La zona cieca
Agosto 6, 2008 in Libri da Stefano Mola
Titolo: | La zona cieca |
Autore: | Chiara Gamberale |
Casa editrice: | Bompiani |
Prezzo: | € 16,00 |
Pagine: | 254 |
La zona cieca è tutto quello che gli altri colgono di noi ma che a noi (inevitabilmente e maledettamente) sfugge. E la zona cieca si fa (se possibile) ancora più scura proprio dove si concentra tutto quello che desideriamo dalla vita, ovvero, in un’unica parola ingombrante, l’amore (la più ingombrante, maneggiata, fraintesa di tutte le parole).
La protagonista di questo romanzo, che è valso (meritatamente) a Chiara Gamberale la cinquina del Premio Campiello 2008 si chiama Lidia e conduce una trasmissione radiofonica, Sentimentalisti anonimi. L’incontro con le infinite variazioni della parola di cui sopra è pertanto pane quotidiano. Particolarmente azzeccati e divertenti sono infatti i capitoli intermezzo, quelli in cui Lidia trascrive in presa diretta quanto le raccontano gli ascoltatori (un po’ come le coppie sul divano che inframezzano i capitoli della storia di Harry ti presento Sally, se vogliamo).
Lidia non è per nulla super partes. Non nel senso che prende posizione scorrettamente per l’una o l’altra delle voci che le arrivano dall’etere. Semplicemente, perché quanto a situazioni complicate non scherza per nulla. Dentro e fuori cliniche psichiatriche, rapporto difficile col cibo, ma soprattutto, con Lorenzo, fascinoso scrittore neo-decadente, neo-esistenziale, neo-narcisista, refrattario per principio all’impegno, donnaiolo quasi per distrazione, bugiardo, incline alla frequentazione del suo buco nero interiore.
Il libro è quindi la storia del rapporto tra Lidia e Lorenzo, dell’incrollabile ostinazione di lei che crede ciecamente (avverbio necessario) nella possibilità di una storia duratura. Questo nonostante lui a più riprese, con perversa casuale cattiveria cerchi di allontanarla, o dica cose come queste:
Voglio stare vicino a te per tutta la vita, ma non come un uomo che deve prendersi le sue responsabilità, voglio stare vicino a te come una sveglia rotta, ecco, che però tu continui a tenere sul tuo comodino e non riesci a buttare perché te l’ha regalata una persona cara. [pag. 133]
Il fatto è che a volte l’incontro con il disordine altrui ci aiuta a riconoscere il nostro. Il sentire di aver messo i piedi nello stesso pantano ci avvicina, cosa che deve essere poi in fondo il meccanismo di cose tipo gli alcolisti anonimi. Infatti Lidia pensa: So benissimo che mai nessuno mi raggiungerà dove mi ha raggiunto lui. [pag. 183]
Ho usato un tono volutamente leggero, ma credo che questo romanzo tocchi profondamente questa modalità di interazione degli esseri umani. Tono leggero anche perché uno dei pregi di questo libro è proprio la capacità di avere un tocco brillante sfiorando talora la commozione. Parlare con leggerezza di cose serie è (per me) sempre una grande qualità.
Al tempo stesso Chiara Gamberale sa raccontare il nostro presente, e una certa generazione. Quelli che stanno all’interno di una fascia che comincia intorno ai trenta e non si capisce ancora se finirà mai. Quelli che si aggirano senza un obiettivo preciso, quelli che la famiglia è solo una delle vaghe opzioni possibili, o forse nemmeno un’opzione. Quelli dispersi che cercano di capire che cosa provano, o se provano qualcosa.
Insomma, non è che quelli (o forse sarebbe meglio dire noi) siano una novità nella storia del mondo. Eppure probabilmente adesso lo spazio delle relazioni diventa sempre più indefinito e bianco.
Che cosa succeda poi di Lorenzo e di Lidia non sta a me raccontarlo. Farete bene a scoprirlo da soli, leggendo, cosa che consiglio caldamente di fare.
di Stefano Mola