L’opera di Richard Wagner Die fliegende Holländer (L’Olandese Volante)
Ottobre 16, 2012 in Net Journal, Spettacoli da Marcella Trapani
L’Olandese Volante al Teatro Regio diretta dal maestro Gianandrea Noseda ha inaugurato la nuova stagione del Teatro Regio: un eccellente esempio della creatività del regista Willy Decker unita alla bravura dei cantanti Mark S. Doss, Adrianne Pieczonka e alla maestrìa di Gianandea Noseda, del coro e dell’orchestra del teatro.
Lo spettacolo a cui abbiamo assistito al Teatro Regio ci
ha colpito per vari elementi, tutti notevoli. Uno naturalmente è stato la padronanza e il timbro vocale dei cantanti, tra i quali vogliamo citare il protagonista maschile nei panni dell’Olandese del titolo, Mark S. Doss, baritono statunitense di colore che predilige ruoli verdiani e wagneriani.
Ma il vero protagonista del racconto e dell’azione (poca) scenica è il personaggio femminile dell’opera, Senta, interpretato da Adrianne Pieczonka. La signora Pieczonka, soprano canadese di grande versatilità, ha saputo conferire a Senta gli accenti drammatici richiesti dal libretto e lo spessore psicologico della donna.
Come ha scritto giustamente il critico Alberto Mattioli, l’opera potrebbe essere letta come il tumulto interiore di Senta che è ossessionata fin dalla sua apparizione in scena dalla ricerca di un “altrove” rispetto alla sua vita quotidiana, qualcosa di insondabile e di più alto. L’eroina è stata spesso considerata dalla critica come una donna isterica tout cour, ma in realtà ci sembra che nell’allestimento proposto da Decker il suo ruolo sia piuttosto quello di un’ansiosa ricercatrice di “qualcosa di meglio” che nel suo caso, si esplica nell’insondabile e nel soprannaturale, incarnato dall’uomo misterioso e maledetto che deve essere redento.
La chiave di lettura moderna di quest’opera e della donna che ne è al centro offre numerosi spunti di riflessione anche sul rapporto uomo-donna, amore-denaro, condizionamenti-libertà. Da un lato l’aspirazione al
soprannaturale di Senta, dall’altro le esigenze economiche di suo padre Daland, personaggio quasi da opera buffa (nell’eccellente interpretazione di Steven Humes) che non esita a promettere in sposa la sua unica figlia (“il mio orgoglio, il maggior dei miei beni, il mio conforto nella sventura…”), dinanzi al fascino delle ricchezze dell’Olandese, senza nulla sapere di lui.
Inoltre l’ansia di redenzione di Senta nei confronti di un uomo che ancora nemmeno ha mai visto sembra quasi rispondere al modernissimo equivoco femminile di innamorarsi
dell’uomo “maledetto”, condannandosi da sola all’infelicità.
Un altro elemento notevole dello spettacolo che ha inaugurato la stagione torinese è senza dubbio la scenografia, volutamente essenziale ma molto suggestiva, a cominciare dalla prima scena con un grande quadro di mare in tempesta (ad evocare l’ambiente marino che non si può riprodurre in scena in tutta la sua immensità), dinanzi al quale sta una fanciulla che osserva un ritratto. Il tutto all’interno di una cornice come fosse un quadro nel quadro dove la ragazza, che poi apprenderemo essere Senta, osserva il primo quadro e noi, gli spettatori, osserviamo il quadro nel quadro.
Più di una frase va spesa per l’Orchestra del Regio e per il suo direttore, il maestro Gianandrea Noseda, che nella sua scelta di inaugurare la nuova Stagione con questo spettacolo ha veramente conferito un ulteriore afflato internazionale di alto livello al programma del Regio. Oltre a sostenere un autentico tour de force musicale con un’esecuzione di quasi tre ore senza intervallo, eseguita in un atto unico, “come fosse un’unica colata di ghisa, perché la concezione originale di Willy Decker lo prevede” (secondo le stesse parole del maestro).
Infine, ma non ultimo, va menzionato il Coro del Teatro Regio diretto magistralmente dal maestro Claudio Fenoglio. Il coro costituisce un altro personaggio della vicenda, nelle figure dei marinai della nave di Dalan e delle filatrici che assistono Senta nel suo delirio e fanno da pendant alla sua Ballata al principio dell’opera.