Risotto e nuove ricette…
Ottobre 3, 2002 in Spettacoli da Redazione
Si è conclusa venerdì con la premiazione e sabato con la proiezione dei film vincitori dei vari premi la nona edizione del Festival Cinema Donne. Ecco la recensione di altre due pellicole in concorso nella categoria lungometraggi.
“Risotto” di Olga Malea, con Dimitra Matsouka, Anna Mascha, Kleon Grigoriadis, Konstantinos Markoulakis. (Grecia 2000).
Eugenia, fotografa di moda, e Vicky, stilista, sono colleghe. La loro vita è un inferno: far combaciare impegni familiari e lavoro è difficile, se non impossibile ed inoltre, da parte dei loro mariti, non vi è la benché minima collaborazione. L’idea di Eugenia è folgorante, unire le forze, vivere insieme senza i rispettivi consorti per creare finalmente un ménage proficuo per tutti: per loro, per i figli e per le loro professioni. Non per i loro mariti che scatenano le controffensive per restaurare gli antichi equilibri.
L’idea è bella, il film è brioso, i ritmi ricordano le commedie nevrotiche di Almodovar o Veber, c’è più Spagna che Francia, sicuramente c’è poca Grecia, nazione che – come ha tenuto a sottolineare la regista – possiede una cinematografia dai ritmi esasperatamente lenti. La pellicola è piaciuta molto ai produttori statunitensi e la Maleva, poco prima del Festival Cinema Donne, ha siglato un contratto per rifare il film ad Hollywood. Pare che costi meno rigirare il tutto con attori noti agli spettatori americani piuttosto che avventurarsi in una lunga ed estenuante campagna pubblicitaria del prodotto originale.
C’è una trovata davvero geniale che sicuramente non passerà il dazio morale del bacchettonissimo sistema censorio statunitense. In tutte le scene girate in interno e in quasi tutte quelle in esterno vi sono immagini del maschilismo imperante nei paesi latini: cartelloni pubblicitari di slip, di reggiseni, di riviste per soli uomini, donne nude, topless, fotografie erotiche, nudi artistici, arredamenti osé. Sono sfondi insistentemente iterati, ma dosati subliminalmente per sottolineare l’univocità di una società ancora a senso unico.
“Yurisai” (“Lo sbocciare dei gigli”) di Sachi Hamano, con Kazuo Yoshiyuki, Mickey Curtis, Kazuo Shirakawa. (Giappone 2001).
Il 75enne Miyoshi irrompe negli Appartamenti Mariko e in poco tempo sconvolge le abitudini delle sue abitanti, anziane donne giapponesi che hanno superato da un pezzo la settantina. Chi l’ha detto che il sesso s’interrompe con la terza età?
“Yurisai” è una pellicola insolita, girata benissimo da una regista – Sachi Hamano – con 300 film alle spalle fra regia e produzione. L’erotismo sottile, appena accennato della pellicola, seduce, ipnotizza, non vuole far ridere e non fa ridere. Si sganasciano in sala i “cuori semplici”, coloro che pensano che alla terza età sia negata una vita sessuale, sono gli stessi – più o meno – che ridono sentendo parlare giapponese.
Qualche momento esilarante comunque c’è. Nel finale del film, dopo una nottata di amore saffico, una delle due vecchiette guarda in macchina rivolta verso il pubblico: “Non saprete mai le cose sconce che abbiamo fatto ieri notte!”. Irresistibile. Non appena ci si riprende arriva un altro fendente. La vecchietta morta all’inizio della storia, che ha fatto da voce narrante fuori campo sottolinea l’invidia per le ex compagne che hanno potuto usufruire dello “sbocciare dei gigli”: “Ah, se fossi vissuta un anno in più…”
di Davide Mazzocco