Manon Lescaut
Gennaio 15, 2006 in Spettacoli da Stefano Mola
L’EVENTO
Debutta Martedì 17 Gennaio il nuovo allestimento del Teatro Regio di Manon Lescaut, primo vero grande trionfo di Giacomo Puccini proprio a Torino il 1° Febbraio del 1893: otto chiamate sul palco per il compositore di Lucca.
Nomi di gran richiamo. A cominciare dal debutto alla regia per l’attore Jean Reno, che si avvale della collaborazione di Didier Flamand, co-regista e lighting designer, Thierry Flamand, scenografo e Christian Gasc, costumista.
Sul podio, un enfant du pays, Evelino Pidò, immerso in un inteso periodo pucciniano: dopo una Tosca a Ginevra, eccolo al Regio non solo per Manon ma anche per la prossima Bohème.
Venendo al cast, doveroso e sentito augurio per Roberto Alagna. Il tenore, tra i fautori del coinvolgimento di Jean Reno, debilitato da problemi di salute, ha iniziato a partecipare alle prove ma dopo un malore in scena i medici hanno consigliato un periodo di riposo. La speranza di tutti è di poterlo presto nuovamente vedere in scena (segnaliamo a tal proposito che la recita del 20 Gennaio è stata annullata per l’impossibilità di sostituire Alagna il quella data; i possessori del biglietto possono rivolgersi al Regio per il rimborso del biglietto).
In ogni caso, nonostante il forfait di Alagna, i cantanti sono di rilievo assoluto. La sventata Manon sarà interpretata dall’avvenente soprano bulgaro Svetla Vassileva. L’appassionato e infelice Des Grieux sarà il tenore Antonello Palombi. Il gretto, classico, vecchio compratore di gioventù Geronte di Ravoir avrà la voce del basso Luigi Roni. L’ambiguo e colpevole Lescaut, fratello di Manon, sarà invece il baritono Vittorio Vitelli. Maestro del coro, come sempre Claudio Marino Moretti.
CHI È MANON?
Tutto parte dal racconto dell’abate Prevost: Histoire du chevalier des Grieux et de Manon Lescaut (che potete leggere qui, per intero, in francese), già musicato da Massenet e che Puccini dichiarò sanguignamente di voler riprendere all’italiana, con passione disperata.
Chi è Manon? Una (ovviamente) bellissima fanciulla che il padre ha inappellabilmente destinato al convento. Insieme all’ambiguo fratello, uomo di mondo nella peggior accezione del termine, giunge ad Amiens. Con loro ha viaggiato il tesoriere genreale Geronte di Ravoir che, come tutti i vecchi ricchi della tradizione è pronto a comprarsi una illusione di potenza e giovinezza. Quale miglior occasione di Manon? Perché non rapirla, salvandola dal cementificazione religiosa?
Ma appena Manon scende dalla carrozza, lo studente di filosofia (dimostrazione di come questa materia non aiuti a trovare la felicità) Des Grieux ne rimane folgorato (Donna non vidi mai simile a questa eccetera). Con la sua debordante (e a posteriori, rovinosa) emotività le fa provare i brividi di tutto quello che sta per perdere: l’ebbrezza dell’innamoramento, la consapevolezza del suo potere di giovane e bella donna, nonché il pericolo di essere rapita da un vecchio ricco (pericolo? e gli agi di una vita dorata?), eccetera. Grazie alla prontezza di Edmondo, amico di Des Grieux, sulla carrozza preparata per Geronte salgono appunto il nostro filosofo e Manon.
Fine atto primo, è già successo tutto. Resta una serie di passaggi matematici che portano con drammatica logica alla ineludibile tragedia. Chi è Manon? Perdonate il paradosso, ma il segreto di Manon sulla scena non si vede. È tutto nel cambio di scena tra il primo e il secondo atto. Cosa avviene nel segreto delle quinte? Possiamo (ed è qui il bello) solo immaginare. I due arrivano a Parigi. Vivono la passione (Ed io che m’ero avvezza/ a una carezza/ voluttuosa/ di labbra ardenti e d’infuocate braccia dirà più tardi la sventurata al fratello), ma probabilmente questa non si trasforma nella costruzione di un amore, non si ammonticchia un patrimonio sufficiente per affrontare gli (inevitabili) sacrifici. Forse nella testa di Manon c’è il tarlo di tutto quello che la sua bellezza potrebbe assicurarle: ori, stucchi, balli, bel mondo, gioielli. Noi tutto questo non lo vediamo. Sappiamo alla fine che, quando si apre il sipario sul secondo atto, Manon è tra gli agi di un immenso appartamento property of Geronte.
Non che qui si voglia assolvere in toto Manon. Ma siamo sicuri che Des Grieux non abbia colpe? Quest’uomo, masochisticamente monolitico nella sua cieca passione, riesce a pronunciare in tutta l’opera solo una frase contro Manon: Sì, sciagurata, la mia vendetta… (non lo sa che con l’innamoramento acritico non si va da nessuna parte?). Poche battute più in là cade di nuovo come una pera matura, riesce a inghiottire cose tipo: Questa/ non ti sembra una reggia/ non ti sembra una festa/ e d’ori e di colori?/ Tutto è per te. In altre parole, cornificato a fin di bene. Forse perché da solo non riusciva a trovarsi uno straccio di lavoro? Che cosa ha fatto Des Grieux? Ha provato almeno a lavare i piatti in un bistrot per comprarle un anello, almeno di bigiotteria? Non lo sappiamo. Il dubbio resta. Qui sta il bello del libretto, cui hanno messo mano tutti i librettisti del tempo (Ruggiero Leoncavallo, Marco Praga, Domenico Oliva, Luigi Illica, Giulio Ricordi), tanto che alla fine resta anonimo. Rispetto a tante altri, è secco, essenziale.
Manon è un dramma della debolezza. Debole è Manon che non ha saputo capire che cosa è veramente più importante per lei, se la passione in povertà o la ricchezza accanto allo sfiorito Geronte. Debole è Des Grieux, che si illude dietro un sogno sfiorato solo per un attimo, e che non riesce neanche a tirare un cazzotto al fratello di Manon, anzi forse ciecamente ignora il suo ruolo nella vicenda. Debole è il fratello Lescaut, uno Jago in miniatura, ma senza la sua grandezza nel male. In combutta dapprima con Geronte perché se sistema la sorella si sistema anche lui, poi maldestro aiutante di Des Grieux: non riesce nemmeno pagando a organizzare la fuga di lei dal carcere di Le Havre, prima che Manon venga deportata in America insieme a un campionario di donne di malaffare (la scena dell’imbarco sulla nave è tra le più belle e strazianti dell’opera). Debole è Geronte, che non riesce a rinunciare al surrogato di giovinezza in cui si rende ridicolo (si veda la scena del ballo), né a ritrovare grandezza rinunciando alla vendetta su Manon.
Insomma, a tutti manca un soldo per fare una lira, sono inadatti al loro ruolo, persi in sogni più o meno grandi. Il più grande di tutti, ovviamente e come sempre, l’amore. Potremmo giurare che se non finissero nell’ultimo atto in una situazione estrema, in un deserto senz’acqua, Manon e Des Grieux si giurerebbero eterna fedeltà? In fondo, l’urlo più vero e sincero di Manon è: No… non voglio morire. Un desiderio di vita che in tutta la sua vita non ha mai potuto esaudire, posto che ne abbia mai avuto un chiaro progetto.
Proprio per questo, non è forse modernissima, Manon? Venitemi a dire che l’opera è roba solo del passato, come se l’amore, qualunque cosa sia e in qualunque tempo sia avvenuto non ci parlasse, in ogni caso, di noi.
La musica di Puccini è invece per nulla debole, anzi emotivamente grandi
osa, una rilettura wagneriana della passionalità italiana. Sentimentale, nel senso che benissimo illustra Giangiorgio Satragni: La musica di Puccini è sentimentale nella misura in cui diviene scandaglio del sentimento, espressione dell’anima umana veicolando significati che la parola non vuole o non può dire: la drammaturgia del suono permette, così, la simultanea presenza di caratteri opposti o aggiunte rispetto a quanto il testo dice o la scena mostra (Manon Lescaut, Edizioni del Teatro Regio di Torino).
UN ASCOLTO ON LINE
Dal sito Opera Today è possibile ascoltare in streaming un’edizione live del 1966 a Buenos Aires, con Montserrat Caballé, Richard Tucker, Gian-Piero Mastromei, Ralph Telasko, Horacio Mastrango, Mario Verazzi, Nino Falzetti, Carmen Burello, Jose Nait, Walter Maddalena, Tulio Gagliardo. Chorus and Orchestra of the Teatro Colón, Buenos Aires. Dirige: Bruno Bartoletti.
CREDITS
Molti dei link citati in questo articolo provengono dal prezioso contributo di Simone Solinas: Segnalibri virtuali: quattro passi nella rete (sempre in Manon Lescaut, Edizioni del Teatro Regio di Torino).
RECITE
Sono ben 14, un primo blocco dal 17 al 29 Gennaio. Le ultime 4 nell’ambito delle Olimpiadi della Cultura.
PER INFORMAZIONI E VENDITA BIGLIETTI
Biglietteria del Teatro Regio, Piazza Castello 215
Tel. 011.8815.241/242
[email protected]
www.teatroregio.torino.it
di Stefano Mola