Nuova grammatica finlandese
Settembre 16, 2001 in Libri da Stefano Mola
Diego Marani, “Nuova grammatica finlandese”, Bompiani, pp. 205, Lire 25.000
Seconda guerra mondiale, settembre 1943. Sulla nave ospedale tedesca Tübingen, ancorata nel porto di Trieste, viene ricoverato un uomo, ferito gravemente alla testa. Ha perso la memoria e non è in grado di parlare. Veste una giubba da marinaio con un’etichetta: “Sampo Karjalainen” e ha con sé soltanto un fazzoletto con le iniziali S. K. Il medico finlandese Peter Friari, in servizio sulla nave, presume erroneamente sulla base di questi indizi che l’uomo sia anch’egli finlandese. Decide così di insegnargli la sua lingua e di inviarlo in Finlandia nella speranza che questo possa aiutarlo a ritrovare il suo passato.
Inizia così “Nuova grammatica finlandese”, il romanzo con cui Diego Marani ha vinto il Premio Grinzane Cavour per la narrativa italiana 2001. Il resto, è la descrizione della drammatica e vana ricerca da parte dell’uomo della sua identità, in una Helsinki sospesa nella guerra contro la Russia. Poco alla volta, grazie alla giuda del pastore protestante Koskela, l’uomo imparerà effettivamente il finlandese. Il libro è costruito sulla base del diario che l’uomo tiene per esercitarsi nella sua presunta lingua natale. I brani del diario sono inframmezzati dei commenti che il dottor Friari interpone, dopo averlo ritrovato in un baule a Helsinki, al termine della guerra.
Al di là della storia, molto originale, il libro rappresenta uno spunto per domande e riflessioni: l’identità è legata indissolubilmente alla lingua? (cito ad esempio una frase pronunciata da un personaggio di un altro libro di Douglas Coupland, Microservi: “Un’esposizione prolungata a qualunque linguaggio, visuale o verbale, altera di sicuro il modo in cui un bambino percepisce il suo universo”). È possibile per un uomo ricostruirsi un’esistenza dopo essere stato privato della sua identità? Aprirsi agli altri, innamorarsi di nuovo, senza sentire il peso opprimente del vuoto alle sue spalle? È impossibile vivere senza una patria che ci dia il senso di appartenere a una comunità? Allo stesso tempo, identità e patria implicano definire un confine e un “diverso”: le conseguenze negative sono inevitabili?
Pur essendo ambientato al tempo della seconda guerra mondiale, questo libro si sporge anche verso il nostro presente: siamo vicini alla costruzione di una identità europea comune? Oppure assisteremo alla coesistenza arricchente delle singole identità nazionali? Ma possiamo ancora dire che esistono le identità nazionali, oppure la sempre maggiore uniformità di linguaggi musicali, di film, di vestiti, annulla le differenze tra un italiano e (ad esempio) un finlandese?
Due parole ancora per la lingua: questa materia dolorosa e drammatica viene resa attraverso una lingua tesa e lucida, che dosa la giusta quantità di immagini e metafore, rifuggendo da facili effetti di accumulazione. Emerge una sensibilità acuta ed intensa verso impressioni, espressioni, il passaggio della luce sulle cose, il cambiare delle stagioni, una Helsinki a tratti cupa, a tratti affascinante. Forse perché proprio a causa dell’assenza d’un retroterra, all’uomo non resta che registrare quasi con famelicità il mondo che lo circonda, nella speranza che una scintilla qualsiasi possa riportarlo al suo passato.
Un ulteriore elemento di curiosità è l’appassionata descrizione della lingua finlandese che viene fatta nel libro. Per chi fosse incuriosito da una lingua che declina le parole in 15 casi, ecco alcune risorse in rete:
Descrizione della lingua finlandese su Virtual Finland
Un lungo elenco di link (opere, lezioni on line, letteratura)
Infine, il più importante quotidiano finlandese, Helsingin Saunomat, promette il finlandese in 3 minuti : potete ascoltare in punto wav la pronuncia delle parole che potrebbero garantirvi la sopravvivenza in Finlandia.
di Stefano Mola