La parabola
Novembre 28, 2002 in Racconti da Redazione
Era sera ormai. Una strana creatura se ne stava accucciata in riva al fiume, e sembrava non sapesse che fare. Si lamentava un po’, piangeva in silenzio, come straziata da un dolore senza rimedio, senza speranza. Si nascondeva la testa, e sembrava quasi ululare per lo strazio, eppure non emetteva alcun suono.
Lei stessa non sapeva qual era il suo nome. Una volta forse era un lupo, o un agnello. Che strano, davvero non ricordava. Rammentava solo che se era un lupo aveva amato un agnello, se era un agnello aveva amato un lupo. All’epoca pensava fossero entrambi della stessa specie. Lo credevano tutti e due, ecco perché si erano innamorati.
Vagavano per il bosco per mano, incuranti degli altri lupi, o agnelli, e spesso giravano coi branchi di altre specie diverse, e si divertivano pure, prima di tornare alla tana. Anche gli altri erano convinti che fossero della stessa razza, tranne che gli invidiosi, ma i lupi e gli agnelli sono intelligenti, e non se ne curavano. La creatura ferita pensava che molto probabilmente era lei il lupo, perché la dolcezza dell’altro animale era tale da ricordare semmai un agnello.
Era selvaggia lei, e indomita. L’agnello era più cauto e gentile, più riflessivo… Sì, lui doveva essere un agnello. C’erano degli attimi però, mentre si stavano amando, in cui lei lo vedeva risplendere come fosse pieno di fiamme, come fosse la creatura più viva, animale e allo stesso tempo angelica di tutto il creato. Erano uno strano miscuglio, da sempre.
Ma dopo un viaggio sola nella foresta lontana, dopo tante lune e alcuni raccolti di segale, le cose erano cambiate. Quell’agnello aveva cominciato ad allontanarsi, a non tornare ad abbeverarsi nel loro fiume, a cercare la compagnia di altri branchi. Si faceva vedere in giro con un altro compagno, preferendo stare con lui che con il suo lupo… che, ormai confuso, iniziava proprio a dubitare di esserlo. Era troppo sofferente, troppo nostalgico e fragile per essere un lupo. E quell’agnello candido e meraviglioso iniziò a mordere la creatura, a darle zampate cattive, a dirle tu sei andata via e non voglio più amarti, mai più qualsiasi cosa tu dica o faccia. Allora certo, solo lui poteva essere il lupo! La creatura sorrise un poco, a quel pensiero… Che importanza può avere ormai? Eravamo creature uguali, anche se assai differenti. Quella era la nostra forza. A volte io ero il lupo e lui l’agnello, altre il contrario.
Uno di noi difendeva l’altro quando era stanco e debole, e questo, non appena si riprendeva, occupava il posto del più forte, dispensando coraggio ed energia. Forse solo ora, la nostra vera natura ha preso il sopravvento.
Lui vuole essere un predatore, ama i tranelli in cui incappa da solo, e non vuole stupidi agnelli tra i piedi. E io, bè, io mi curo questa ferita con garbo, poi mi alzo e provo a correre. Se lo incontro, e mi accorgo di essere anch’io un lupo, non proverò ad attaccarlo, e proseguirò. Ma se correndo piano data la mia natura di agnello, lo troverò sul mio cammino, lo sbranerò. Per rendergli il favore, per ricordargli che, a volte, solo gli uomini sanno comportarsi come lui. Perché solo gli uomini sono feroci, e ciechi.
Che proposito sciocco, pensò la creatura, diventando anch’io come un uomo tornerei ad essere della sua specie. E leccandosi la ferita che non smetteva di sanguinare, per la prima volta si specchiò nel fiume…e vide ciò che era.
Nessuno poté scorgerla mentre lo faceva, e così tutti, soprattutto l’altro l’animale, continuarono a crederla un agnello, o un lupo.
Ma un bellissimo giorno, quella creatura volò via. Lasciò il bosco e non volò più indietro. Qualcuno disse che aveva visto un uccello.
Tanto tempo dopo, quando l’animale rimasto nel bosco era ormai vecchio, una mattina si svegliò e si rese conto di non essersi mai specchiato veramente. Piano piano, con estrema fatica, raggiunse la riva. E scoprì di avere le ali.
Ma non erano ali comuni.. erano così grandi, così bianche.
E si seppe così, la natura di quelle strane creature.
di Marta Bagnasco