Marco & Mauro per Traspi.net
Gennaio 30, 2002 in Spettacoli da Momy
In occasione del nuovo spettacolo, ‘Ma dai! Madoi’, del duo tutto piemontese Marco & Mauro, abbiamo incontrato i due simpaticissimi protagonisti al Teatro Cardinal Massaia per una chiacchierata, rigorosamente in dialetto… (ma pubblicata tradotta!!).
I numeri vi stanno dando ragione; voi siete soddisfatti del feeling che si è creato con il pubblico in queste serate?
Si, siamo molto soddisfatti. In tutta sincerità non abbiamo trovato un pubblico eccessivamente di parte o troppo magnanimo. Ci è sembrato un pubblico giusto, dai non facili entusiasmi, ma dal calore molto… paterno. Insomma, sentiamo che il pubblico di Torino ci vuole veramente bene e questo ci fa sentire ancora più “a casa”. E poi sei serate, con sette repliche che hanno registrato il tutto “esaurito”, non ce lo aspettavamo proprio… Creare un nuovo spettacolo per dei cabarettisti è come un nuovo disco per un cantautore.
Generalmente cercate l’ispirazione isolati dal mondo o aspettate di assistere a degli episodi causali che vi aiutino?
Un po’ tutti e due. A volte l’idea è casuale e nasce da un’immagine, viaggiando in autostrada, osservando la gente, sentendo di cosa si parla di più, e a volte invece è frutto di quello che i fighi chiamano in gergo “brain storming”. Si parte cioè da un punto per arrivare chissà dove “sparandone” a più non posso.
Siete arrivati al successo anche grazie al dialetto piemontese, che poi nel corso degli anni avete un po’ abbandonato. In quest’ultimo spettacolo il dialetto è nuovamente il protagonista d’eccezione, come mai questo ritorno?
L’ultimo nostro spettacolo, in effetti, si chiama “AUT.MIN.RIC” ed è in Italiano, ma la nostra volontà è sempre stata quella di riprendere il piemontese appena possibile. Abbiamo iniziato a collaborare con Michele Di Mauro attraverso quello spettacolo e, vista la sua difficoltà a scrivere in lingua, ecco il perchè di un lavoro “di passaggio” in italiano. Il grande successo di “VIETATO TRAVERSARE I BINARI”e di “PIEMONTESIA” ci ha però aperto definitivamente gli occhi su quale desiderio ci sia ancora di ascoltare testi in dialetto, anche se inevitabilmente “contaminati” dalla attuale multi etnicità di Torino. E cosi’ siamo tornati con un testo “un po’ e un po’”, parlando ai Piemontesi e “strizzando l’occhio” a chi piemontese non è.
Non avete paura che i ‘falsi piemontesi’ che prendete bonariamente in giro oscurino i piemontesi doc., lasciandovi così senza un pubblico in grado di apprezzare le innumerevoli sfumature del nostro dialetto?
No. Ormai l’integrazione esiste e vediamo un pubblico veramente misto. Anziani che ridono di gusto per una mamma piemontese preoccupata e rompiballe per un figlio che non si sposa, in cui riconoscono la moglie o la propria mamma…, ma anche gente del sud che ride per sentirsi parte di un mondo che conoscono molto bene. Persone di Torino che ridono per un dialetto storpiato e immigrati che scherzano su loro stessi e riconoscono le nostre maniere e i nostri perbenismi. La gente ride e spesso non ci interessa chiederci perché lo faccia…
Voi siete del Toro, e non fate nulla per nasconderlo, anzi…, eppure riuscite a far ridere anche il pubblico juventino: allora siete bravi davvero?
E’ forse la nostra sfacciataggine che ci porta a non essere antipatici ai cugini. Lo “sfottò” è il sale del tifo perché non ha nessuna violenza di fondo. Noi granata poi… siamo un po’ sanguigni da quel lato e a volte “godiamo” per situazioni che loro vorrebbero considerare di routine e di poca importanza, ma che non riescono a vivere come tali… (vedi derby…)! Noi sappiamo di rischiare un po’, ma fino ad oggi ci è andata bene…quindi, perché smettere?
E’ difficile creare una comicità non politicizzata?
No. E’ per noi più difficile pensare di crearla di parte. Amiamo fare ridere con le cose di tutti i giorni e non abbiamo la presunzione di insegnare niente a nessuno. Sentiamo che la gente vuole ridere e non pensare troppo a perché lo fa. E se ogni tanto riusciamo anche a commuoverla o farla sognare un po’, ci sentiamo anche più contenti.
Raccontateci un episodio curioso di questo nuovo debutto.
Niente di particolarmente comico, ma di piacevole sì. Abbiamo iniziato un nuovo rapporto di lavoro e di inevitabile amicizia con un chitarrista di grande valore tecnico e di grande spessore personale che si chiama Franco Rapillo, più conosciuto dal pubblico torinese come Cico Moreno. Lui suona con noi nello spettacolo “Ma dai…? Madoi!” e ha creato alcune canzoni che cantiamo durante lo show. Amiamo dire che ci ha dato quella “rotondità” che ci mancava per fare un qualche cosa che non fosse solo basato su scenette comiche, ma che contemplasse anche la nostra seconda passione: quella del canto. La collaborazione ha portato quella novità che il pubblico ha dimostrato di apprezzare molto e che speriamo porti ad altri successi come quello che sta avendo “Ma dai…? Madoi!”
di Monica Mautino