La poesia Haiku
Settembre 3, 2001 in Giardinaggio da Redazione
Lasciatemi spendere alcune parole per illustrarvi questa piccolissima, ma estremamente profonda poesia, che si compone di soli tre versi con una metrica semplice e tassativa:
5 sillabe
7 sillabe
5 sillabe
Per noi Italiani, ridondanti e dispersivi, è molto difficile comporre gli haiku, ma non impossibile; molto più facile per gli anglosassoni e in latino, grazie a due linguaggi molto espressivi con poche parole, e naturalmente per i giapponesi, che nei loro ideogrammi esprimono concetti profondi con pochi tratti di penna.
Si può definire l’haiku un attimo di vita che diventa verso, una tessera di mosaico in cui il poeta suggerisce immagini, sensazioni ed emozioni in gran parte a carico della natura e dei suoi aspetti variegati.
L’origine storica dell’haiku risale al dodicesimo secolo quando divenne popolare lo haikai, un poema in versi di varia ispirazione composti da un gruppo di poeti che si riunivano in un ambiente tradizionale con pavimento di “tatami”, con porte di legno scorrevoli; e la loro nudità ben si confaceva allo spirito di queste riunioni.
Il poeta “maestro”, o chi veniva disegnato come iniziatore, cominciava collo scrivere un verso detto hokku, in tre righe di 5-7-5 sillabe, che rimaneva comunque il più importante e indipendente in quanto “tema”. Indi un secondo poeta aggiungeva in seconda successione un verso composto, questa volta di 7-7 sillabe, e si continuava così con alternata e simmetrica regolarità fino alla fine del poema.
Il primo sommo autore di haiku (haijin) fu Matsuo Basho, compositore e autore di hokku artistici, di poesia atta a esprimere, pur nella sua peculiare brevità,sentimenti delicati e profondi. Egli viaggiò a lungo in Giappone alla ricerca di un’autentica conoscenza e comprensione della natura; il diario che ha lasciato è in originale forma di haiku.
Un hokku, chiamato haiku solo più tardi da Shiki, deve conformarsi a due condizioni fondamentali: una quantità sillabica di diciassette, secondo un ritmo di 5-7-5, e la presenza di un kigo, termine il cui ruolo fondamentale era ed è fare preciso riferimento a una delle quattro stagioni.
Il consiglio di Basho è di “seguire la natura”, non certo intesa in modo antropomorfico, ma piuttosto vivente, secondo il pensiero buddista e il concetto della metempsicosi. L’animistica credenza che anche la pietra abbia il proprio spiritello (kami) e cresca da piccola (sazareishi) a grande (iwabo) entrò essa pure nel mondo dello haiku. Allo stesso modo continuò a vivere il concetto estetico della bellezza espresso nei testi antichi, come il Kojiki (712) e il Manyoshu dell’ottavo secolo, per cui non è bella solo la cosa perfetta, ma anche quella con qualche difetto. La luna, stupenda al plenilunio, è da ammirare anche nella fase calante o crescente.
L’arte, e dunque anche lo haiku quale espressione letteraria, deve saper cogliere nell’essenza il fascino raccolto di un evento minimo, semplice, naturale; saperne apprezzare la quiete, la non appariscenza, la modestia o la sottile,delicata tristezza, come indicano i noti termini di wabi e sabi (concetti che svilupperemo in seguito in modo più approfondito).
Dopo Basho, altri personaggi di primissimo piano calcarono la scena, come il pittore e poeta Yosa Buson e Koyabashi Issa, ma in seguito il classico haiku si andò pian piano depauperando di originalità, fino a quando nel 1896 un giovane critico, Masaoka Ishi, propugnò un rinnovamento profondo, dichiarandosi pronto a rispettare non il poeta, ma la singola opera, che per essere autentica arte doveva essere realistica. Con lui inizia l’epoca dello haiku moderno e contemporaneo, fedele alle regole tradizionali o alla ricerca di nuove vie, non ultima quella del verso libero.
Pubblichiamo oggi un solo haiku, antico e famoso. Nel prossimo articolo presenteremo alcuni dei più famosi haiku di antico stampo ed alcuni moderni, tra cui qualcuno di mia produzione.
Oi nureba
Hi no nagai ni mo
Namida kana.
[Kobayashi Issa]
Più numerose le primavere
più lunghi i dì
recano lacrime e lamenti.
di Gaijin Ronin