Luigi Grechi al Folk Club

Ottobre 30, 2003 in Spettacoli da Gino Steiner Strippoli

Luigi GrechiQuando Luigi Grechi nel 1990 presenta, a più etichette discografiche, il suo nastro contenente “Il Bandito e il campione” si ritrova con molti rifiuti: la canzone, a breve poi famosa e celebrata, viene infatti giudicata troppo intellettuale e di scarso interesse per il pubblico. Finché un bel giorno di tre anni dopo il “Principe”, Francesco De Gregori, decide di reinciderla, con un ritmo più veloce rispetto all’originale. Il brano diventa il traino per un disco che venderà 450.000 copie e per lo sconosciuto Luigi Grechi è la consacrazione nel cantautorato italiano, un attesa durata ben 28 anni.

Il 1993 lo vede vincitore del Premio Tenco per “Il Bandito e il Campione”. Il “nostro”, chansonnier antidivo, è però cantautore sin dagli anni ’70, nella bella piazza di Spagna romana, dove leggeva anche i tarocchi per i passanti! Arriverà poi il primo album intitolato “Accusato di libertà”. Il disco contiene dei pezzi importanti che diverranno pilastri del repertorio di Grechi, come ad esempio “Il mio cappotto”, ma anche “Buonanotte Nina”, l’unica registrazione di una canzone giovanile di Francesco De Gregori, suo fratello.

Proprio così, i nostri son fratellissimi e tutti e due si chiamano De Gregori. Luigi ha scelto il cognome materno per affrontare il mondo della musica, ma i due collaborano insieme da sempre. Ad esempio, nel secondo magnifico album di Luigi, uscito nel 1977, ci sono due brani inediti del “Principe” Francesco (“Rosso corallo” e “La strada è fiorita”). In “Come state”, album del 1979, c’è l’intensa “Dublino” scritta a due mani dai fratelli De Gregori ed ancora nel 1987, dopo un lungo silenzio, Grechi esce allo scoperto con un disco, “Dromomania”, prodotto da De Gregori, pieno di atmosfere country.

Un connubio, quello di Grechi-De Gregori, che è rimasto per tanto tempo nell’anonimato, fino, per l’appunto, al 1993 con “Il bandito e il campione”. Adesso Luigi Grechi è molto popolare, ma è rimasto sempre lo stesso antidivo d’autore. Il suo ultimo album “Pastore di nuvole” è un lavoro eccellente che vaga nelle atmosfere country & western, con richiami Dylaniani: ad esempio il “Fuoco e la danza” riportano a memorie legate a “Pat Garret and Billy The Kid” e a “Desire”.

Luigi Grechi proporrà il suo nuovo disco in concerto, insieme al meglio della sua produzione, questa sera, 30 ottobre, al Folk Club di Torino, in via Perrone 3, alle ore 22.30. Decisamente interessante sarà ascoltare dal vivo l’intensa versione di un brano di Tom Russel e Peter Case (“Ma che vuoi da me”), poi toccherà alla divertente “Eccolo lo stronzo” dove Luigi prende in giro se stesso e la sua propensione per un immagine country & western. Riflessivo, invece, nell’omonimo brano che dà il titolo al suo ultimo album, con una sonorità degna colonna per un film.

Luigi Grechi, sei un cantautore che, da anonimo, è diventato popolare grazie al mondo del folk, che non hai mai abbandonato.

Sì, è vero, i miei dischi sono pieni di suoni acustici, di ballate e di canzoni narrative. Sono anche legato alla tradizione acustica americana, che mi ha sempre stimolato come, ad esempio, le ballate bluegrass, il blues e il country & western. Amo però la canzone francese e un grande come Fabrizio De Andrè.

Nel tuo ultimo album c’è anche il tempo per atmosfere tribali in una canzone dal sapore rock come “Diggerido”.

In questa canzone ho voluto parlare della nascita di un amore ai tempi della preistoria o in una tribù primitiva, in una festa del raccolto.

“Pastore di nuvole” è il tuo ottavo album.

E’ un album autoironico ma anche provocatorio. La prima canzone “Eccolo lo stronzo” è un brano divertente, che definirei da pagliaccio, poi arrivano con le altre canzoni anche le tematiche serie.

Sei arrivato alla popolarità con “Il bandito e il campione”, canzone che hai ceduto, come diritti, a tuo fratello Francesco.

Questa canzone l’avevo incisa su un nastro che Francesco ha sentito:

era piaciuta subito molto. A quel punto Francesco l’ha trasformata velocizzandone il ritmo rispetto all’originale.

Cosa hai provato quando hai vinto il Premio Tenco?

Per me che non sono un vero musicista, ma un innamorato della musica è stato un grande onore.

Le tue canzoni narrano storie di personaggi quasi sempre perdenti…

Io più che perdenti li chiamerei eroi della vita quotidiana: è più interessante raccontare di loro piuttosto che di coloro che raggiungono il successo attraverso le regole del gioco.

di Gino Steiner Strippoli