OSN: Bartók e Cajkovskij
Aprile 18, 2006 in Spettacoli da Stefano Mola
I due appuntamenti di questa settimana per l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI (giovedì 20 alle 20.30 e venerdì 21 alle 21.00, sempre all’Auditorium RAI) saranno diretti dall’ungherese György Györiványi Ráth. Nato a Budapest nel 1961, dove si è diplomato nel 1987, Ráth torna a collaborare con l’OSN dopo aver diretto, nel maggio 2004, un concerto per la celebrazione dell’ingresso dell’Ungheria nell’Unione Europea (con il patrocinio della Città di Torino e il sostegno del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano).
Il programma guarda a est. In apertura, la Musica per strumenti a corda, percussioni e celesta di Béla Bartók, un compositore capace di coniugare l’innovazione radicale del linguaggio (come nel caso della tensione inquietante che percorre questa opera, utilizzata da Kubrick nella colonna sonora del film Shining), insieme a una attenta ricerca etno-musicale sulle melodie popolari ungheresi e rumene. Nella Musica, ritenuta per molto tempo il capolavoro strumentale di Bartók, le tracce della musica cosiddetta popolare sono come distillate, trattenute, liberate solo nel movimento finale.
Concliderà la serata l’esecuzione della Sinfonia n. 6 in si minore op. 74 detta Patetica di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Siamo di fronte al testamento spirituale del maestro russo. La prima esecuzione della Sesta ebbe luogo il 18 ottobre 1893: Čajkovskij morì il 6 Novembre, in circostanze ancora non del tutto chiarite. Colera o suicidio per assunzione di veleno? (l’ipotesi del suicidio non è peregrina, avendolo il compositore tentato più volte).
La Sesta è sicuramente il capolavoro sinfonico di Čajkovskij, che ebbe a scrivere: in questa sinfonia ho profuso tutta la mia anima. Oltre alla sempre scintillante orchestrazione e alla bellezza assoluta dei temi (suoi marchi di fabbrica, si pensi ai balletti) c’è un diffuso sfondo di disperazione, di inquietudine, sopra il quale si alternano momenti di agitazione drammatica e squarci di lirismo addolorato: come la sintesi di una lotta tra una sensibilità esasperata, propria del carattere di Čajkovskij, destinata alla sconfitta di fronte alla asprezze della vita. Un episodio per tutti, simbolico: l’accorato lamento degli archi davanti algli squilli dei fiati verso la fine del primo movimento. Per un’analisi e una lettura più approfondite, si faccia riferimento a questa pagina dell’ottimo sito dedicato al compositore.
di Stefano Mola