Sindone: da Leonardo…
Aprile 28, 2003 in il Traspiratore da Redazione
Tra gli ultimi mesi del ‘98 ed i primi del ’99, il National Geographic Channel ha realizzato un documentario, recentemente riproposto dal canale franco-tedesco Arte, sulla Sindone di Torino, illustrando un’ipotesi storica sulla sua origine; ipotesi del tutto originale e sconosciuta ai più. Infatti, il dibattito sull’autenticità di questa reliquia e sulla sua datazione rimane tutt’oggi aperto, lasciando campo a filoni diversi di speculazione.
Gli esami autorizzati dalla Chiesa negli anni Ottanta, che sottoposero il lino alla prova del carbonio 14, raffreddarono molti, dimostrando, ma senza arrivare a certezze assolute, una possibile datazione del tessuto intorno alla prima metà del XV secolo. Uno sparuto gruppo di studiosi, tra cui storici e letterati, invece si scaldò a tale prova, perché in grado di confutare una loro teoria, ovvero che Leonardo da Vinci sia l’autore della vestigia conservata a Torino.
Andiamo con ordine. Leonardo da Vinci è stato in vita un personaggio eccezionale: pittore, scrittore, ingegnere, studioso dell’anatomia e dell’ottica. Più in generale, da Vinci sembra essersi occupato dell’intero sapere accumulato dal genere umano prima di lui, cercando di organizzarlo e in alcuni casi di svilupparlo. Nei suoi visionari disegni compaiono quelli che ai nostri occhi sono dei carri armati, degli elicotteri, dei sommergibili, delle biciclette. Non solo; tutti coloro che ne scrivono riconoscono a Leonardo la piacevolezza della compagnia, l’amabilità del dialogare, il gusto nel vestire e nel portarsi, una certa bellezza fisica. Ambidestro, capace di scrivere al contrario, padrone di tecniche tutte particolari nel dipingere, da Vinci mesmerizza ancora oggi la gente con il suo fascino.
La Sindone, dal canto suo, affascina da secoli i fedeli. Comparsa una prima volta in terra di Francia nel XV secolo, resta in possesso dei Savoia fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando viene donata al Pontefice. Regolarmente viene esposta alla venerazione dei fedeli, che la ritengono l’ultimo ricovero del corpo terreno di Gesù. Dal canto suo, la Chiesa non l’ha mai riconosciuta ufficialmente come simulacro divino, oscillando durante i secoli tra un più aperto sostegno alla sua adorazione e un freddo distacco.
Quando, nel secolo appena passato, la Sindone diventa oggetto di studi scientifici rigorosi, dona una moltitudine di dati che però non riescono a confermare o negare la sua vera origine. Se ne è ricostruito il suo percorso storico, ma solo fino ad una certa data a ritroso. Vi sono stati ritrovati depositati semi di piante viventi in diverse zone geografiche, che confermerebbero la provenienza mediorientale del lino e le sue vicissitudini europee. I segni lasciati dal corpo sono in parte coerenti con la crocifissione di un uomo (ferite, posizione funeraria, monete depositate sugli occhi chiusi), ma per altri versi incoerenti (in particolare, secondo alcuni, un corpo deformerebbe il tessuto e vi lascerebbe delle impronte a loro volta deformate).
La cosa più straordinaria è che l’ombra umana che si intravede sul tessuto è in realtà un negativo di un corpo (le parti più chiare ed in luce sono le più scure, le parti più scure ed in ombra sono le più chiare). Questo concetto è legato alla tecnica fotografica, chiaramente lungi dall’essere sviluppata ed applicata nel Rinascimento. Inoltre, sottoponendo il lino ai raggi infrarossi, lo stesso si rivela opaco, assente da ritorni d’onda. Per finire, utilizzando un programma elaborato dalla Nasa, si è scoperto che l’immagine impressa sulla Sindone è tridimensionale.
Ecco allora che, in un periodo in cui il genere umano non padroneggiava alcuna di queste tecniche, un solo uomo sarebbe stato in grado di creare questo «falso»: Leonardo da Vinci appunto. La prima ostensione della Sindone di cui si abbiano fonti scritte è precedente alla nascita dello studioso toscano. Molte di queste fonti però concordano sul fatto che si tratti di un dipinto, sul quale sono chiaramente visibili le pennellate. Secondo i sostenitori della tesi vincenziana, i Savoia, intravedendo il potere che poteva dare loro la possessione di questa reliquia cristiana, commissionarono a Leonardo da Vinci l’opera, confidando nelle sue capacità tecniche. Questo una quarantina d’anni dopo la prima ostensione. Che si rivelò conquistare i cuori e le menti dei fedeli che giunsero in adorazione.
Secondo uno studioso sudafricano, i materiali chimici necessari allo sviluppo fotografico esistevano e facevano già parte del mondo conosciuto all’epoca di da Vinci, il quale dal canto suo possedeva sufficienti nozioni di ottica da poter realizzare la Sindone di Torino; inoltre, il genio toscano intratteneva una corrispondenza con uno studioso arabo dedito a queste conoscenze. Il ricercatore sudafricano ha lui stesso sperimentato la tecnica che egli presume Leonardo abbia utilizzato, servendosi di materiali dell’epoca e di una camera oscura, concetto all’avanguardia, ma già esistente negli anni di vita del lume italiano. La Sindone di Leonardo sarebbe addirittura la sovrapposizione di quattro fotogrammi, il che spiegherebbe sia la non perfetta corrispondenza tra l’altezza della forma umana vista frontalmente e quella posteriore, sia la posizione del volto, secondo alcuni studiosi troppo incassata tra le spalle.
Altri studiosi insistono proprio sulla somiglianza tra il volto della Sindone e quello dell’autoritratto di da Vinci, guarda caso (solo semplice combinazione?) custodito alla Biblioteca Reale di Torino, a due passi dalla vestigia supposta divina. Non solo. L’ombra di Leonardo è presente un po’ in tutta la sua produzione artistica: i volti delle figure anatomiche, l’uomo dalle proporzioni perfette oggi riprodotto anche sull’1 euro, la Gioconda stessa riportano ai tratti fisionomici del loro autore. Il riprodurre la propria faccia sul lino che migliaia di persone avrebbero adorato, ritenendolo il simulacro di un dio, sarebbe stato, secondo gli studiosi, un motore più che sufficiente per spingere l’ironico e orgoglioso protetto mediceo ad immortalarsi sulla stoffa. L’acquisizione, poi, poi da parte dei Savoia, qualche tempo dopo la morte di Leonardo, di uno, ed uno solo, dei suoi taccuini di appunti farebbe supporre si trattasse di quello contenente schizzi, prove e dati sulla tecnica utilizzata nell’assolvere la comanda. Taccuino che poi sparì subitaneamente e che, ad oggi, non è ancora tornato alla luce. Infine, le tecniche pittoriche di da Vinci, che sono assolutamente particolari e, anch’esse, opache ad un indagine agli infrarossi.
Cosa pensare di tutta la faccenda? Alcuni studiosi partiti allo studio del Santo Sudario per smascherarne l’origine terrena si sono trovati a «convertirsi» davanti alla sua inesplicabilità; altri hanno rafforzato le loro convinzioni che si tratti di un manufatto umano. O super-umano, per alcuni, perché ideato ed eseguito dall’intelletto del super-uomo Leonardo da Vinci, capace di avanzare di secoli le prospettive scientifiche dei suoi contemporanei, salvo vedere poi la sua opera di ricerca persa e non valorizzata alla sua scomparsa.
Una delle interpretazioni migliori è forse stata data in occasione delle ultime due Ostensioni, quella del ’98 e la successiva, giubilare, del 2000: “Ognuno vede nella Sindone quello che vuole vedere”. A ciò il cardinale Poletto aveva aggiunto l’interpretazione della Chiesa: “Che l’uomo della Sindone sia o no il Gesù Cristo crocifisso, poco importa; l’importante è quello che «l’uomo del mistero» evoca in ogni cristiano”. In sostanza, la Sindone non può essere il centro di una fede, la può solo eventualmente rafforzare.
di D. Cirio