Sergio “Carovaniere”
Novembre 4, 2009 in Musica da Redazione
Sergio Cammariere, CAROVANE, Capitol/EMI 2009
A tre anni dal suo ultimo album di inediti, “Il pane, il vino e la visione”, Sergio Cammariere torna con un nuovo lavoro, che ha, per cominciare, il non trascurabile merito di spiazzarci. Sì, perché dal talentuoso cantautore/pianista di Crotone, emerso prepotentemente al Premio Tenco (fin dal ’97, e poi nel 2001, anno del suo primo, folgorante album, “Dalla pace del mare lontano”) e poi capace di affermarsi anche nel gran bailamme del festival di Sanremo (due presenze: 2003 e 2008), si pensava, fin troppo precocemente, di non doversi aspettare più grosse novità, adagiato come ci appariva su una formula di ormai consolidato e rassicurante consenso (con qualche zampata, però, specie dal vivo, la sua dimensione più autentica). Ed ecco invece questo “Carovane”, a toglierci qualcuna delle nostre (presunte) certezze.
Spacchettiamolo poco per volta. Già l’avvio – Carovane, appunto – è incoraggiante. Ci sono magari un po’ troppi violini, ma l’impatto è felice, corposo. Il testo, in particolare (di Roberto Kunstler, come sempre), evidenzia un’apprezzabile ricerca, fuori da certe scivolate che in passato non son certo mancate, per lo più riscattate dalla mise musicale. Javier Girotto, sia al sax soprano che al baritono, dà ulteriore spolvero al brano. Una certa melassa (nel riproporsi degli archi, ma non solo) aleggia nei due brani che seguono, Insensata ora, di primo acchito ascrivibile al filone ripiegato e malinconico – per così dire “salato” – del Nostro, che poi però si apre a una cantabilità aperta, contagiosa, che rimane appiccicata addosso (così come, più avanti, in Non c’è più limite), e Senti, in cui certe ingenuità testuali tornano d’attualità.
In Senza fermarsi mai s’impone in primis un robusto assolo di Fabrizio Bosso, mentre subito più magra appare I quadri di ieri, che poi, però, si apre a sua volta. Il testo è un po’ adolescenziale, la melodia fin troppo cantabile, e ancora con un po’ troppi archi. Originale, quasi inattesa, arriva però subito dopo La mia promessa, che, dopo qualche fugace annuncio precedente, intinge con decisione la musica di Cammariere in seducenti umori etnici. Indiani, nello specifico, con strumenti quali sitar e tabla su tutti, come ribadito da Varanasi, primo dei due episodi solo strumentali (altra novità), che per il resto ha un andamento che può rimandare al Dave Brubeck più scopertamente contrappuntistico. Paese di finti, che segue, ci offre il testo più engagé del disco (non l’unico, del resto), servito da una musica lieve, quasi sbarazzina, che sembra farlo risalire, come cocktail, a certe antichità alla Natalino Otto o alla Virgilio Savona, sponda Quartetto Cetra ma non solo.
Violino e pianoforte aprono poi Storia di un tale, brano che introduce un altro elemento alquanto inatteso: un sapore popolaresco assolutamente inusuale in Cammariere. Ancora violino protagonista in Tre angeli, dall’andamento quasi da filastrocca, da canzone per bambini, con qualcosa di Endrigo, e in qualche misura anche di certo De André. A questo dittico di brani, senz’altro da iscrivere fra i vertici del CD, segue il secondo momento solo strumentale, La forcella del rabdomante, a sua volta molto pregevole. Di nuovo il sitar apre infine La rosa filosofale, altra vetta dell’album, con ampio prologo strumentale e poi un incedere indolente quanto intenso. Con qualcosa, qui, di certo Gaber (magari arrangiato da Battiato).
Cosa aggiungere? Che un disco come “Carovane” sembra proprio restituirci un artista in possesso di una rinnovata integrità creativa. Anche perché certe scorie di un recente passato (leggi certe sviolinate, in senso letterale quanto metaforico, onnicomprensivo) traccia dopo traccia lasciano progressivamente il posto a sapori “altri”, qua e là a un ché di ancestrale che in Cammariere era merce tutt’altro che usuale. Non resta che proseguire su questa strada. Magari regalandoci altre sorprese, sempre benvenute.
1 – Carovane
2 – Insensata ora
3 – Senti
4 – Senza fermarsi mai
5 – I quadri di ieri
6 – La mia promessa
7 – Non c’è più limite
8 – Varanasi
9 – Paese di finti
10- Storia di un tale
11- Tre angeli
12- La forcella del rabdomante
13- La rosa filosofale
Sergio Cammariere – pianoforte, hammond B4, keyboard, WS station/emu, melodica soprano/alto
Amedeo Ariano – batteria
Luca Bulgarelli – contrabbasso
Fabrizio Bosso – tromba e filicorno
Bruno Marcozzi, Simone Haggiag – percussioni
Olen Cesari – violino
Michele Ascolese, Jimmy Villotti – chitarra
Javier Girotto – sax baritono e soprano, moxeño
Gianni Ricchizzi – vina, sitar e tampura
Sanjay Kansa Banik – tabla
Eugenio Vatta – udu, campionamenti
Orchestra D’Archi DIMI diretta da Marcello Sirignano
di Alberto Bazzurro