Ligabue: genio e follia
Ottobre 27, 2002 in Arte da Sonia Gallesio
Nella valutazione di molti non c’è dubbio che Ligabue abbia incarnato quel genio artistico del popolo, meglio ancora il genio contadino, che il gusto romantico aveva riabilitato e idolatrato, un genio che nella sua assoluta istintività, nella sua arcaica complicità con la natura, è in grado di inserirsi a pieno titolo nell’arte contemporanea, proponendo un linguaggio figurativo che parla di cose semplici a persone altrettanto semplici.
[Vittorio Sgarbi, testo critico dal catalogo Electa]
Tristemente noto per via di un’esistenza afflitta da strazianti circostanze, Antonio Ligabue fu costretto fin dai primi anni di vita ad affrontare incresciosi accadimenti e a conoscere disagio ed emarginazione. Ignaro dell’identità del padre, venne adottato da una famiglia svizzera per poi passare da un collegio per ragazzi handicappati ad una clinica psichiatrica. Dopo l’espulsione dallo stato che lo aveva accolto, si ritrovò a vivere in Italia da vagabondo – tra stenti e miseria. Nonostante le dolorose vicissitudini, Ligabue continuò a dipingere e a creare piccole sculture con l’argilla e proprio grazie alle sua perseveranza fu presto notato. Per merito dell’attivo contributo di Marino Mazzacurati e di Cesare Zavattini, la sua opera venne via via apprezzata da critica e pubblico, fino al raggiungimento di una fama più che discreta.
L’inquietudine, lo smarrimento e la follia caratterizzarono in modo incisivo il cammino di Ligabue: dallo stato mentale dissociato, si racconta che dipingesse spesso in riva al Po e che di frequente si abbandonasse a strane danze, mimando i movimenti degli animali ed emettendo versi e urla, agitandosi nel fango ed imbrattandosi dei colori con i quali lavorava. Quasi possiamo immaginarlo mentre plasmava le sue opere con foga, ardore, slancio. L’arte di Ligabue, per sempre viva, è selvatica e selvaggia: ha il sapore della terra, del sangue, del coraggio. Le composizioni alle quali diede origine sono aggressive ma non stridenti, tumultuose e tuttavia in equilibrio. La sua pittura – istintiva, passionale, irruente – riporta in superficie un vecchio quesito irrisolto: qual è, in realtà, il limite tra genialità e pazzia?
La rivincita della disconoscenza
di Sonia Gallesio