Manhattan Transfer, l’addio alle scene?!?
Settembre 30, 2001 in Musica da Gino Steiner Strippoli
Una lunghissima tournée per il canto del cigno dei Manhattan Transfer. E’ giunto il capolinea per il quartetto che fu il giusto proseguimento del celebre trio Lambert, Hendricks e Ross. La storia del vocalizzo jazz è passata anche dai Manhattan, e con loro anche un pezzo di storia della musica internazionale se ne va.
La loro esibizione al Parco della Pellerina, martedì 3 luglio scorso, per Extra festival Torino, è stata a dir poco entusiasmante, un concerto acustico, con la solita raffinatezza vocale che li ha resi celebri in tutto il mondo. Cheryl Bentyne, Janis Siegel, Tim Hauser e Alan Paul fin dall’inizio della loro carriera hanno rifiutato di limitarsi ad un unico genere di musica, spaziando con le loro armonie vocali tra tutti i generi musicali, coniugando swing, doo-woop e bossanova, R&B. Erano oltre 3mila persone ad accogliere i Manhattan, per il concerto torinese. Lo squisito gruppo vocale ha ripresentato al pubblico le atmosfere della grande canzone leggera americana degli anni quaranta e cinquanta, e non solo, corrette e vocalmente rifotografate in maniera moderna, ma senza tradirne lo spirito.
Quello che ne è uscito è una fusione, un coraggioso e sofisticatissimo tentativo che ha portato in tutti questi anni il jazz cantato verso un vasto pubblico. Veri e propri funamboli del “balletto vocale”, hanno entusiasmato con le loro estensioni vocal-strumentali. Adesso il gran finale, affidato all’addio più bello che si possa fare, ovvero attraverso concerti in tutto il mondo e un album dedicato a Louis Armstrong, intitiolato “The Spirit of St.Louis”: proprio i migliori regali che i magnifici quattro potessero fare al loro pubblico.
Ma sarà poi vero che da gennaio prossimo i Manhattan Trasfer non ci saranno più? Oppure è solo l’occasione per ricaricare le energie, magari per un anno, per poi rientrare in grande stile? Vedremo, anche perché la speranza è che un grande quartetto come il “nostro” non possa sparire nel nulla!
Portati dall’Aics, e da patron Ramella, ci siamo intrattenuti con Janis Siegel, simpaticissima artista.
Dopo questa tournée arriverà lo scioglimento, la fine dei Manhattan Transfer: come state vivendo questo momento?
Per noi è un momento di transizione e di tristezza, ma necessario dopo trent’anni di attività. E’ giusto che sia arrivato, per dare una svolta anche alla nostra carriera, che da adesso sarà solista. Sai, dopo tanti anni in giro per il mondo, in concerti, possiamo dirti che siamo stanchi di essere sempre in viaggio e vogliamo dedicare più tempo alle nostre famiglie, ai nostri figli, senza per questo abbandonare la musica, solo rendendola meno frenetica.
Ma tu, per esempio, cosa farai dopo questa tournée?
Ho già dei progetti, ad esempio sto finendo di preparare un album solista. Poi in autunno sarò in Italia in concerto. Il vostro paese è molto bello e la gente se ne intende di musica.
Quali sono stati i tuoi primi amori musicali?
Inizialmente non ascoltavo Jazz, questa musica mi è arrivata con l’unione della band. Io come ispirazione musicali mi sono sempre rifatta alla soul music, la black music, quella della Motown tanto per intenderci, con artisti come Aretha Franklin, Marvin Gaye, Diana Ross ed altri ancora.
Voi avete sempre spaziato la vostra armonia su più generi musicali, fino a dare anche ad un album il nome “Brasil”.
La musica che abbiamo cantato in questi anni è tutta unita da un unico filo conduttore che è il jazz e in questo contesto si è inserito anche il bossanova, poi la musica sudamericana, che a noi è sempre piaciuta.
Finiti i Manhattan vedi qualcuno all’orizzonte capace di prendere la vostra eredità?
No, non ho ancora sentito nessuno che possa “raccoglierci” musicalmente.
La vostra band ha inciso molti album, ce n’è uno in particolare che ti è più caro, che senti più tuo?
No, perché gli album per me sono dei figli cui vuoi bene a tutti allo stesso modo, non posso preferire nessuno: li amo e li sento tutti vicini a me.
Ma qual è il tuo personale significato che dai alla musica?
Per me è la connessione con la vita e con l’arte. E’ quasi come una religione e la vivo come un’entità superiore al di fuori di me.
Alla fine ci lasciamo con Janis che mi chiede: “ma qui a Torino, il “Bicerin” dove mi consigli di prenderlo?”.
di Gino Steiner Strippoli