Leone d’Oro di Venezia 69 al coreano Kim Ki-duk
Settembre 17, 2012 in Cinema, Net Journal, Primo Piano da Pierluigi Capra
Come molti avevano previsto il Leone d’oro per il miglior film in Mostra a Venezia 2012, se lo è aggiudicato il regista coreano Kim Ki-duk che, in modo del tutto imprevisto e inusuale, ha intonato un canto di ringraziamento durante la cerimonia di premiazione. Si trattava di Arirang, una canzone coreana che parla della bellezza della campagna. “È un brano che noi coreani cantiamo quando ci sentiamo tristi, ma anche quando siamo felici. La tristezza e la felicità sono curve dell’andamento della
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vita” ha spiegato lo stesso regista.Il suo film, Pietà al momento della proiezione aveva incontrato giudizi contrastanti. Kim Ki-duk o lo si ama in modo viscerale o lo si disistima come autore inguardabile. Evidentemente la giuria, presieduta dal grande regista americano Michel Mann appartiene alla prima categoria.Il regista Giovanni Veronesi, invece alla seconda. Ha infatti esclamato “Io non ne posso più dei film coreani, che saranno molto belli, ma mi hanno rotto le palle”.Anche Ermanno Olmi non è certo tra i suoi ammiratori, infatti ha confidato in privato ad alcuni amici, che il film non gli è piaciuto e che, se fosse stato lui il Presidente della Giuria, il Leone d’Oro non l’avrebbe vinto.Pietà è un lavoro crudo e drammatico per i temi affrontati, racconta la storia di un feroce strozzino-usuraio capace di ogni crudeltà pur di riscuotere i crediti, che troverà redenzione incontrando la presunta madre. Infatti quando questo losco figuro incontra una donna che dice di essere sua madre, anche per lui inizia un percorso positivo di redenzione e affiora anche nel suo animo diabolico il bisogno d’amore. In realtà la donna non è veramente sua madre, ma intanto in lui qualcosa è comunque cambiato in positivo.Ambientato in uno storico quartiere di Seul è un dramma al veleno sulla società moderna malata di cupidigia e schiava del consumismo. Il regista non odia il denaro in sé, ma l’uso perverso che se ne fa e ritiene che l’avidità di denaro, sia il motivo della maggior parte degli episodi spiacevoli che accadono nella vita di ognuno di noi. Le storie violente hanno da sempre caratterizzato il cinema di Ki-duk e anche Pietà non fa eccezione. Kim ci spiega che la violenza nel film è l’unico modo per metter in evidenza la luce della bontà, come il nero, per contrasto, serve per far risaltare il bianco.E’ un film nel quale si trattano molti temi e si mettono insieme tante cose: il denaro e la vendetta, il perdono e la pietà, la maternità, i valori del Cattolicesimo e la realtà profonda del dolore che accomuna tutto il mondo e trae ispirazione proprio dal dolore della Madonna che tiene in braccio Gesù morto in croce, celebrato dalla Pietà di Michelangelo. Il critico Paolo Mereghetti parla di “film discutibile”, non il migliore del regista coreano, ma di certo stimolante “con una carica di violenza fisica e psicologica unita ad un’alta spiritualità”.A chi criticava Pietà per la mancanza di cura in alcuni dettagli, Kim Ki-duk ha risposto in conferenza stampa con garbo e con umiltà, senza rimanere piccato dai giudizi negativi, dimostrando anche apprezzabili doti umane. Kim Ki-duk, classe 1960, nasce a Bonghwa nella Corea del Sud, si trasferisce a Seul con la sua famiglia a nove anni.Attraversa crisi religiose e vuol diventare predicatore. Poi nel 1990 abbandona la Corea e si trasferisce a Parigi. Muove i primi passi nel cinema come sceneggiatore e debutta con la regia nel 1996 con il film Crocodile. Nel 2000 partecipa alla Mostra di Venezia con il film L’isola e desta notevole scalpore per il suo personalissimo modo di affrontare le tematiche contemporanee.Nelle sale italiane non lo conosce ancora nessuno poiché il primo film che viene tradotto in italiano è del 2003: Primavera, estate, autunno, inverno… e ancora primavera.Il suo film successivo è La samaritana, che si aggiudica L’Orso d’Argento in concorso al Festival di Berlino nel 2004.Poi con Ferro 3 – La casa vuota vince il Leone d’Argento – Premio speciale per la regia alla Mostra di Venezia del 2004.E’ proprio un regista da rassegne cinematografiche Kim Ki-duk, poiché con il film L’arco, è presente anche al Festival di Cannes nel 2005.
Nella foto (di Corrado Corradi) il regista Kim Ki-duk con Cho Ming-soo l’attrice protagonista
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e l’attore Kang-do.