Tavagnasco Rock 2002
Aprile 29, 2002 in Spettacoli da Redazione
Venticique aprile. Tavagnasco Rock 2002. Luci gialle e sul palco con le tipiche tuniche blu, schierati a raggiera, i componenti del Quincy Blue Choir diretti da una scatenata Paola Mei. E’ un coro gospel, la musica nera nata nelle chiese, quelle che non hanno nulla a che vedere con la tristezza dei nostri alleluia alleluia. Infatti fin da subito l’energia di queste voci accompagnate dal tempo tenuto coi battiti di mani e dal dondolio dei corpi scalda il pubblico e lo trasporta nel cuore di New Orleans con divagazioni blues e un omaggio a Elton John. Dopo aver dato spazio all’esibizione solista di qualche suo bravissimo allievo è toccato a lei portare a termine questo spezzone di Sister Act con un’interpretazione coinvolgente, voce sublime, bella ragazza, presenza scenica e ottimo feeling con il pubblico.
Pausa, giusta per inghiottire un’ottima crèpe e poi sul palco salgono i Labyrinth che con acuto gridolino molto metal annunciano di essere ben lontani dai cori gospel. In prima fila si fa sentire lo zoccolo duro dei fan e i Labyrinth cominciano subito a picchiare duro, due chitarre, un basso, batteria e tastiera. La voce di Tiranti, Rob Tyrant per la scena, è potente, capace di estensioni vocali notevoli in tipico stile heavy metal anni ‘80, qualche canzone rimane subito impressa e hanno un vasto repertorio molto classico, privo di quelle contaminazioni che vanno tanto di moda tra le nuove leve del rock cattivo. Dopo un’ora di volteggi di capelli lunghi come da tradizione e distorsori a manetta i Labyrinth hanno chiuso incontrando i fan allo stand del merchandising.
Da Roma, o meglio dai concerti di strada che li hanno fatti incontrare, arrivano le Nuove Tribù Zulu. Buio in sala, spunta un vecchio grammofono e con un sottofondo molto new age le Tribù aprono il concerto con un discorso e un crescendo ritmato cassa-sax-chitarra che funge subito da richiamo per il pubblico che accorre.
Qualcuno balla, tutti muovono la testa o il piedino, impossibile star fermi. Testi in italiano, fiati, fisarmonica, contrabbasso, ambiente da Negresses Vertes, raro in Italia, bravissimi. Le Nuove Tribù Zulu passano con disinvoltura dallo ska, al jazz al rhythm and blues fino a “o’ scarrafone”. Incantano e travolgono il pubblico entusiasta, con la loro musica avvolgente e con la padronanza del palco tipica di chi è abituato a dover richiamare l’attenzione e in effetti il carismatico Andrea Camerini voce e leader delle Tribù conquista la platea, la ipnotizza. Ma lo spettacolo è garantito anche dal contrabbassista, suo fratello, protagonista di un memorabile duetto con il batterista; due musicisti, uno strumento, il contrabbasso, pizzicato e usato come una percussione per uno show da veri animali da palco. Se ne vanno tra l’ovazione della folla, un grande gruppo, un grande concerto, un gran cd da comprare anche in virtù del piccolissimo prezzo, otto euro.
Dopo un’esibizione così non è facile annunciare il prossimo gruppo ma a Tavagnasco Rock le serate sono pensate bene ed ecco che dopo aver sistemato tutti i microfoni viene presentato un amico, o come direbbe lui “uno della famiglia…” Roy Paci, trombettista siciliano dalle mille esperienze musicali, dai Mau Mau alla Big Bands di Stato in Argentina fino a Manu Chao in tournée, che ritorna a Tavagnasco accompagnato dal suo gruppo, gli Aretuska. Partono subito veloci, ska a mille e un divertente discorso sull’immigrazione siciliana in America che ha portato musica nei campi di cotone. Feeling assoluto con il pubblico in adorazione di fronte a questo magico trombettista accompagnato da musicisti eccellenti, un trombone a coulisse, un sax, una tromba, un contrabbasso, una chitarra, una batteria; un sacco di gente, tutti rigorosamente in gessato e occhiali scuri in linea con il titolo dell’album Baciamo le mani.
Omaggi a Buscaglione con “Teresa” e a Tenco con “Se stasera sono qui” cantato dallo stesso Roy che, nonostante si scusi coi cantanti veri, dimostra di non essere un bluff nemmeno quando stacca le labbra dalla tromba. Tanta, tantissima musica con chicche quali la mitica sigla della Domenica sportiva, Sciuri sciuri e un inno al mercato globale con il trombone di Rosario Patania chiamato ad imitare u ferry boat, l’elefante e il canarino con un piccolo flauto tenuto nel taschino. Non un attimo di tregua, gustose scenette sul palco e un Roy Paci in forma smagliante che ha fatto ballare tutti per quasi due ore. Uscita di scena uno ad uno, ritorno per acclamazione e garofani buttati al pubblico. Generosi ed instancabili, alle due del mattino passate la festa non era ancora finita, grandissima dimostrazione di affetto all’insaziabile pubblico di Tavagnasco Rock.
di Jean Gasperi