Slava’s snowshow
Marzo 3, 2004 in Spettacoli da Redazione
E’ una desolazione… Comincio quasi a sentirmi rifiutata, come i bambini piccoli. Contestualizzo: è sabato sera, sono a Torino per il week-end, il concerto che volevamo vedere è esaurito, i posti al cinema anche – e gli altri film non ci piacciono – e avevamo proprio voglia di un bello spettacolo. Solo noi? Complice la neve che è scesa ben abbondante, niente di strano che cinema e teatri siano presi d’assalto da tutti i torinesi bloccati in città per un fine settimana – quello del 21 febbraio – poco o per nulla montano.
E allora? Arrancando per le strade innevate, felici quantomeno che la temperatura si sia – o abbia finto di farlo – innalzata sopra lo zero, io e la mia amica siamo folgorate quasi come San Paolo sulla via di Damasco, se era lui. Al Carignano c’è Slava’s snowshow, in cartellone come unica tappa italiana dal 17 al 22 febbraio. Io, mai sentito – ignorante…-, la mia amica sì, e mi spiega che è uno spettacolo di un mimo russo geniale e poetico.
Geniale dev’esserlo, figurati se non era esaurito pure questo, ma Betta, che è testarda nonché faccia di tolla come pochi, insiste e due posti si trovano. Epperfortuna… Slava Polunin, ideatore e creatore dello show, personalmente non è in scena, ci sono altri mimi della sua scuola, ma lo spettacolo è ugualmente struggente, magnifico e coinvolgente come pochi. Al limite tra mimo, poesia, favola e commedia dell’arte, tratta di amore e solitudine, di tenerezza e di assurdità, di rapporti umani e di malinconia, di perdite tristi e di scoperte felici, di incomprensioni e di gesti gentili, di romanticismo e di offese. Il tutto in modo divertente e sublime, a volte sussurrato e solo accennato, a volte insistito e fisico, e non solo in senso metaforico.
Il paradosso si compie: queste figure vestite di giallo o di verde, che calzano enormi pinne verdi o pantofole rosse con il pelo quali non le metteva nemmeno mia nonna, queste figure dai movimenti goffi, dicevo, si rivelano quasi eleganti, poetiche e inarrivabili. Durante tutto lo spettacolo sublimi nel loro essere impacciati, forti della loro tenerezza, candidamente irriverenti e maliziosamente puri, eleganti e minimalisti, i mimi assurgono ad una dimensione magico-onirica nel finale, veri e propri stregoni artefici della più sbalorditiva delle trasformazioni.
La rappresentazione della fragilità e della solitudine umana devastata da enormi e soverchianti forze nemiche -della natura o della vita- lascia il posto all’immagine finale, poetica e surreale come poche. Dopo i Carmina Burana della battaglia, musiche dolci accompagnano il coup de scène che chiude lo show, vero e proprio atto di genio che ridà un po’ di ottimismo e che risveglia il fanciullino che si cela -almeno in teoria- anche nel più algido degli impiegati di banca, che si ritrova a giocare assieme a tutti gli altri impiegati, commessi, medici, studenti o chi per loro presenti in sala. L’elegia della scena, la sensazione e il senso di benessere che si prova durante quei sensazionali, travolgenti, assolutamente inediti minuti finali ci fa rimpiangere che non esistano pillole tascabili di Snowshow, sorta di cachet per uso quotidiano, giusto per portare un po’ di magia e poesia nella vita di tutti i giorni.
Slava’s Snowshow di Slava Polunin, regia di V. Kramer
Teatro Carignano, Torino
dal 17 al 22 febbraio 2004
di Paola Perazzolo