La Sicilia in cucina

Marzo 7, 2004 in Libri da Marinella Fugazza

ricette osteria sicilia

Ricette di Osterie e Genti di Sicilia, 166 ricette della più ricca cucina mediterranea – Slow Food Editore, pp. ; € 12,65

Il mio personale ricordo della regione protagonista di questa nuova pubblicazione di Slow Food è legato al viaggio che feci al termine della terza media, ospite della zia di una mia carissima amica nonché compagna di scuola. La diffidenza mi accompagnava: sicuramente non avrei mangiato nulla o ben poco, visto che da quelle parti si cucinava soprattutto il pesce ed io, da buona “polentona” settentrionale, avevo sempre rifiutato di nutrirmi con i prodotti della pesca che ogni tanto mia madre cercava di cucinare dignitosamente e propinare. Ma la fantastica cucina di zia Sarina mi ha fatto ricredere al punto di tornare a casa, dopo un mesetto di vacanza, con quattro chili in più variamente distribuiti nella mia figura ormai tondetta.

Purtroppo ciò ha scatenato un triste effetto contrario che si è accentuato sempre di più col passare degli anni: il pesce lo voglio mangiare soltanto in Sicilia, patria della mia iniziazione alla cucina marina.

Con una grande voracità e con un’abbondante acquolina in bocca (dettata anche da anni di arretrati) mi sono quindi gettata a leggere le ricette che compongono questo nuovo, intrigante e succulento libro: “Ricette di Osterie e Genti di Sicilia – 166 ricette della più ricca cucina mediterranea” (Slow Food Editore; euro 12,65).

Antipasti, primi, secondi, contorni e dolci messi in tavola ogni giorno da cuoche e cuochi professionisti, massaie, praticanti per hobby dell’arte dei fornelli. Quasi tutti sanno che a tavola la Norma è una pasta condita con salsa di pomodoro, melanzane fritte e ricotta stagionata; omonima del capolavoro del compositore catanese Vincenzo Bellini, è il piatto-bandiera della città etnea.

Conosciutissimi sono anche gli arancini, la caponata, le sarde a beccafico, il tonno alla ghiotta, il biancomangiare, la cassata, le “mitiche” granite. Ma chi sa cosa sono e come si preparano i cabbuci trapanasi, le tomasine medicane, il piscirovu, il pitaggiu girgintanu, la frascatula, la patacò, gli spaghetti alla cucunciata, il taganu di Aragona, il coniglio alla stimpirata, gli sgombri allardiati, la trippa all’olivetana, il facciuni, la giuggiulena, i minni di Sant’Agata, la testa di turco?

Come osserva nella prefazione Ignazio De Francisci, palermitano, magistrato ad Agrigento, ognuna di queste ricette ha alle spalle “una storia mai banale, una tradizione seria e una civiltà plurisecolare”. Insieme compongono il quadro, dinamico ed attuale, di una cucina che, per gli influssi subiti dalle molte dominazioni che nei millenni si sono avvicendate e sovrapposte in Trinacria, è forse la più variegata, ricca e complessa del Mediterraneo. Alcune delle ricette riportate nel volume risalgono alla colonizzazione greca: è il caso delle stigghiole, sorta di salsicce di interiora di agnello cotte alla brace. Alla conquista romana ci riporta invece il macco, un purè di fave secche aromatizzato con finocchio selvatico.

Il contrasto dolce/salato che accomuna molti piatti (dalle sarde a beccafico alla pasta c’anciova con acciughe, pangrattato, pinoli e uva sultanina) è tipico della cucina araba, che sulla gastronomia isolana ha esercitato l’influenza più caratterizzante e duratura. Al dominio musulmano si riallacciano – se non il cuscus, che potrebbe essere l’esito di contatti più recenti con i Paesi magrebini – molti dolci di tradizione, dalla cassata ai cannoli, dal torrone detto cubaita alle paste di mandorla.

Di radice normanna è invece l’arte nobile dello spiedo, imitata nelle classi popolari sostituendo la cacciagione con involtini di pesce o di verdura. Un involtino, la bruciuluna o farsumagru, porta anche un nome di derivazione francese, rollò, ma ha tutta l’opulenza della cucina affermatasi con il plurisecolare dominio spagnolo, nel trattamento “barocco” dei prodotti del Nuovo Mondo: patate, pomodori, peperoni, melanzane, zucca, cacao. Ne derivò un aggiornamento di specialità preesistenti, dalle paste casalinghe (i maccarruni, conditi a seconda delle zone con ragù di maiale, pecora o tonno, con broccoli o altre verdure) ai pesci.

Emblema dello “spagnolismo” culinario può essere considerata la caponata, ricchissima insalata agrodolce.

Ogni ricetta è accompagnata da istruzioni dettagliate ed attendibili per la preparazione casalinga dei piatti, seguite da commenti che riportano storia, aneddoti e curiosità: la sola lettura delle singole schede fa scivolare in un mondo quasi fiabesco in cui ci si lascia trascinare cullati da sapori ed odori inebrianti. Completa il libro uno sfiziosissimo capitolo “Sfinci e Sfizi” che si articola in due parti: la prima racconta ciò che si può trovare e mangiare per strada a Palermo, mentre la seconda riporta una serie di piatti di friggitoria o da forno caratteristici di altre zone della Sicilia. Entrati a far parte dell’anima gastronomica dell’isola, sono ormai diffusi un po’ ovunque e si possono trovare al tavolo del ristorante o al bancone dei chioschi e degli ambulanti.

di Marinella Fugazza