Lungo la strada scritta
Ottobre 25, 2004 in Libri da Sandra Origliasso
Le esperienze di scrittura collettiva dovrebbero mettere a confronto modi di sentire diversi. Atteggiamento, questo, che tende ad acuirsi quando la tematica è così ampia come un paesaggio. Nel libro “Lungo la strada scritta” (Fernandel), il soggetto principale delle riflessioni degli scrittori, nuovi e veterani, è San Lazzaro di Savena della provincia di Bologna. Zona di confine fra una civiltà pienamente industriale e quella agricola, il territorio si presta a un percorso di narrazioni molto eterogeneo, come appare dal volume. L’iniziativa è partita dal laboratorio di scrittura Grafio nato nel 2001 per iniziativa di Gianni Cascone il cui saggio, posto alla fine del volume, cerca di legare fra loro le diverse manifestazioni di scrittura che vanno dalla poesia al racconto o al semplice resoconto di fatti vissuti. Tuttavia, la produzione di questo lavoro, che è bene definire “antologia”, è stata possibile grazie alla collaborazione dell’assessore della cultura di San Lazzaro, Alberto Piras, che scrive nell’introduzione “ Utilizzare uno strumento ricchissimo di suggestione come la scrittura può diventare un sussidio per chi deve pianificare scelte territoriali”. Una soddisfazione condivisa anche dal sindaco Aldo Bacchiocchi che ha dichiarato: “In Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi si parla, con grande acutezza, della civiltà comunale che persisteva nonostante il fascismo e la miseria. Anche oggi, in condizioni mutate, storditi come siamo da frastuono mediatico, c’è da riscoprire la civiltà comunale”. Chi pubblica questi lavori, infine, si pone come tramite fra un territorio e una molteplicità di altri territori. Ma perché pubblicare un’opera collettiva? Per capire i motivi di una tale scelta editoriale abbiamo intervistato l’editore Giorgio Pozzi di Fernandel.
Non è la prima volta che Fernandel affronta un libro scritto a più mani. Cosa vi ha spinto a ripetere l’esperienza accettando la scommessa del laboratorio di scrittura Grafio?
Il libro “Lungo la strada scritta” è il frutto di un laboratorio di scrittura volto a raccontare un territorio considerato di confine, marginale, di passaggio (di fatto San Lazzaro è “la porta della città” verso al mare). Fernandel ha lavorato a lungo, in passato, sul rapporto tra scrittura e territorio: penso all’antologia “Sconfinare. Il nord-est che non c’è” (1999), una raccolta di racconti di autori veneti sul concetto del nord-est, oppure all’antologia “Verso dove. Scritture di confine tra Bolzano e Trieste” (2003), una raccolta di testi sul senso di appartenenza a territori bilingui come il Sudtirolo o la Trieste slovena. In “Lungo la strada scritta”, ritorna la stessa problematica dell’appartenenza e del riconoscimento a un dato territorio, che è un tipo di ricerca comune all’esperienza dell’associazione Grafio, che ha promosso l’antologia.
Nell’introduzione Dario Voltolini scrive “il rapporto con i luoghi è uno dei pilastri della scrittura”. Quanto è importante per la vostra casa editrice il rapporto con il territorio?
Noi siamo interessati ad approfondire il rapporto che intercorre tra il territorio di appartenenza (o non appartenenza) e la scrittura, e credo che sia possibile adattare questo rapporto a molti contesti geografici e sociali. Sono convinto che ci sia una stretta correlazione tra i luoghi in cui viviamo e il nostro vissuto, in particolare se dal territorio emergono contraddizioni e attriti che inevitabilmente si tramutano in contrasti sociali. In questo caso la parola e il racconto rappresentano un’occasione di testimonianza.
Quale pubblico avete pensato nel dare alle stampe questo lavoro?
Abbiamo pensato ad un pubblico piuttosto eterogeneo, interessato al libro per una molteplicità di fattori: al lettore comune, specie quello che ama il paesaggio e il viaggio; all’amministratore locale che cerca di valorizzare il proprio territorio marginale e/o provinciale; alle scuole di scrittura, che trovano un modello applicato di come si possa coltivare il talento degli allievi; agli insegnanti, che possono trarre spunto per esercitazioni da proporre ai propri studenti (dalle elementari in su).
Intendete proporre, in futuro, altre esperienze di scrittura collettiva?
Io ci conterei, perché anche se si tratta di esperienze “anomale” in senso editoriale (spesso a questi testi è interessata una ristretta cerchia di persone), mi ha sempre divertito lavorare a questi libri, e quasi tutti si sono tramutati in un’occasione di arricchimento umano, a partire dal romanzo collettivo “Piovono storie” (2002), nel quale settanta persone provenienti dai quartieri degradati di Torino si sono riunite per dar vita a una storia.
di Sandra Origliasso