Le città di Gabriele Basilico
Settembre 27, 2002 in Arte da Sonia Gallesio
La città è un essere vivente. E’ un organismo che respira e si espande sopra di noi come un mantello protettivo che ci abbraccia e ci confonde allo stesso tempo. […] Mi ossessiona un bisogno costante di conoscere la sua corporeità […]. La città mi usa, mi abita…
[Gabriele Basilico, 1999]
L’esercizio dello sguardo è una forma di conoscenza. Io vorrei prolungarlo all’infinito. Poi mi accorgo che questo è sovrumano…
[Gabriele Basilico, 1990]
[…] La fotografia, forse, è lo strumento per recuperare un possibile, eventuale rapporto originario e perduto con il mondo e con l’esistenza stessa; è ciò che può costituire un tramite fra il proprio corpo e il corpo primo e misterioso da cui veniamo: la madre, la terra…
[Roberta Valtorta, testo tratto dal catalogo GAM]
Dopo l’ampia retrospettiva dedicata a Mimmo Jodice nel 2001 e la recente esposizione di Nino Migliori a Villa Remmert (Ciriè), la GAM continua ad occuparsi con successo di eccellente arte fotografica. Fino al 20 ottobre infatti, nella sala mostre temporanee, saranno esposte circa 120 immagini, di diverso formato, realizzate dal noto Gabriele Basilico. Emozione e ricettività possono convivere con progettazione e pianificazione? Nell’opera dell’amato fotografo milanese sì, e in perfetto equilibrio anche! In effetti, l’approccio sistematico e l’attento studio di ogni possibile agente sono aspetti peculiari della sua professionalità, unitamente alla scelta di non ritrarre, escludendo alcuni rari casi, le persone. Determinante, inoltre, è l’organizzazione della produzione in cicli – favorita dall’omogeneità che caratterizza gli scatti appartenenti alle distinte serie ma, soprattutto, che lega queste ultime fra loro, seguendo un percorso documentaristico incentrato, quasi totalmente, sulla realtà urbana. Proposito, costanza, elaborazione concettuale e programmazione: gli strumenti che l’artista ha scelto per sé assumono la valenza di formule alchemiche in grado di canalizzare istinto ed intuizione e generare un’immagine entro la quale tutto funziona alla perfezione. Basilico, metodico ed attento, come un segugio che perlustra l’urbe scandagliando lo spazio edificato, non ricerca occasioni da cogliere con prontezza o scene irripetibili da catturare: sceglie con grande scrupolo i soggetti e le inquadrature, riproducendo una contemporaneità innegabilmente in mutamento, ma di fatto materializzata in icone che hanno finestre, fondamenta, scale e piani – impregnatasi nel tessuto metropolitano ed assorbita dai progetti concreti realizzati dall’uomo. Le sue fotografie palesano la reciprocità, l’interazione che esiste fra mente e territorio: poiché l’intelletto lo ha modificato e strutturato, ma anche perché la coscienza di ogni pensatore ricettivo ‘sente’ il luogo, ne è attratta, anela a comprenderne verità e segreti.
In un periodo in cui un neologismo come “globalizzazione” non fa in tempo ad essere coniato che già risulta inflazionato, Basilico racconta – con in sé un po’ dello storico, dell’antropologo e del sociologo – le svariate contaminazioni tra le realtà urbane, che in verità – almeno in parte – ci rassicurano, ma allo stesso tempo testimonia la loro diversità mostrando dettagli tipici e riconoscibili, segni distintivi specifici. Un punto di vista interessante, emerso grazie al suo lavoro, considera la città alla stregua di un “manufatto umano” e, dunque, documento traducibile e decifrabile del progresso, reperto della modernità, traccia di un vissuto sia ideologico che concreto. E’ prevalentemente la società post-industriale ad essere raccontata attraverso le incisive immagini del maestro, penetranti anche quando apparentemente ordinarie. Perché nulla di banale potrà mai esserci nell’acuta analisi di un percorso umano, o nello studio dell’evoluzione, nella sentita enunciazione di un credo trasformato in metaforici scrigni di cemento o mattoni. L’anonimato, del resto, è reale e determinante come il silenzio o l’apparente fissità. Ma il ritratto fedele dello spirito dell’urbe, che ha tanti volti quante città popolano la terra, non può essere tale senza che vengano narrate anche le forme più audaci e grintose (serie dedicata a Berlino) o ancora gli indimenticabili doni di un passato che è la nostra più poetica ricchezza (ciclo Roma e provincia antiqua). E così, gli stabilimenti ci appaiono come templi dell’era post-industriale (Milano, ritratti di fabbriche), circondati da tralicci e reti di fili dell’alta tensione, e ancora la bellezza dolorosa del disfacimento, a Beirut, lascia il campo ad una rinnovata necessità di risurrezione. Le immagini fotografiche di Basilico ci restituiscono architetture e scenografie che diventano teatro del vero, documentario in bianco e nero di un’epoca assoggettata ad un’inarrestabile metamorfosi. Eppure, la città non è solo figlia dell’uomo e del suo ingegno: è al contempo patria, casa, ma soprattutto genitrice, ventre materno. Per questo diventa così seducente esplorarne l’aspetto tangibile e morfologico: che indagare sulla ‘corporeità’ di un luogo possa equivalere a sfiorarne l’anima? Se con lo sguardo imparassimo ad ascoltare, taluni edifici potrebbero apparirci per come sono davvero: pulsanti di rinnovamento, pensiero, intenzione.
Gabriele Basilico
GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino
Via Magenta, 31 – 10128 Torino
Fino al 20 ottobre 2002
Orari: dalle 09.00 alle 19.00, lunedì chiuso
Ingresso: intero € 5,50; ridotto € 3,00
Per informazioni: 0114429518
di Sonia Gallesio