Sogni maggiori [1a parte]
Febbraio 3, 2008 in Racconti da Tomas
“Craaaack…craaaaack….craack”. Quel gracchiare risvegliò il silenzio che si tramutò in una voce roca:
“Quanto è piccola la terra vista da quassù. Tutto scorre sotto di me. Le fronde degli alberi. Quel piccolo corso d’acqua. E quelle cosa sono ? Ah, quasi me ne stavo dimenticando. Mai che si ricordino di riportarle dentro, stupidi primati…”.
La terra si avvicinava sempre più. Si cominciavano a scorgere dettagli che finora faticavo a distinguere. Anche quelle stupide cianfrusaglie mai riportate dentro casa. Il dolce fruscio dell’aria tagliata da un volo notturno si sostituì alla voce di prima.
Era la luna la mia sola testimone. Cambiò punto di vista. Vidi un grosso corvo nero posarsi sul ramo di una grande e vecchia quercia, e la luna che quasi sembrava abbracciarlo da dietro. I suoi strani e grandi occhi sembravano osservarmi attentamente. Li aprì e li chiuse quasi con aria di sfida. “Craaaack…craaaaack….craack”. Non parlava più ora, gracchiava insolentemente alla luna, mentre un’ altra voce fuori campo distolse la mia attenzione dal nero rapace: “Vediamo…”.
Quella notte il caldo bussava alle finestre. Inutilmente. E la luna era sempre lì, a far da testimone.
Certo, abbracciava il corvo nero, ma questo non voleva dire che non fosse attenta a ciò che stava accadendo.
Lei è sempre attenta.
Non ve ne siete mai accorti ? Fateci caso in futuro, potrebbe farvi comodo una testimone così in alto…
Il punto di vista cambiò nuovamente. “Vediamo…” disse una donna sorridendo. Il suo sorriso era meraviglioso ma l’ aspetto sembrava spettrale. Era vestita di bianco, un vestito leggero che candidamente le si posava addosso e la costringeva quasi a scusarsi con quel sorriso. In piedi, circondata dalla notte che non voleva saperne nulla di cosa fosse la luce. Se non fosse stato per quel vestito e quel sorriso.
“Vediamo..” ripetè per la terza volta, con quella dolce voce stridula e quel sorriso che non accennava a diminuire.
“Saprai mantenere la promessa ?” chiese facendosi seria.
Un uomo le afferrò il polso sinistro con la propria mano destra, le portò la mano sul suo viso ruvido, tempestato da una leggera barba nera.
“Non ti è mai piaciuta, ammettilo…”
“Perché sfuggi sempre ? Non la manterrai, vero ?” disse lei con un filo di voce e senza quel sorriso iniziale.
“Sapevo che non ti piaceva…” e fu lui questa volta a sorridere mentre lei cominciò a singhiozzare…
La strinse a lui e mentre la luna voleva fare altrettanto con entrambi, le sussurrò “Ci rivedremo la prossima notte di luna piena…come sempre”.
Svanirono. Lentamente. Lasciandosi alle spalle la luna come testimone.
Sullo schermo televisivo apparvero come fantasmi i primi titoli di coda.
E lei spense la TV, prendendosi la scena come una diva d’ altri tempi.
“Vediamo…” disse alzandosi dal divano stiracchiandosi, sonnacchiosamente sbadigliando.
“…vediamo se siamo capaci di riposare in qualche modo!” erano le 3.05 di una notte afosa d’estate.
Ma il caldo che faticava ad entrare bussando inutilmente alle finestre non era il motivo delle notti insonni di Lou.
Bevve da una bottiglia d’acqua presa dal frigo e che rimise subito al suo posto.
Ma non sembrò convinta delle sue ultime parole e del suo sbadiglio.
Sembrava insofferente. Strani pensieri la turbavano da settimane e nessuno era stato capace di rispondere alle sue preoccupazioni.
Prese una matita ed un’agenda e si sdraiò aprendola. Scrisse un 13 seguito da un punto interrogativo.
Anche l’altra pagina conteneva una scritta simile.
La gettò sul tavolo lasciando cadere la matita a terra, e le pagine dell’agenda rapidamente sfogliarono nel volo, quasi come una farfalla biancoblu svolazza tra i fiori in un prato, lasciandola aperta al giorno 13 agosto, dove faceva capolino un grande cerchio rosso sulla data ed un grande punto interrogativo sulla pagina…
Gli occhi del corvo nero tornarono a sfidarmi, ma la luna aveva smesso forse di abbracciarlo, nonostante fosse ancora alle sue spalle. E così si levò in volo lasciando quel ramo di quercia spoglio.
Ero rimasto solo io ad osservarla, ma fu il nero, e mi risvegliai un’ altra volta nella fredda e umida notte autunnale torinese.
Avevo ammirato finalmente il suo volto, e quel mantello era soltanto un vecchio ricordo…
di Tomas