L’amore spaccato
Ottobre 16, 2012 in Libri da Benedetta Gigli
Titolo | L’amore spaccato |
Autori | Luca Martini, Carla Sermasi Calvi |
Editore | Incontri Editrice |
Pagine | 135 |
Prezzo | 12,00 € |
Se dovessi scegliere un sottofondo alla lettura di questo libro, vorrei Le onde di Ludovico Einaudi: una musica malinconica e profonda che ti fa viaggiare, una di quelle che ascolti seduta sulla spiaggia d’inverno, mentre pensi a dove finisce tutto quel mare.
Luca Martini e Carla Sermasi Calvi, con originalità e uno stile notevole che non scivola verso il banale e il retorico, scrivono quattro storie, anzi quattro Atti, che mettono in scena l’amore, quello impossibile, quello che non può essere a causa del destino o dell’agire umano.
La luna di formaggio è l’intreccio di tre storie i cui protagonisti sono interconnessi tra di loro, pur essendo molto distanti. La maestra Elvira, Ernesto e la contessa Rita Calvini, si muovono sulla scena con un fardello di dolore e di rimpianti, esprimendo la tristezza dell’ amore che non può essere più vissuto, qualunque sia la causa: “non me ne importa niente di quello che sto pensando ora. Non me ne importa niente di Madama. Di mio padre. Mi manchi, Fausto. Tutte le mattine. Tutti i giorni. Tutti i giorni sono un vomito”.
Ne Il resto è silenzio Manuel e Claudia, attori porno che, per colpa del loro lavoro, hanno perso l’ intimità, l’affinità sessuale di coppia, riducendosi a sole carezze e coccole che fanno sembrare il loro rapporto estremamente stanco e consumato: “per noi l’amore è questo, sono le carezze, i baci, lo stare insieme vicini, capire i pensieri, dividere le speranze”.
L’amore seduto è la storia di Manuela, che attraverso l’alternanza di scene reali e oniriche, racconta il suo rapporto con una madre fedifraga e un padre scappato per la delusione: “l’unica cosa vera per me è questo mondo che mi sono creata. Il mio mondo, il mio bellissimo mondo di bambagia”.
Tutto quello che voglio è il monologo di una donna depressa che finge di parlare al marito, incapace di capire il suo stato d’animo. Un flusso di
coscienza che risucchia il lettore nelle sabbie mobili di uno spleen incurabile e senza scampo: “bella invenzione, la depressione, sì, la malattia del secolo, potresti mangiarla tu, digerirla e poi vomitarla al posto mio, buttarla dentro il cesso, con tutte le ansie, i problemi, i tremori, vomitarla al posto mio per farmi guarire e liberarmi di tutto”.