Pane nostro
Novembre 29, 2005 in Libri da Gustare da Stefano Mola
Titolo: | Pane nostro |
Autore: | Orlando Perera |
Casa editrice: | Daniela Piazza Editore |
Prezzo: | s.i.p. |
Pagine: | 125 |
L’epigrafe di questo libro dice già molto. Orlando Perera ha scelto le parole dello scrittore Predrag Matvejevic, uno dei più profondi, gentili e appassionati cantori della mediterraneità multietnica:
Non ho ancora percorso tanto mondo
da saperne abbastanza sul pane,
diceva il pellegrino. Il pane è il mondo.
Uno dei rischi che corriamo, in questi tempi accelerati, è di farci scorrere le cose sotto gli occhi, dandole per scontate. Il nostro legame con il mondo della vita, quello dove gli esseri e le cose nascono, crescono e muoiono, si sta allentando sempre di più. I prodotti della natura ci arrivano come fantascientificamente materializzati, oppure teletrasportati. È per questo che, come dice Perera nell’introduzione, si fa presto a dire pane. Alimento indispensabile, anzi, per noi italiani, praticamente imprescindibile. Atto di acquisto quotidiano. Rivestito di un altissimo significato simbolico, per i ruolo che da secoli ha rivestito in numerose religioni. Eppure, che cosa ne sappiamo veramente? Quanto spesso ormai lo acquistiamo frettolosamente nei grandi centri commerciali, forse nemmeno poi stupendoci della sua subitanea gommosità?
Se improvvisamente venissimo sbalzati nella classica isola deserta, e avessimo miracolosamente con noi della farina, sapremmo da dove cominciare per fabbricarci del pane? Questo libro non è un manuale di sopravvivenza. Le sue immagini non sono un corso in dieci lezioni alla panificazione fai da te. Pane nostro è molto di più: un gesto di consapevolezza. Ci ricorda che cosa è il pane, vi fa vedere delle mani che impastano o che stirano dei grissini. Delle facce orgogliose, serie, concentrate, accanto a delle pagnotte. Le foto, molto belle, sono di Mauro Raffini
Una delle cose più belle che ho imparato leggendo questo libro è questa: il pane è vita. Per chi guarda il mondo da un punto di vista religioso, tutto questo è chiaro, forse perfino banale. Il pane è vita non solo perché alimento primario (come si dice, meno di pane e acqua c’è solo la fame pura). Lo è perché il suo stesso processo di creazione presuppone la continuità. Il processo di lievitazione naturale richiede l’uso di una Madre, chiamata in piemontese Alvà (alzato, lievitato). Nelle parole di Perera: Madre perché sta all’origine: la farina intrisa nell’acqua lasciata all’azione dell’aria […] diventa spontaneamente lievito, fermento, diventa viva.
Questa Madre, aggiunta in proporzione di un terzo rispetto all’impasto finale, genera la lievitazione dell’intera massa. E ogni giorno il fornaio che segue questo metodo ne conserva una porzione, alimentata con altra acqua e altra farina: Prima di panificare, ne stacca un altro pezzo che conserva e via così, ogni giorno, per anni! La madre è implacabile: vuol essere assistita e nutrita quotidianamente, con nuova farina, nuova acqua: non si può lasciarla sola, o divorerà se stessa, fino a inacidire completamente o a marcire. In cambio garantisce la continuità della specie. Una frazione, pur decrescente, dell’impasto nativo […] resterà per sempre, in tutti gli impasti successivi.
Tutto questo è veramente molto affascinante. Il pane è vita perché la vita è continuità attraverso le generazioni. Qualcosa di molto religioso, che richiama immediatamente l’eucarestia. Perera e Raffini hanno compiuto un viaggio nel nostro Piemonte, alla ricerca di chi ancora panifica nel segno della tradizione. Vale la pena seguirne le tracce.
di Stefano Mola