Senso | Sudate Carte Racconti I edizione
Dicembre 20, 2002 in Sudate Carte da Redazione
La piazza era deserta. Il sole di agosto dominava l’aria e sembrava quasi schiacciarla sulle cose, sulla vecchia chiesa e sulle case sciupate, e solo l’alto albero sembrava in qualche modo resistere, ritagliando il suo cerchio frastagliato di ombra e di quiete. Da qualche parte, tra i rami, il frinire di una cicala faceva vibrare l’aria, troppo pesante in quell’ora insopportabile. Il vecchio parroco uscì dal portone di fianco alla chiesa e sorrise ai due giovani che stavano curvi tra le strutture di ferro di un piccolo palco.
– Ma siete venuti adesso?
Uno dei due si rizzò asciugandosi il sudore dalla fronte, e guardò il parroco con un sorriso un po’ affannato.
– Certo, Don. Più presto proprio non potevamo.
– Ma a quest’ora? Rischiate di prendervi un colpo di calore…
– Non si preoccupi, Don, ci stiamo attenti…
– Va beh… Vado a cercarvi qualcosa di fresco da bere.
– Grazie, Don! Lei sì che è in gamba!
Il vecchio parroco si reimmerse nell’ombra del cortile.
I due giovani si rimisero al lavoro, avvitando e stringendo bulloni, finché il parroco riemerse dall’androne con una bottiglia di tè freddo e un paio di bicchieri.
– Scusate ragazzi… Ecco qui. E’ tutto per voi. Devo fare una telefonata. Mi raccomando, riposatevi un po’!
I due giovani presero la bottiglia e i bicchieri e andarono a sedersi sul cordolo che delimitava la piccola aiuola ai piedi dell’albero, l’unica chiazza d’ombra sulla piazza rovente. Un tiglio, a cui pochi badavano; l’aiuola era ingombra dei giovani polloni germogliati all’attaccatura delle radici.
Rimasero qualche secondo in silenzio, bevendo il loro tè.
– Ma se stasera piove che fanno?
– Ma dai… Vuoi mica che piova!
– Non si può mai sapere. Con questo caldo un bel temporale verso sera ci starebbe anche bene. E se fosse, che succede?
– Non lo so. Magari spostano il tutto in chiesa.
– Ma ci stanno? Il presbiterio è piccolo, e il palco non si può rimontare all’interno…
– Non saprei. Ma in qualche modo si arrangeranno, penso…
– E se andasse a monte tutto? Se scoprissero che alla fine è stato tutto inutile? Tutto il loro lavoro… Tutta la fatica… E anche il nostro sudore, adesso… Che senso avrebbe?
– Ma sudare non è una cosa che ha un senso, sudare serve per sopravvivere!
– Dai, non sto scherzando… Qui ci ammazziamo di fatica, e se poi non serve a niente che senso ha?
– Ma che senso vuoi che abbiano certe cose… Vanno fatte e si fanno! Il Don ci ha chiesto di venire a fargli questo favore e noi siamo venuti perché se ce lo chiede noi siamo anche disposti a venire qui a scioglierci sotto il sole. E’ solo per questo che ci stiamo facendo ‘sta maledetta sudata.
– Sì, va bene, ma se poi alla fine si rivela tutto inutile per il Don, non è tutto inutile anche per noi?
– Accidenti, ma che ti prende oggi?
– Non so. E’ solo che a volte me lo chiedo. Noi adesso ci diamo tanto da fare, ci facciamo una sudata pazzesca per finire tutto in tempo, consumiamo energie, consumiamo qualcosa di noi stessi, fidandoci del Don e del fatto che se lui ce lo chiede è perché tutto questo ha un senso ed è un senso “buono”. Ma magari non è così…
– In effetti noi non abbiamo nessuna garanzia sulle effettive intenzioni del Don. E’ che, vedi, alla fine il Don di questo palco può farci quello che vuole e non cambierebbe molto; magari potremmo non approvare, ma se ci sentivamo in dovere di fare qualcosa per il Don è perché lo sentivamo e basta. Al massimo non ci sentiremmo più così vincolati la volta dopo.
– Sì, va bene, ma io intendevo qualcosa di diverso, di più generale… Nessuno discute le buone intenzioni, né nostre né del Don né di quei ragazzi. Ma questo non toglie che tutto possa comunque essere vanificato, o perché si mette in mezzo qualcuno che manca di buone intenzioni o semplicemente perché può andare tutto storto.
– Beh, ma a quel punto non sarebbe mica colpa nostra…
– Non sto parlando di colpa o di merito. Sto parlando proprio solo di senso. Metti che tra le cinque e le cinque e mezza un asteroide cada sull’Italia e ci cancelli da questo pianeta, e che la razza umana sparisca all’improvviso dall’Universo; se il mondo finisse adesso, così, che senso avrebbe la nostra fatica? Che senso ha tutta la fatica sprecata per niente, perché qualcuno ti ha messo i bastoni tra le ruote, o perché la sera dello spettacolo si è messo a piovere?
– Lo stesso senso che ha anche tutto il resto, suppongo. Non devi aspettarti che le cose per forza abbiano un senso. In linea di massima le cose non ne hanno. Però a volte servono.
– Come fai a dire una cosa del genere?
– Perché è così. Che senso vuoi che abbia starcene qui come due cretini sotto il sole ad agosto a stringere bulloni, indipendentemente dal fatto che questa cosa serva poi a qualcuno o meno? Non diciamo sciocchezze. E’ solo che certe cose si devono fare e si fanno. Tutto lì.
– Ma non puoi vivere così, come capita, senza un senso…
– Certo che no. Ma il senso è per noi, non per le cose. Siamo talmente abituati a definire noi stessi attraverso le cose che facciamo, ad andare a cercare la realizzazione del nostro io profondo nelle attività quotidiane che alla fine ci dimentichiamo che noi non siamo quello che facciamo, e finiamo col proiettare quello che è il nostro senso sulle cose che compongono la nostra vita, quando appartiene solo a noi stessi. Noi siamo quello che siamo e basta.
– Però ciò che facciamo ci cambia. E finisce col diventare una parte di quello che siamo…
– Noi rimaniamo quello che siamo, comunque. Certo, le scelte che facciamo ci cambiano, ma per quanto una persona cambi alla fine rimane sempre lei, e per quanto si possa dire che è cambiata tanto che sembra un’altra, alla fine qualcosa ci permette di riconoscere che la persona è sempre quella. Le scelte che facciamo mettono solo in luce aspetti diversi di quello che siamo e questo ci fa sembrare diversi.
– Ma dai, adesso non puoi venirmi a dire che se uno è così è così e basta e così rimane per tutta la vita…
– Sì e no. Le persone crescono e si evolvono, migliorano e peggiorano, è la base che rimane sempre quella. Ampliano le proprie possibilità, cambiano il proprio modo di porsi nei confronti delle cose, ma attraverso tutto questo rimangono sempre loro. E’ la base dell’identità, no?
– Boh. Sarà.
La cicala sul tiglio continuava a finire, instancabile, mentre le lancette dell’orologio della chiesa facevano il loro lento giro.
– Vuoi ancora un po’ di tè?
– No, grazie.
– Allora rimettiamoci a lavorare, altrimenti alle nove siamo ancora qui…
Rimisero mano agli attrezzi e tornarono al lavoro
– Certo che si muore proprio di caldo, oggi.
– Sì. Poi non aiuta di certo a lavorare uno che ti dice che non ha neanche senso…
– Siamo noi, noi come esseri umani, che siamo degli incredibili costruttori di senso. Chissà perché poi dobbiamo averne così bisogno…
– Non lo so. In effetti sarebbe bello saperlo. Aiuterebbe.
– Ma quella sì che è proprio una cosa per Dio.
– Probabilmente hai ragione tu.
All’orizzonte negato dai muri della piazza il cielo costruiva i suoi castelli di nuvole. In distanza il rimbombo di un tuono rotolò via.
– Accidenti, qui il temporale serale ci scappa sul serio!
Che fosse per la pioggia della sera e della notte o che fosse per l’ora, l’aria aveva tutto un altro sapore il mattino dopo, quando i due ragazzi si ritrovarono davanti alla chiesa per smontare il palco prima dell’inizio della Messa.
– Accidenti, è quasi incredibile. E’ piovuto tutta la sera, fino giusto a mezz’ora prima dell’inizio del concerto, e poi niente fino a quando non hanno finito di ritirare tutto.
– Già. Una coincidenza paurosa.
– Ci credo. Coi discorsi che facevate ieri era il minimo.
La voce del vecchio parroco tagliò la conversazione con una punta di divertimento.
– Un’ottima risposta per due sciocchi come voi, no?
– Ma come…
– Vi ho sentiti, ieri, mica sono sordo: che senso hanno le cose e le cose hanno un senso o
no… Avete preso il problema dalla parte sbagliata: non è il risultato che dà senso allo sforzo ma lo sforzo che dà senso al risultato. Le cose hanno senso se ci danno senso, in questo modo il senso delle cose è per noi e non per le cose stesse. Sia che quello che quei ragazzi hanno fatto qui ieri sera avesse un senso suo, sia che fossero quei ragazzi a mettercelo, quello che importa è che tutto ciò che hanno fatto ha permesso che la loro presenza qui avesse un senso, un senso tanto forte da spaccare in due il temporale, e lo stesso vale per voi, per il vostro sudore e per la vostra fatica, perché tutto ciò che governa i nostri atti è sorvegliato e custodito.
I due ragazzi rimasero in silenzio, guardando l’asfalto intorno alla suola delle loro scarpe. Il parroco sorrise.
– Beh, adesso datevi da fare, che poi comincia la Messa. Quando avete finito passate dentro, che vi offro qualcosa…
Uno dei due ragazzi levò gli occhi a cercare quelli del parroco, sorridendo.
– Grazie, Don. Lei sì che è in gamba.
di Chiara Olino