Trionfo a Venezia 74 per “The Shape of Water” del messicano Guillermo Del Toro
Settembre 21, 2017 in Cinema, Net Journal, Primo Piano da Pierluigi Capra
Il film che vince quest’anno il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia è The Shape of Water (La forma dell’acqua) del regista messicano Gulliermo del Toro.
Lo stile e la poetica di questo regista si ispirano spesso alla favola, all’horror accentuando il lato lirico e visionario. Del Toro non ha mai nascosto la sua passione per i mostri, che considera simbolo di potere. Sfrutta le suggestioni per gli insetti, l’immaginario religioso. Lo affascinano il sottosuolo e spesso sostiene che “i mostri siamo noi non loro”.
Si nota, nei film di Del Toro, un largo uso di effetti speciali generati al computer, come ad esempio in Pacific Rim, tuttavia il regista messicano preferisce spesso utilizzare una commistione fra il trucco e i vari tipi di effetti speciali meccanici, visivi e digitali. Ha inoltre spesso dimostrato una certa predilezione per scene horror che facciano un uso del sangue al limite dell’angoscia e del terrore, basti pensare ad alcune delle scene de Il labirinto del fauno. Per costruire il mostro del film The Sharpe of Water del Toro ha rinunciato a parte del suo compenso, in modo da tenere il budget al di sotto dei 20 milioni di dollari e si è pagato da solo la lunghissima preparazione. Ha utilizzato il lavoro di vari artisti che con carta e argilla hanno creato l’Uomo-branchia in un arco di sei anni di lavoro e si è ispirato al film di Jack Arnold Il mostro della laguna nera del 1954, che a sua volta aveva dato spunto ad altri film dello stesso tipo: La vendetta del mostrodel 1955 sempre dello stesso regista e Il terrore sul mondo del 1956 diretto da John Sherwood.
In questo film The Shape of Water Elisa, un’addetta alle pulizie affetta da mutismo, e la sua collega, che lavorano in un segreto laboratorio governativo di massima sicurezza, finiranno per scoprire una creatura anfibia, catturata in Sud America e tenuta assolutamente nascosta alle spie russe.
A causa del suo mutismo Elisa (interpretata da Sally Hawkins) si sente intrappolata in un mondo di silenzio e solitudine, specchiandosi negli sguardi degli altri si vede come un essere imperfetto e carente, così vive la routine quotidiana senza grosse aspirazioni e prospettive. Per cui quando, insieme alla collega Zelda (nel film l’attrice Octavia Spencer), si imbatte con questa creatura squamosa dall’aspetto umanoide, tenuta in una vasca sigillata piena d’acqua si avvicina sempre di più al “mostro”, costruendo con lui un rapporto di amicizia, una tenera e delicata complicità che farà seriamente preoccupare i funzionari suoi superiori. Elisa diventa, agli occhi degli spettatori cinematografici, una vera e propria eroina senza voce.
Anche in questa nuova opera, che ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia, Guillermo Del Toro racconta una fiaba gotica ricca di suggestioni fantasy, ma anche un thriller, una storia d’amore con scene di sesso e ovviamente una narrazione politica. Il film è ambientato nel periodo della Guerra Fredda tra America e Russia (siamo nel 1962) e incentrato sul mostro vera a propria “metafora vivente al centro di incredibili mitologie” afferma Del Toro e lascia intendere che l’umanoide imprigionato e torturato richiama alla politica americana di oggi contro gli immigrati clandestini. “Io stesso, afferma il regista, appena apro bocca alla frontiera ritorno il nemico messicano”.
Le riprese del film sono iniziate a metà agosto del 2016 a Toronto e sono terminate il 6 novembre dello stesso anno.
La colonna sonora è stata composta dal famoso musicista francese Alexandre Desplatper otto volte candidato al premio Oscar.
Il film colpisce al cuore il pubblico e la ricompensa per Del Toro è stata immediata con la vincita del più prestigioso dei premi alla Mostra veneziana.“Il cinismo domina, ha detto il regista, e se parliamo d’amore rischiamo di essere presi in giro e invece l’amore è un antidoto fondamentale è rivoluzionario, può assumere le forme più diverse”.
Sicuramente in questa storia d’amore tra l’uomo-pesce e la donna delle pulizie tutto si basa sugli sguardi, le parole proprio non esistono. Sono mondi fantastici magari un po’ troppo impostati e artificiali, ma la sua narrazione è veramente magica. Forse si può dire che The Shape of Water è il suo miglior film. Specialmente per tutti quei colori saturi, per la maestria dei movimenti di macchina, per i richiami realistici nella ricostruzione della città di Baltimora nel 1962 con case scalcinate, vecchi cinema decadenti e strutture scientifico-militari che per certo aspetti richiamano alla mente Il favoloso mondo di Amélie.
Ma con un lavoro assai meno convenzionale e molto più coerente di quello di Jeunet, e soprattutto con meno banalità gratuite. Gli spazi sono tutti riempiti di sostanza, colori, colpi di scena a supporto di una storia che è favola sì, ma tutt’altro che melensa e prevedibile.
La pellicola del film verrà distribuita nelle sale cinematografiche americane l’8 dicembre 2017.