Sulla via di Alessandro a Palazzo Madama
Marzo 27, 2007 in Arte da Redazione
Il grande progetto politico di Alessandro Magno fu quello di unificare sotto un unico regno greco la Siria, la Persia, l’Egitto e l’India. Questo obiettivo lo portò per undici lunghi anni alla conquista di territori meravigliosi e leggendari, in un susseguirsi interminabile di battaglie (alcune memorabili come quella di Gaugamela contro Dario III e di Idaspe contro il sovrano indiano Poro che dispiegò più di duecento elefanti, o ancora l’assedio di Tiro, durato sette mesi e risolto con avveniristiche tecniche di ingegneria militare e navale). Lungo il suo percorso fondò tutta una serie di città e di colonie, grazie alle quali avviò quel processo di ellenizzazione, continuato dai suoi successori e in particolare dai Seleucidi, che portò ad uno scambio proficuo e artisticamente eccezionale fra la Grecia e l’Asia. Il termine “ellenismo”, definito per la prima volta dallo storico berlinese Droysen nel 1877 (Geschichte des Hellenismus), circoscrive proprio sia l’area che il contesto, rivalutando la mescolanza artistica fra greci e orientali nel periodo alessandrino. Precedentemente infatti il sincretismo era stato considerato come decadenza, un “a sé” confuso e poco decifrabile, ma che non teneva conto né della fusione di tradizioni in Egitto, Siria e Persia, né degli straordinari risultati greco-buddhisti nella Bactriana.
La mostra di Palazzo Madama “Sulla via di Alessandro Magno” (presente dal 27 febbraio al 27 maggio) tenta di ripercorrere queste tappe, in una sorta di Itinerarium Alexandri, grazie a 231 reperti archeologici provenienti da fondi nazionali (in particolare torinesi), ma anche esteri come il Louvre, il British Museum di Londra, e il Metropolitan Museum di New York. Tutte le opere sono distribuite in nove sezioni (vedi indice alla fine), coerentemente dislocate all’interno della Sala del Senato. “L’incredibile speditezza con cui Alessandro il Grande percorse e soggiogò il mondo si sarebbe meglio potuta significare che con l’immagine d’un Itinerario? ” si chiedeva nel 1817 Angelo Mai nella sua introduzione all’Itinerarium Alexandri. Tuttavia quella presentata nella mostra non è la storia di una serie di vittorie, ma uno sguardo sulle vicende culturali, artistiche, politiche e economiche dell’Asia dopo le conquiste di Alessandro. In particolare, il centro del discorso è rappresentato dall’incontro della civiltà ellenistica con quella mesopotamica, quella iranica e quella del subcontinente indiano, a cui segue una lettura sull’arte della Babilonia (con puntuale riferimento alla città di Seleucia al Tigri), e sull’arte del Gandhāra.
Nonostante l’estensione geografica delle zone trattate, il filo conduttore è proprio il codice artistico ellenico, che fu in grado di porsi come “lingua franca” fra le varie culture. In un panorama etnico molto complesso, caratterizzato da forti identità culturali, l’ellenismo riuscì ad imporsi grazie anche all’immediatezza della sua estetica naturalistica e l’immenso ventaglio del suo repertorio. Nel corso dei secoli non solo modificò gli stili artistici dei popoli con cui venne a contatto, ma fu a sua volta rielaborato e modificato secondo i vari substrati culturali. Perciò la scelta di fissare Seleucia e Gandhāra, come due estremi di un unico segmento tematico, è assolutamente felice. Seleucia (una città) si trova nell’odierno Iraq non lontana da Baghdad e dall’antica Babilonia, mentre Gandhāra (una regione) è situata fra il Pakistan nord-occidentale e la porzione orientale dell’Afghanistan.
Seleucia è in realtà un nome generico dato ad una serie di città fondate appunto da Seleuco I Nicatore, generale di Alessandro Magno, uno dei diadochi che ereditò parte del suo regno. Particolarmente note sono Seleucia sull’Eufrate, e Seleucia sul Tigri, che è quella della mostra, fondata nel 312 a.C. e costruita in una zona di confluenza fra il Tigri e l’Eufrate, posizione che la fece diventare ben presto un centro commerciale di notevole importanza.
Secondo le fonti antiche (Plinio in particolare) giunse ad avere fino a 600.000 abitanti, una cifra immensa per l’epoca. Durante gli scavi archeologici del 1967 fu rinvenuto un edificio, detto “degli Archivi”, di cui si può ammirare il plastico nella mostra. Questo palazzo era costruito come le biblioteche antiche, disposto secondo un percorso assiale e con ai muri una serie di scaffali e casse che ne conservavano i rotoli e i sigilli relativi in questo caso al commercio. Andò distrutto in un incendio divampato dopo il 129 a.C. ma, forse anche grazie a questo, si sono conservate le 25.255 sigillature d’argilla destinate alla legatura dei documenti. I sigilli insieme ai tetradrammi costituiscono una delle parti più consistenti della mostra.
Il campionario delle opere comunque va ben oltre, ed è possibile vedere sculture di vario genere, matrici, tavolette, rilievi, busti, teste, brocche, anfore, persino specchi. Chiudono la rassegna rappresentazioni del Buddha (uno anche con fattezze apollinee), festoni, parti di capitelli, un piattello per cosmetici e un reliquiario sferico.
“Sulla via di Alessandro” è sicuramente un’esposizione intelligente, importante sotto molti aspetti, che merita davvero una visita. Tuttavia bisogna fare delle considerazioni preliminari. Innanzitutto non è una mostra su Alessandro Magno, nonostante la cartellonistica pubblicitaria (over promise?), e forse non avrebbe potuto nemmeno esserlo, dato che ha l’obiettivo di illustrare dei percorsi artistici che il Macedone non poteva avere il tempo di osservare, neanche fosse vissuto di più. Quindi è una mostra di archeologia pura, che raccoglie pezzi importanti di civiltà antiche che in alcuni casi (come per i Parti) non hanno lasciato né molto né hanno elaborato forme artistiche del tutto proprie, ma che si distinguono per la rielaborazione di codici. Consiglio perciò di non andare completamente a digiuno di letture sul tema, ma di considerare almeno quattro cose: a) da Seleucia a Gandhara l’estensione geografica è immensa; b) in quelle terre sono nate e morte dinastie e imperi molto diversi fra di loro; c) la componente religiosa è molto forte e prende spunto da cosmologie e filosofie molto differenti; d) i reperti presentati sono di eccezionale valore, ma per la maggior parte sono frammenti di opere più ampie, tetradrammi, sigilli, oggetti di uso più o meno comune.
Per gustare la mostra è quindi necessario affinare l’occhio su particolari anche molto piccoli, spesso collegati a simbologie provenienti da contesti diversi e che, a meno di seguire un percorso guidato o aver sfogliato il catalogo, nessuna didascalia vi spiegherà.
Faccio un esempio. Il reperto n.8 presenta un “Calco di sigillatura con ritratto di Seleuco I”. Seleuco fu iniziatore della omonima dinastia, fondatore di Seleucia, generale di Alessandro. È quindi uno degli elementi cardine della mostra. Ora, il sigillo (di 3 cm x 2,5) lo raffigura con diadema e corna taurine, ma la fattura è sicuramente sovrapponibile allo stile della glittica ellenistica. Ammesso che riusciate a notare il diadema e le corna, bisogna aggiungere che (cito il catalogo): “si tratta di un ritratto postumo dove il sovrano è divinizzato o eroicizzato alla maniera mesopotamica: lo storico Appiano attribuisce infatti la presenza delle corna a una lotta eroica compiuta da Seleuco contro un toro, analoga a quelle raffigurate sui sigilli mesopotamici”. Questo sincretismo di forme è eccezionale e non è un evento senza implicazioni. Il sigillo fu realizzato in questo modo da permettere una doppia lettura, utile ad un fruitore sia greco sia orientale. Si facciano i dovuti paragoni con i capi di stato di oggi e le relative simbologie mediorientali e si vedrà subito che l’accostamento è meno ovvio di quello che sembra. La fusione di codici di cui intende parlare la mos
tra si basa anche su particolari di questo tipo, e che non possono essere irrilevanti. Ma senza una lettura preventiva tanti dettagli rischiano di sfuggire.
In conclusione il messaggio di sottofondo della mostra, nonostante il richiamo all’antichità, presenta anche contenuti di aspetto contemporaneo. Senza cadere nella retorica, ma di fronte ad opere che testimoniano che il processo è possibile, diviene chiaro che soltanto con la piena comprensione e il rispetto di culture preesistenti si può costruire un dialogo. Ecco perché la mostra non è una storia delle conquiste di Alessandro, forse poco opportuna in questo momento, ma la riflessione su un’eredità. Laddove non è rimasto il suo esercito, è giunta invece la sua intelligenza, la sua capacità di lasciarsi sorprendere dalle testimonianze di altri popoli. La fusione in questo senso non è mai una netta divisione fra conquistatori e conquistati, ma uno scatto in più nel meccanismo della storia. E allora Seleucia può essere davvero, coerentemente con l’opinione di Vito Messina espressa nel catalogo (pag. 115), “un faro al centro di un mondo dagli orizzonti sconfinati, che dopo le conquiste di Alessandro, aveva cominciato a “parlare greco” ma poteva sentire, elaborare ed esprimere sentimenti diversissimi”.
SULLA VIA DI ALESSANDRO – DA SELEUCIA A GANDHĀRA
Palazzo Madama – Piazza Castello – 10122 Torino
Fino al 27 mmaggio 2007
Orari: da martedì a venerdì e domenica 10-18, sabato 10-20,
lunedì chiuso.
Distribuzione delle aree della mostra:
Biglietti:
Biglietto valido tutto il giorno per le collezioni permanenti e per le mostre
Intero 7,50 €
Ridotto 6 €
Informazioni: 011.44.33.501
Catalogo mostra: a cura di Antonio Invernizzi, Silvana Editoriale, 280 pagine, 35 € (in sconto promozione per la mostra a 29 €)
di Davide Greco