Recensione Dissonorata dal Festival delle Colline
Giugno 26, 2007 in Spettacoli da Roberto Canavesi
TORINO – Autore ed attore ormai affermato nella nuova generazione di teatranti, Saverio La Ruina firma per Scena Verticale un bellissimo spettacolo-fotografia di un’Italia da cartolina dove toni tragici e comici si alternano in perfetto equilibrio, lasciando anche spazio ad una buone dose di grottesco e ad un senso del comico perennemente velato da un’amara ironia. Dissonorata. Un delitto d’onore in Calabria, andato in scena alla Cavallerizza Reale per il Festival delle Colline Torinesi, è innanzitutto il pretesto per un’accorata riflessione su di una donna figlia del proprio tempo, presenza femminile costretta, da non meglio precisaste leggi d’onore, ad assecondare un indefinibile ius maschile, dove la presenza di un padre-padrone e la frequenza del delitto d’onore sono parte integrante della normalità.
Nella tragicomica parabola esistenziale di Pascalina, creatura del profondo Sud dedita alla cura delle bestie con in testa il sogno di un matrimonio d’amore, è automatico scorgere il ritratto di una Calabria surreale, dove la vita va a passeggio con la morte, la gioia con il dolore, una realtà in cui i confini tra legalità e illegalità sono spesso confusi, se non addirittura del tutto assenti. L’infanzia negata, l’adolescenza sofferta, la scoperta dell’amore per un vicino di casa che prima la seduce e la mette incinta per poi fuggire; il dramma di un’intera famiglia “dissonorata” che, nel disperato tentativo di liberarsi della figlia eliminandola con una tanica di benzina, le provoca forti ustioni ma non le impedisce di dar la luce a Saverio, nato proprio nel giorno di Gesù, “il santo più importante che c’è”.
Una storia singola presa a prestito dalla quotidianità più spicciola, ma anche vicenda collettiva in cui è possibile distinguere le voci di una collettività non solo testimone, ma attenta giudice di fatti ed avvenimenti attraverso quel cantilenante passaparola che ancor oggi scandisce la vita in molte piccole comunità. Seduto su di una sedia impagliata a centro scena, con un grembiule e i sandali ai piedi, Saverio La Ruina regala una straordinaria prova d’attore per intensità ed intimità di una narrazione resa ancora più forte dal linguaggio, un calabrese stretto ma non per questo poco comprensibile, che impiega poco tempo per affermarsi con tutta la sua forza e poesia. Ottanta minuti di un vibrante monologo, a tratti intervallato dai commenti musicali eseguiti dal vivo da Gianfranco De Franco, per una suggestiva serata di teatro dove passato e presente si mescolano alla perfezione regalando al sacrifico di Pascalina un significato universale: come, infatti, non poter considerare la piccola ma coraggiosa protagonista sorella gemella di tutte quelle donne che, ancor oggi in ogni parte del mondo, si trovano a pagare in prima persona il sanguinario prezzo di incomprensibili culture. Su questo, uscendo dalla sala, il pubblico riflette con amarezza e preoccupazione.
di Roberto Canavesi