Storia sociale dei gatti
Febbraio 4, 2009 in Libri da Redazione
Titolo: | Storia sociale dei gatti |
Autore: | Katharine Rogers |
Casa editrice: | Bollati Boringhieri |
Prezzo: | € 16,00 |
Pagine: | 204 |
Storia sociale dei gatti data l’esordio della relazione tra l’uomo e il gatto a partire dal primo felino addomesticato nell’Egitto del 2000 a. C., dove il gatto godeva di uno status estremamente elevato, e ne ripercorre la storia attraverso i secoli: dal suo utilitario impiego come cacciatore di roditori alla graduale accettazione come incantevole e amabile animale di compagnia, fino al rango di inquilino domestico alla pari col cane. Le prime notizie sui gatti si sono diffuse in Egitto. Da lì l’animale avrebbe raggiunto l’isola britannica nel IV secolo a. C. e il Giappone all’incirca nel VII secolo. Il gatto fu immediatamente apprezzato in Giappone, mentre in Occidente era visto, nella migliore delle ipotesi, come una creatura inoffensiva e necessaria, e nella peggiore era facile bersaglio di intenzioni malevole. Finalmente, nella Francia tardo-settecentesca, una consorteria aristocratica iniziò a sfoggiare con orgoglio il gatto come animale di compagnia. Nel XVIII e XIX secolo esso iniziò a essere apprezzato in tutte le classi sociali, e oggi in Occidente, tra le mura domestiche, il numero dei gatti supera di gran lunga quello dei cani.
Il libro è un percorso storico ma anche un viaggio interessante attraverso le immagini e le illustrazioni dell’epoca. Sfogliandone le pagine si scoprono molte foto, dipinti e illustrazioni che raccontano attraverso colori e sfumature come questa creatura fosse sin dai tempi antichi entrata a far parte dell’immaginario dell’uomo e della sua realtà quotidiana. Un percorso che per questo, diventa anche artistico e culturale oltre che storico e sociale.
Scopriamo anche così che molto tempo prima che i gatti si guadagnassero lo status di animali di compagnia, l’uomo ha riconosciuto in questi felini qualcosa di particolare. La naturalezza con cui si muovono al buio, i passi e gli scatti silenziosi, l’atteggiamento distaccato anche quando abitano le nostre case, il rifiuto di essere deferenti verso l’uomo, sembrano indicare poteri strani e persino sovrannaturali. Da principio queste caratteristiche parvero avere un’eco sinistra, ma col passare del tempo gli amanti dei gatti finirono per esserne affascinati. È nel capitolo “La magia dei gatti: il bene e il male”, che l’autrice analizza in particolare quest’ambivalenza che caratterizzerà per secoli il rapporto tra l’uomo e questo animale, prendendo in esame in particolare le differenze culturali tra un paese e l’altro nel considerare il felino maligno e benigno.
Ma l’autrice non si destreggia bene solo tra storia e arte. Il saggio prosegue con un capitolo che è anche interessante percorso letterario attraverso racconti di autori noti e meno noti che all’animale hanno dedicato pagine della loro arte. Ed è così che assaggiamo un po’ del sapore del racconto di Poe “Il Gatto nero” e della “Casa desolata” di Charles Dickens, in cui il sinistro robivecchi Krook compra una bella gatta grigia, Lady Jane, per la sua pelliccia ma poi ci si affeziona e la risparmia.
Insomma, attraverso “La storia sociale dei gatti” impariamo che i felini hanno ispirato creazioni immaginifiche e sono stati spesso protagonisti di racconti e di poesie, ma anche che possono essere il simbolo di una casa felice o incarnare un buon amico, sia che l’animale faccia compagnia a una vecchia signora come la Signorina Schwartz del “Pozzo della solitudine” di Radclyffe Hall o che conversi amabilmente con un vecchio come in Kafka.
La Rogers ci svela che il particolare fascino del gatto infatti sta nella diversità delle immagini che riesce a proiettare: delicato e feroce, affettuoso e indipendente, elegante e materiale, intimamente domestico e misterioso.
Un percorso affascinante dunque, quello proposto dall’autrice, che non manca di concludere questo interessante viaggio con un accenno alle associazioni che nacquero in Gran Bretagna e in America nei primi decenni del secolo. Talvolta in difesa de felino, talvolta in nome di una nuova speculazione economica a cui neanche l’animale sembra riuscito proprio malgrado a sottrarsi. Lo scopriamo quindi, in epoche più recenti, pettinato ed allevato appositamente per partecipare a concorsi di bellezza e fiere, registrato e mostrato in apposite mostre ed esposizioni, talvolta come simbolo della nobiltà dell’epoca, talvolta come espressione di fierezza della scalata sociale della borghesia emergente.
di Elisabetta Luise