Shanghai Baby
Luglio 29, 2001 in Libri da Stefano Mola
Zhou Weihui, “Shanghai Baby”, Rizzoli, Lire 28.000
Questo romanzo esce in Cina nel 2000. Vende in poco tempo circa 100.000 copie. Le autorità lo mettono al bando. Costringono l’editore a distruggere le copie restanti. È nato un caso. Il libro però conosce una diffusione clandestina ancora maggiore, viene venduto all’uscita delle discoteche, scaricato da siti internet.
Di cosa parla? Dichiaratamente “semi-autobiografico”, racconta la storia di Ni Ke, o meglio Coco (come vuol essere chiamata, in onore di Coco Chanel), che lascia il suo lavoro di cameriera per dedicarsi interamente a scrivere un romanzo. Coco convive con Tiantian, carattere tanto ombroso quanto è esuberante quello di Coco, di cui è perdutamente innamorato. Ma Tiantian è impotente.
Coco così intreccia una storia di sesso con Mark, un tedesco che si trova a Shanghai per lavoro. Il romanzo racconta come Coco si divide tra i due uomini mentre porta avanti la stesura del suo romanzo. A tutto questo fa da sfondo Shanghai, forse la frontiera più avanzata delle contraddizioni della Cina di oggi, e una generazione di giovani che senza troppa fatica si può definire “perduta”: alle spalle l’abbandono dei valori tradizionali e di fronte tutto quello che è “globalizzazione”.
I critici letterari cinesi, con condiscendenza, hanno messo Zhou Weihui nel gruppo delle “scrittrici giovani e belle”, lasciando intendere che il successo del libro sia più che altro dovuto ad un’abile operazione di marketing. L’autrice ribatte: “Non possono tollerare che una donna giovane e bella parli così tranquillamente di sesso”. Ma il libro, ha un valore che vada al di là dell’essere una testimonianza dei cambiamenti in atto nella società cinese (tanto per dirne uno, l’autrice è ancora viva e intervistabile, invece di trovarsi in un campo di rieducazione)?
L’impressione è che l’autrice sia più impegnata ad interpretare il ruolo dell’artista che ad esserlo veramente. Il narcisismo e l’autocompiacimento non sono certo assenti, così come l’abbondare di metafore e di immagini un po’ dolciastre e didascaliche. Non si può negare che venga urlata un’urgenza di vita, un desiderio di appropriarsi dell’esistenza e di sfuggire alla noia, ai falsi valori, tipica di tutte le giovani generazioni in ogni parte del mondo. Ma tra l’urlare un’esigenza e scriverne, c’è differenza.
Chi brama un susseguirsi di orge e di droga resterà deluso: ci sono molti altri libri che possono soddisfare meglio queste aspettative. Mi resta comunque il dubbio (per la mia ignoranza in materia) di come s’inserisca questo libro nel panorama della letteratura cinese contemporanea: se qualche lettore ha maggiori elementi in proposito, sarei molto interessato alla sua opinione.
Ecco invece qualche elemento in più, disponibile in rete, per approfondire:
Su Italiaradio, una video-intervista con Zhou Weihui:
http://www.italiaradio.kataweb.it/archivio/agenda.20010316162242.htm
Su diCinema, un paragone tra cinema e letteratura cinese contemporanea:
http://www.dicinema.it/dkfiles/dkArt.cfm?iddk=9&idnotizia=3315
Su Le Monde, un paragone tra Zhou Weihui e Mian Mian, altra scrittrice giovane e “maledetta”:
http://www.lemonde.fr/article/0,5987,3260–158271-,00.html
La stroncatura di Clarence.com:
http://www.clarence.com/contents/cultura-spettacolo/societamenti/recensioni/0102
La recensione di Café Letterario:
http://www.cafeletterario.com/185/8817867152.htm
Su Time, un reportage sulla giovane generazione cinese:
http://www.time.com/time/asia/features/youngchina/index.html
E, sempre su Time, uno sguardo sulla letteratura cinese contemporanea:
http://www.time.com/time/asia/features/youngchina/a.hottest.authors.html
di Stefano Mola