Le dolci tradizioni di Albertengo
Dicembre 26, 2001 in Enogastronomia da Redazione
Sulla nascita del panettone o pane farcito ci sono numerose leggende che ne fanno risalire l’origine al 1400 presso la corte milanese di Ludovico il Moro. Il Piemonte, però, nella storia del panettone ha una sua collocazione ben precisa, perché da noi è nato il panettone basso ricoperto d glassa croccante a base di nocciola tonda e gentile delle Langhe.
Proprio per approfondire la conoscenza di questo dolce natalizio abbiamo visitato un’azienda che ha costruito sulla sua produzione la storia di famiglia. Una famiglia di attenti panificatori con una tradizione lunga 300 anni, che dal 1950 è diventata Dolciaria e che dal 1988 è monoprodotto. Si tratta dell’Albertengo Panettoni di Torre S. Giorgio, un piccolo paese in provincia di Cuneo sulla statale per Saluzzo.
Subito siamo colpiti dal logo aziendale: è uno stemma, quello del Comune, e questo la dice lunga su come questa azienda sia radicata sul territorio. La storia di famiglia, nelle parole di Massimo Albertengo, si fonde, si confonde con quella del panettone in un gioco di ricordi, di successi, di esperimenti, di sogni.
Il protagonista è sempre lui: il panettone, curato e coccolato con straordinario impegno in tutti i suoi ingredienti. Una cura meticolosa viene dedicata alla scelta delle materie prime, abbastanza poche, ma altamente selezionate come pure a quella dei fornitori, sempre gli stessi da anni. Il legame stabilito con molti di loro ha contribuito non solo a creare un rapporto fiduciario e professionale, ma è stato lo stimolo ad una crescita reciproca.
L’entusiasmo del nostro anfitrione crea l’atmosfera del “c’era una volta”, anche se per noi è un “c’è adesso’ e visitando lo stabilimento vogliamo scoprire qualche dolce segreto. E’ vero, dobbiamo riconoscere che il nostro panettone scomposto in ingredienti è ben poca cosa: farina, burro, uova, zucchero e frutta candita tutti di ottima qualità, ma la fragranza chi la fornisce? Ed ecco il primo ed il piu’ importante dei segreti: il lievito.
Ogni giorno la lavorazione del panettone inizia con un pezzo di pasta lievitata (in gergo la madre) che viene conservata in un ambiente a temperatura ed umidità controllate. La madre è il ceppo che viene portato avanti da anni, ma che deve essere rinnovato ogni giorno e che va aggiunto alla farina, uova, burro e zucchero.
L’impasto bianco viene lasciato lievitare di notte per circa 12 ore. Prima di arrivare a quel vellutato amalgama finale, devono passare ancora parecchie ore e numerose altre operazioni. Solo dopo aver superato molti scrupolosi controlli, l’impasto finale può finalmente essere spezzato, arrotolato e depositato negli stampi per un’ulteriore lievitazione sui carrelli in un apposito locale per circa 8 ore. Una volta queste operazioni venivano eseguite a mano, oggi vengono impiegate delle macchine appositamente progettate.
Per il panettone Piemontese, prima della cottura occorre procedere alla glassatura, fatta con mandorle, nocciole, zucchero ed albume d’uovo, macinata con cilindri di pietra, secondo l’antica ricetta. E poi ‘in forno’: mediamente un panettone da un chilogrammo deve cuocere 60 minuti. A cottura ultimata, il dolce viene capovolto e messo a raffreddare per 8-10 ore a temperatura ambiente.
Il nostro gioiello è adesso pronto a ricevere la confezione, eseguita scrupolosamente a mano con utilizzo di carte e nastri diversi per ogni tipologia di prodotto, ma sempre di estrema eleganza, in modo da far ancor più desiderare la piacevolozza del sapore contenuto.
Con l’evolversi del gusto anche il panettone si trasforma, ma per questa azienda il legame con la tradizione rimane molto stretto ed al posto delle audaci farciture modaiole, troviamo un gradevole ed armoioso panettone al moscato delicatamente impastato con le profumate uve di S. Stefano Belbo.
Non dobbiamo stupirci se questo sensazionale dolce allieterà le tavole natalizie di buongustai dall’Europa alla Nuova Zelanda, passando per il Giappone e gli Stati Uniti.
di Piera Genta