi di amici, sani o già piuttosto alticci continuano a imprecare contro il Milan calandosi nella discesa che conduce ai locali ma per fortuna non accade nulla e nessuno deve essere ripescato nel grande fiume. Anche se qualcuno che storce la bocca non manca. I tifosi del Toro e delle altre squadre si riconoscono dallo sguardo fintamente indifferente e fanno buon viso a cattiva sorte continuando a ballare nel locali del lungo Po attorniati dai cori di ‘chi non salta rossonero è’ e ‘serie B’ rivolto proprio ai ‘cugini’.
Qualcun altro mette da parte la fede calcistica rispolverando per un attimo quella politica e all’ennesimo coro contro Berlusconi si accoda, anche solo per qualche secondo, tenendo l’ennesima birra in mano. Il Presidente del Consiglio forse non sarà contento di unire gli italiani in questa maniera. Si entra nei locali con addosso la maglia di Del Piero e Nedved, tra cubiste seminude che sculeggiano sul palco che costeggia la passeggiata dei Murazzi e altre belle ragazze vestite mozzafiato e incuriosite dall’insolita clientela. Qualche altra scosciata azzarda commenti negativi (I gobbi non li posso vedere, che c… ci fanno qui? ) e vi lasciamo immaginare gli insulti cui vengano fatte oggetto le malcapitate. Anti-juventini non milanisti ridono tra loro facendo paragoni tra Berlusca e Lapo Elkann (Uno meglio dell’altro…). Qualche straniero (sembra scandinavo), anch’esso mezzo ubriaco, abbraccia tutti al grido di ‘Forza Napoli’ e ‘Forza Italia’. Mah. Alle quattro e mezza, in piena notte, tutto sta per finire, anche se per strada si sente ancora qualche clacson strimpellare e qualche auto sgommare tra le migliaia di bottiglie di birra rotte per strada nel centro storico della capitale sabauda. Ma per la fredda Torino va bene così. Non c’è tempo per festeggiare troppo, non siamo a Roma né a Palermo. E non bisogna neanche disturbare oltremodo i giornalisti Mediaset, già al secondo sonno nelle casette acquistate con i soldi del capo e che domani, nei vari notiziari, dovranno ricordare a tutti che il Milan è in finale di Champions League. Lo scudetto, per loro, è robetta…
di Roberto Grossi