Sideways
Marzo 18, 2005 in Sport da Redazione
Titolo: | Sideways |
Regia: | Alexander Payne |
Con: | Paul Giamatti, Sandra Oh, Thomas Haden Church, Virginia Madsen |
Girato: | USA 2004 |
Sideways è il quarto e più maturo film del regista americano di origine greca Alexander Payne, già noto al pubblico internazionale per aver diretto Election e A proposito di Schmidt. E’ la storia del viaggio enologico di due amici lungo “le strade secondarie”, come indica il titolo, della California, per un originale addio al celibato lungo una settimana.
Il film per stessa ammissione del regista, riprende lo stile del cinema americano degli anni Settanta, con l’utilizzo di split screen, tendine e schermi multipli che nulla aggiungono al racconto ma rappresentano solo un omaggio dell’autore ad una cinematografia amata. L’altro modello al quale s’ispira Payne, quello della commedia all’italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, è presente nella scelta dei protagonisti: una coppia di amici che non potrebbero essere più diversi; proprio come ne Il sorpasso di Dino Risi, uno è depresso e musone tanto quanto l’altro è esuberante e gaudente. Miles, interpretato magistralmente da Paul Giamatti, è il più complesso dei due. Quarantenne in piena crisi, con un lavoro di insegnante di lettere che non lo soddisfa e un romanzo nel cassetto che non riesce a pubblicare, sogna di poter ritornare con la ex-moglie (il miglior palato di tutte le donne che ha conosciuto) dalla quale ha divorziato due anni prima. Jack (Thomas Haden Church) invece è un attore di serie tv e pubblicità che dopo un breve successo è finito a doppiare spot televisivi. A questo personaggio di attore fallito e donnaiolo inguaribile Payne affida le scene più comiche e le gag del film. Anche il loro rapporto con il vino è differente: Jack è un consumatore ignorante ed inconsapevole mentre Miles è un enofilo con una passione per il Pinot nero. L’unico personaggio che evolve e matura, come il vino a contatto con le botti, sarà proprio quello di Miles. Accomunati dalle delusioni e dai sogni infranti, patetici e imperfetti, nonostante le estreme differenze caratteriali, i due formano una strana coppia di amici veri. Payne è bravissimo a trasformare i loro difetti personali nelle caratteristiche più amabili dei due caratteri creando una forte adesione alla storia da parte del pubblico.
Anche se le colline di Santa Ynez Valley, Santa Barbara e Napa Valley invadono lo schermo in questo film il vino rimane un attore secondario, una metafora su come prendere la vita. Una scena su tutte merita di essere citata per l’equilibrio tra i dialoghi sottili e la perfetta interpretazione. Si tratta di una conversazione tra Miles e la cameriera aspirante enologa Maya: intenti a sorseggiare del vino e a parlare della loro comune passione enologica mettono a nudo più o meno consapevolmente i propri sentimenti. Miles le spiega la sua predilezione per il Pinot nero – nasce da un’uva dalla buccia sottile, ha bisogno di cure costanti, non si adatta facilmente – e allo stesso tempo parla delle sue caratteristiche migliori. La risposta di Maya è altrettanto personale e affascinante: il vino è il risultato delle vite di molte persone, è qualcosa di vivo che evolve costantemente fino a raggiungere il suo massimo e allora la bottiglia va bevuta senza remore prima che inizi un rapido declino. Questa scena di seduzione etilica è l’unico momento del film in cui si realizza un intreccio produttivo e originale tra il percorso enologico e quello intimo dei personaggi.
Come un buon vino Sideways si “beve” con piacere per poco più di due ore apprezzandone i tannini (i risvolti introspettivi e drammatici), il corpo (i dialoghi brillanti e il buon ritmo), l’equilibrio tra umorismo e drammaticità, il retrogusto amarognolo (le delusioni e i sogni infranti). Prodotto d’annata del cinema americano a distanza di tempo dalla visione rivela la sua ricchezza e sprigiona i suoi aromi.
di Silvia Aimasso