Pro o contro la globalizzazione?

Luglio 30, 2003 in Medley da Redazione

35319

I giornali delle nazioni più ricche del pianeta sono state, ad inizio giugno, molto impegnati nel riportare notizie di carattere interno: in Gran Bretagna Blair si difendeva dagli attacchi portati al suo allineamento agli Usa nell’affare irakeno, dopo un mese di infruttuosa ricerca di armi di distruzione di massa; in Germania Schroeder si trovava sotto pressione per le riforme che doveva affrontare ed usciva segretario riconfermato dal congresso del suo partito; in Italia il palcoscenico, come ormai da diversi mesi, era tenuto dalle dichiarazioni del Presidente del Consiglio e dalle vicende processuali di Cesare Previti; in Francia gli scioperi contro la riforma delle pensioni e le manifestazioni dei professori contro la decentralizzazione si meritavano i pezzi di apertura dei telegiornali; in Canada infine era la recrudescenza della Sars a fagocitare l’interesse dell’opinione pubblica. Peccato, perché intanto si è svolto un importante appuntamento diplomatico in Haute Savoie, sul lago Lemain. Si trattava del G8 di Evian, il primo in Europa dopo quello di Genova del 2001.

Da quel 10-12 giugno sulla riviera ligure ne è passata di acqua sotto i ponti. In primis l’attentato di Manhattan, seguito qualche mese dopo dall’intervento in Afganistan e a marzo di quest’anno da quello in Irak. Proprio questo ultimo conflitto è quello che più ha marcato i rapporti tra i «grandi» del pianeta, con il fossato che si è venuto a creare tra la Francia e gli Stati Uniti. Ritornando all’attentato al WTC, questo aveva segnato lo spegnersi dei riflettori sul movimento dei contestatori alla globalizzazione liberale menata dagli Organismi economici mondiali e dagli Stati più ricchi. I protagonisti stessi di questi movimenti avevano preferito astenersi da critiche e azioni spettacolari, per non dare l’impressione all’opinione pubblica di avere in qualche modo connivenze e stesse visioni dei movimenti integralisti cosidetti «islamici». Altro elemento importante, la rielezione al secondo turno del Presidente francese Jacques Chirac, con più dell’80% dei voti. Presidente francese che quest’anno è l’organizzatore dell’incontro dei G8.

35318Di destra, con pendenze processuali nei propri confronti, incaricato di accogliere le sette persone più influenti della politica internazionale, Jacques Chirac e Silvio Berlusconi hanno pertanto avuto due impostazioni di fondo diametralmente opposte nella conduzione di questo; sia per quanto riguarda la scelta dei temi da affrontare, sia e soprattutto nei rapporti con i manifestanti, che sono con questo G8 di Evian ritornati alla carica. A Genova, ricordiamolo, il Presidente francese era stato l’unico a dichiarare ai manifestanti: «non preoccupatevi, vi ho sentiti». Ed ecco infilare nel paniere delle concertazioni per il “suo” vertice la solidarietà con l’Africa, l’accesso all’acqua, la lotta alla proliferazione delle armi di distruzione di massa, lo spirito di responsabilità da sviluppare in seno ai grandi gruppi economici. Temi degli ex no-global (che preferiscono oggi autodesignarsi «altermondialisti») fatti propri dai capi di governo. E la mossa che conferma prima di qualsiasi tavola rotonda o incontro tête-a-tête le intenzioni di Chirac è lì: l’invito a 19 altri Stati per unirsi da “partner esterni” alle discussioni del primo giorno. Tra loro il presidente brasiliano Lula da Silva, un vero e proprio altermondialista che ha fatto breccia nella palizzata ed è passato “dall’altra parte”.

Siamo a anni luce dal conservatorismo del Presidente del Consiglio italiano, padrone di casa di Genova 2001. È vero, l’organizzazione del summit non dipese da lui. Non avrebbe quindi potuto invitare i dirigenti di Nigeria, Brasile, Cina, Messico, Algeria, Camerun, India come ha fatto il presidente Chirac; ma questi si è spinto oltre.

Là dove alla vigilia di Genova assistiamo a ferme dichiarazioni dell’esecutivo atte a dissuadere i manifestanti, ad Evian vediamo il Governo investire un milione di euro per l’allestimento del campo degli altermondialisti, dove per quattro giorni si svolgeranno concerti, convegni, dibattiti e forum (500 mila euro saranno utilizzati per il Forum Sociale Europeo, dal 12 al 15 novembre); dove abbiamo assistito ad una forza di polizia incapace di sigillare la zona e controllare l’arrivo dei gruppi violenti, ad Evian le forze dell’ordine hanno iniziato a pattugliare l’area un mese e mezzo prima del vertice, instaurando un sistema di pass, forse poco democratico ma efficace; là infine dove abbiamo assistito a violenze di strada ed alla morte di un giovane sulla costa ligure, sulla riva del lago franco-svizzero i manifestanti si sono espressi liberamente e non ci sono stati disordini. Quelli riportati dai giornali si sono localizzati a Ginevra e Losanna, in Svizzera, dove nulla era stato concertato tra autorità e manifestanti e dove la polizia stessa, a tre giorni dal summit, si dichiarava impreparata ad affrontare eventuali disordini di strada.

Nelle settimane precendenti Evian, il presidente Chirac ha preso cura di incontrare i rappresentanti degli altermondialisti all’Eliseo. Tra gli invitati all’incontro con il “Chi”, come è stata scherzosamente rinominata nell’occasione l’alta carica transalpina, anche Attac France, fondata ed oggi presieduta a titolo onorifico da Bernard Cassen, redattore a “Le Monde diplomatique”: “Chirac non vuole fare la fine di Berlusconi a Genova. Con i manifestanti sarà tutto concordato. I prefetti stanno già requisendo le sale e le strutture d’accoglienza, stanno rifacendo la segnalietica stradale ed altro ancora”.

Tutto questa disponibilità da parte del Capo dell’esecutivo francese ha permesso di evitare qualsiasi incidente, ed a tutti quanti di esprimersi: i Paesi ricchi, i Paesi poveri, i contestatori della globalizzazione. Si apre ora il secondo semestre europeo. Bernard Cassen è ironico “Possiamo fare estrema confidenza ai nostri amici italiani per una buona accoglienza ad ogni incontro europeo della presidenza peninsolare”. Tocca al presidente Berlusconi dimostrare quanto ha saputo cogliere dall’esperienza del suo «modello» Chirac, tra una risposta polemica al Governatore della Banca d’Italia e una battuta all’indirizzo dei sindacati.

di Diego Cirio