Torino 2006 ultimo giorno
Febbraio 27, 2006 in Attualità da Cinzia Modena
Si chiude il sipario sulle Olipiadi Invernali. Si spengono le luci sulla città. C’è spazio per nuovi impulsi e una rinnovata creatività?
Sono le 18.37 di domenica 26 febbraio 2006. Torino – Olimpiadi invernali.
Ha vinto la Svezia contro la Finlandia l’ultima gara della manifestazione sportiva: l’Hockey su ghiaccio. Bronzo aggiudicato dalla Repubblica Ceca.
Le strade della città che ha ospitato i giochi sono gremite di persone. Tanti passi fatti a piedi da torinesi, piemontesi, turisti, giornalisti, sportivi, addetti ai lavori. L’ultima settimana è stata condizionata da un tempo atmosferico “instabile”: neve, nebbia, vento, pioggia. Oggi, domenica, si finisce in bellezza con un sole caldo che illumina i palazzi, le foglie luminose che guarniscono gli alberi spogli, le bandiere e l’arredo rosso olimpico che addobbano tutta la città in segno di festa.
Sembra la giornata ideale per chiudere all’ultimo minuto la valigia, per scendere in strada e fare le ultime foto e gli ultimi acquisti, mangiare l’ultimo gelato con i nuovi amici di altre nazioni, raccogliere le ultime sensazioni da portare a casa ovunque questa sia.
Lo “shopping village” è gremito di persone per le compere “last minute”, a casa Russia c’è una lunga coda di persone curiose di salire al mitico sesto piano – “the floor of the dreams”, casa Olanda è presa d’assalto per l’ultima birra goduta comodamente negli ampi spazi arancioni. La gente ha inondato le strade. I mezzi pubblici erano utilizzati come mai, e ciò ha coinvolto tutte le linee che portavano al centro od ai punti d’interesse olimpico. Le strade principali e secondarie vivevano di persone di tutte le età e nazioni, colorate e non. Ho visto un giapponese tornare al proprio albergo in via Sacchi con in mano tre ampie borse “Platti”, una delle migliore pasticcerie torinesi. I passi si susseguono ancora a ritmo veloce o calmo, a seconda di quanto si vuol fare prima del tramonto del sole. Giunti alla Gran Madre, il ponte che collega la città alla collina ricorda una cartolina retrò in bianco nero un po’ ingiallita: tram e persone si confondono in una istantanea “multicolor”.
Ore 19.10, il sole è quasi tramontato. E’ il momento dei primi bilanci in attesa della festa finale allo stadio Comunale con la cerimonia di chiusura. La televisione proietta immagini dei nostri atleti. Un lungo fermo immagine sui due pattinatori Barbara Fusar-Poli e Maurizio Margaglio. Un esempio di quanto sia duro allenarsi per conseguire un obiettivo e di come lo si possa “bruciare” in pochi secondi. Un allenamento duro, un altrettanto duro scontro con una realtà che non perdona. Cercare colpe? Ad ogni atleta la scelta di quale strada seguire.
E’ un momento di bilanci anche per questa città. I suoi abitanti già ieri, camminando – là dove si riusciva perché neanche Milano, per capodanno, vede le sue strade tanto pullulanti di persone – si guardavano e pragmatici asserivano “da lunedì si cambia musica e tutto ciò non ci sarà più”. Non ci sarà più quella grande sensazione di sicurezza nella mobilità, né l’operatore che pulisce le strade notte e giorno con tanta solerzia, non si vedranno i mezzi pubblici presi d’assalto in orari diversi dall’entrata ed uscita dal lavoro, non ci saranno più i concerti all’aperto se non d’estate, nè le tante iniziative di locali in più zone di Torino organizzate a circuito, neppure i negozi aperti la sera e nei giorni festivi (ricordiamo che le domeniche ecologiche spesso vedono le serrande degli esercenti chiuse, nonostante tanta adesione al “scoprire e vivere le vie della tua città”).
Mantenere tutto ciò è impossibile per un motivo principe: costa. Torino ha tuttavia scoperto che non è impossibile e si può fare. La città intera ha scoperto un’anima che era da qualche parte, latente, ed aspettava solo di esser scossa e di “trovare pane per i propri denti”. Se così non fosse, le serate non avrebbero ricevuto tanti consensi sia al Medal Plaza dove era la struttura dei concerti, sia in piazza San Carlo dove si potevano vedere le gare, le premiazioni e gli show musicali su maxi schermo. Un movimento che ha mobilitato un gran numero di persone per tutte le sere, tante quante è durata la manifestazione dei giochi olimpici invernali.
Per due settimane l’Italia ha sognato con i nostri campioni che hanno dato il massimo: tutti quanti al di là dei risultati. Per due settimane questa città ha sognato ed ha ancora una grande voglia di sognare. Per chi cercasse altrove nuovi eventi importanti, non si deve dimenticare che a marzo ci saranno le paraolimpiadi, a marzo ci sarà CioccolaTO, la rassegna annuale sul cioccolato; da aprile Torino sarà capitale del libro a livello mondiale (“Rome with Turin” cita il materiale informativo) per dodici mesi, ci saranno anche le olimpiadi degli scacchi.
Non rimane che dire, con un po’ di tristezza nel cuore, ciao Olimpiadi 2006, e arrivederci Torino. Diamoci appuntamento alla prossima rassegna culturale o sportiva. Diamoci appuntamento qui, in questa città del gianduiotto, della Juventus e del Toro, dello Juvarra e del Guarini, del Jazz e del Rock. Scopriamoci e riscopriamoci magari già con le paraolimpiadi, per rimanere in tema sportivo. Non dimentichiamoci e cavalchiamo l’onda di questa scoperta, di questo calore ed entusiasmo cha ha coinvolto tutti, anche chi era distante da questi giochi olimpici per poca passione sportiva. Che questa esperienza sia un incoraggiamento per nuovo impulso e per rinnovata creatività e slancio comunicativo di una città che c’è e “pulsa”.
Ore 23,30. La cerimonia di chiusura dei giochi è terminata. Lento il defluire del traffico in zona stadio, quasi a voler staccarsi lentamente da questo sogno in cui siamo stati immersi per due settimane; lento anche il movimento delle masse da piazza San Carlo verso le proprie abitazioni o altre mete, un’inerzia propria di chi vuol cogliere le ultime stelle cadenti in cielo. Domani riprende il solito ritmo. Siamo veramente sicuri che sarà lo stesso incedere di giorni ed appuntamenti serali quali quelli che animavano la città fino a dicembre?
Arrivederci Torino 2006. Alla nuova Torino che vivrà da domani in poi. Viverla per crederci.
di Cinzia Modena