Ragazzo intelligente | Sudate Carte Racconti I edizione
Gennaio 31, 2003 in Sudate Carte da Redazione
Il Ragazzo Intelligente salì sul tram alle otto di sera. Si sedette a metà della vettura e si guardò attorno. Il tram a quell’ora era diverso dal solito: i passeggeri non avevano aspetto né nervoso né allegro, solo stanco. Le bocche debolmente chiuse riposavano, i volti si rilassavano, esausti, mettevano inconsciamente in evidenza le pieghe più profonde. Gli occhi non guardavano da nessuna parte, inespressivi, non cercavano nulla e si lasciavano confondere dagli improvvisi fasci di luce tra i palazzi. Il Ragazzo Intelligente si sentì a suo agio, poteva anche lui spogliarsi del fresco sorriso indossato al mattino. Lasciò che il suo corpo intorpidito si abbandonasse sul sedile e dimenticò ogni funzione vitale per dare spazio al fluire dei pensieri.
I pensieri, di sera, non hanno l’ambizione di correre e la testa li segue con più facilità.
Il Ragazzo Intelligente aveva appena lasciato l’Amore della sua Vita ed era difficile capirne il perché. Si volevano bene, questo era sicuro. In caso contrario sarebbe stato un Amore Qualunque. Ma forse l’intensità della loro unione era anche troppo preziosa e il Ragazzo Intelligente ne era spaventato: non era in grado di prendersi cura di un sentimento tanto forte perché aveva paura di diventarne schiavo.
Un giorno, aveva chiesto consiglio alla sua Amica Lontana, la quale aveva risposto: “Non farti scappare la felicità”.
Tutto questo era molto strano: il Ragazzo Intelligente aveva sempre vissuto ogni giorno come se fosse l’ultimo, ogni attività a cui si dedicava la viveva con grande impegno. Per lui non esistevano hobbies, solo grandi passioni.
Perciò quando studiava, lo faceva con tutto se stesso, non risparmiava neanche un atomo della sua Intelligenza. Stava ore ed ore con la testa bassa a cercare di capire, come se sulle pagine sotto i suoi occhi fosse stato scritto il segreto dell’universo. La sua concentrazione era estrema, dimenticava tutto il resto. Sapeva di essere Intelligente, per nulla al mondo avrebbe sprecato le sue facoltà perché sarebbe stato come rifiutare un regalo di immenso valore. Dopo aver capito, imparato e ripetuto chiudeva il libro e sentiva solo tre cose: gli occhi infiammati, il sudore sulla fronte e il silenzio. Ma il suo cervello era pienamente soddisfatto.
Perciò quando andava in bicicletta, arrivava in cima alla salita ansimando e se c’era ancora un po’ di energia in lui la tirava fuori e se non c’era la inventava…ogni volta, ogni singola volta, come se fosse stato l’ultimo sprint della sua vita, perché gli altri credevano in lui e lui li immaginava tutti lì al bordo della strada, ad incitarlo. Partiva sempre piano, chilometri e chilometri senza alzare la testa alla ricerca del ritmo giusto, con la massima pazienza, a piccole pedalate. Poi prendeva coraggio, le gambe si sforzavano e il cuore si riempiva di rabbia, come i grandi campioni. Con la stessa fame dei grandi campioni. E allora le gambe, con generosità, davano retta al cuore e cominciava lo scatto. Tutto questo per arrivare alla fine della strada e sentire tre cose: il proprio respiro, il sudore sulla fronte e il silenzio. Ma nel suo corpo fluiva una forte vivacità.
Tutto questo aveva sempre funzionato: con lo studio, con la bici. Mentre con l’Amore della sua Vita non aveva funzionato. Eppure di sudore ne aveva versato, nella paziente ricerca di mille attenzioni, nel tentativo di offrire un amore straordinario e discreto allo stesso tempo. Aveva passato le notti a pensare, a sognare…ma niente, tutto, forse, era finito.
Il fatto è che non era stato abbastanza coraggioso, in questo caso non aveva osato superare se stesso. Si era accontentato della fantasia di cui disponeva pensando di non poter dare di più. Un giorno, il suo Giovane Maestro gli aveva detto : “Il tuo limite non puoi superarlo perché ti appartiene come ti appartiene l’Intelligenza. Ma puoi spingerlo un po’ più in là, ogni giorno andrai poco più lontano.”
Ognuno dovrebbe avere un Maestro per imparare ad afferrare il proprio limite.
Ma in quel momento, alle otto di sera, in quella città e su quel tram, l’Amica Lontana era troppo lontana, il Giovane Maestro era troppo giovane e nessuno poteva togliergli il dolore o aiutarlo a capire il motivo della sua scelta sofferta. E nemmeno i Passeggeri potevano dargli una mano.
Il Ragazzo Intelligente si accorse di essere arrivato alla sua fermata e si alzò con calma. Diede un’occhiata ai Passeggeri. Guardò i loro vestiti e i loro visi, vide il loro aspetto sincero: non c’erano maschere per nascondere cosa pensavano. Li fissò ancora, perché era quasi certo di aver riconosciuto in loro qualcuno. Sì, era così, non erano solo Passeggeri: erano loro…c’erano la Fidanzata Carina, l’Anziana Signora, l’Uomo Disoccupato e l’Uomo Occupato, il Ladro Attento e il Disonesto Malcelato. Più in fondo la Donna in Carriera e lo Studente Annoiato. Come aveva fatto a non riconoscerli prima? Tutti erano come lui. Essere umani, ognuno con il proprio sudore sulla fronte. Tutti, nessuno escluso.
Il Ragazzo Intelligente scese dal tram e si fermò aspettando che ripartisse dietro di lui. Dopo, si passò una mano sulla fronte e la asciugò. Si levò di torno le difficoltà della giornata e ogni possibile distrazione, ogni orgoglio.
Nessuno poteva capirlo, ma tutti i Passeggeri avevano nel cuore i suoi stessi tormenti, come lui aveva in mente i loro nomi e i loro sguardi. Erano stati sinceri con lui, i loro occhi non avevano mentito e allora il Ragazzo Intelligente afferrò il loro consiglio. Nel buio della sera, si voltò, incominciò a camminare, piano e con pazienza, poi si mise a correre. La sfida non era finita. La vita di ogni Passeggero era difficile, ma bisogna resistere. In pochi minuti, era di nuovo davanti alla porta dell’Amore della sua Vita.
di Sophie Fosson